Questo anniversario della morte di Falcone non è come gli altri. Dimostra che la ricerca sulla nostra coscienza comune non è finita e che i colpevoli dei depistaggi e delle incertezze nella lotta alla mafia prima o poi saranno individuati.

Questo anniversario della morte di Falcone non è come gli altri. Dimostra che la ricerca sulla nostra coscienza comune non è finita e che i colpevoli dei depistaggi e delle incertezze nella lotta alla mafia prima o poi saranno individuati.
I principali (e pretesamente più autorevoli) critici del processo alla Trattativa che abbiamo ascoltato in Commissione d’inchiesta sulle mafie avevano argomenti di modestissima consistenza.
Questa storia ha inizio in un pomeriggio del luglio del 1992, tra le lamiere deformate dal tritolo e il fumo sprigionato dal cratere di Via D’Amelio, che ha accolto i resti di Paolo Borsellino e degli uomini della sua scorta.
Quando in Sicilia le foto diventano simboli di comunicazione sono anche altrettanti racconti di un territorio da conquistare alla legalità, di uno spazio che minaccia oppure abbraccia.
Questa è la toria di Paolo Borsellino: un eroe solo, che ha scelto di stare dalla parte dello stato, sapendo di non avere lo stato dalla sua parte