D’Alema: la sinistra ha perso il popolo perché non pensa più al lavoro

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Massimo D’Alema, Il Fatto quotidiano

Sono rimasto colpito e dispiaciuto per l’assenza di reazioni nel campo politico cui si rivolge il mio preoccupato appello, salvo qualche sgraziata sortita priva di rispetto e di intelligenza a dimostrazione che il centrosinistra è, malgrado gli apprezzabili sforzi di Nicola Zingaretti, ancora infestato dai residui di un ceto politico che sembra non aver imparato nulla dalla lezione di questi anni, neppure sul piano dello stile. Vorrei però tornare su un punto sollevato per inciso da Silvia Truzzi, si tratta del riferimento alla volontà di “sospendere l’articolo 18” che sarebbe stata manifestata dal mio governo. Non ho alcun intento polemico, tantomeno di natura personale, anche perché la collega si è limitata a riprendere una ricostruzione leggendaria che ha avuto corso e continua ad averne. Ma questa ricostruzione non è vera.

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D’Attorre: il richiamo all’identità non può bastare a salvare la sinistra

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Alfredo D’Attorre, Strisciarossa.it

Le urne hanno fatto emergere – per l’ennesima volta, verrebbe da dire – un’Italia reale molto distante da quella rappresentata sui media o su twitter. Il passo da compere per costruire l’alternativa non è quello di diventare genericamente “più di sinistra”, accentuando magari tic linguistici, errori del passato e perfino una distanza epidermica con gli elettori che avevano scelto il M5S. Si tratta invece di trasmettere al nostro ex popolo il messaggio di aver capito, senza continuare a dare l’idea che sia il popolo a doversi redimere per capire il discorso alto e nobile della sinistra. Il punto non è perciò se il nuovo centro-sinistra debba spostarsi in astratto più al centro o a sinistra. Se il centro è moderatismo, lì non c’è più nessuno. Se il centro è buon senso, concretezza e capacità di guardare in faccia la realtà, nell’attuale epoca storica questo buon senso può essere qualcosa di molto radicale, ben più di una certa sinistra parolaia e autocompiaciuta.

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Scotto: quando le nomine del Csm diventano calciomercato

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Arturo Scotto, Huffington Post

Se un parlamentare dismette i suoi panni istituzionali e si mette a brigare sulle nomine del Csm, significa che qualcosa nel gioco democratico non va. È tecnicamente una lesione della divisione liberale dei poteri dello stato. E dunque una deformazione della democrazia repubblicana. La cosa singolare è che a farlo sono quelli che da anni impartiscono lezioni di liberalismo alla sinistra di cui pure dicono di fare parte. E che hanno urlato alla deriva autoritaria, ma sempre quando questa riguarda gli altri.

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Speranza: abbattere la diga tra centrosinistra e Cinquestelle

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Roberto Speranza, Strisciarossa,it

Per voltare pagina serve una svolta vera a partire dalle questioni economiche e sociali. Dobbiamo parlare prima di tutto a chi negli ultimi anni ci ha votato le spalle. Ad oggi non ci siamo riusciti. Analizzando le ragioni politiche dello sfondamento della destra, invece, non possiamo non evidenziare la scelta scellerata di aver favorito la saldatura tra Lega e 5 stelle dopo il 4 marzo. La strategia del dopo 4 marzo ha alzato una diga invalicabile nel rapporto tra 5 stelle e Centrosinistra. Descriverli, come ha fatto troppo spesso l’opposizione, come degli incapaci, cialtroni e incompetenti non è il modo migliore per parlare ad un elettorato mobile ed in buona parte deluso dalle politiche fatte dal governo. Quell’elettorato aveva riposto le proprie speranze nei 5 stelle perché li aveva percepiti come capaci di interpretare i loro bisogni e rispondere alle loro domande. Ora il tema che abbiamo davanti è: siamo in grado di capire quelle domande e, senza dare giudizi sprezzanti, offrire risposte all’altezza?

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Speranza: caro Pd, apriamo il dialogo con M5S per costruire l’alternativa

| Politica e Primo piano
Wanda Marra, Il Fatto quotidiano

Questo governo è ormai al capolinea, non è più in grado di rispondere alle esigenze di questo Paese. E non ha mai un disegno strategico condiviso. Stanno esplodendo le distanze tra Lega e Cinque Stelle. Sulle date e sugli esiti della crisi, solo il Presidente può decidere. Faccio una valutazione politica: è stato un errore grave da parte del Pd aver consentito questa saldatura. Ora bisogna lavorare per romperla. Rivendico la scelta di non aver ulteriormente frammentato il campo progressista, aderendo alla lista unitaria lanciata di Zingaretti e legata alla famiglie del Pse, che è quella di Pedro Sanchez e Jeremy Corbyn. Noi rivendichiamo la nostra autonomia di Articolo Uno, ma vogliamo continuare a coltivare il processo costituente di un nuovo centrosinistra.

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Bersani: continuare a litigare è come succhiare un paracarro

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Vittorio Zincone, Sette – Corriere della Sera

Io sono politicamente un po’ presbite: inciampo sul passo breve. Ma sul medio lungo ci vedo bene: è il momento di costruire una sinistra larga e plurale. Serve tirare una riga sugli ultimi anni. Lo dico in bersanese: con questa destra che avanza, continuare a litigare su chi deve chiedere scusa a chi, ha lo stesso gusto che succhiare un paracarro. Condizione due: dove mettiamo la barra? Andiamo verso la linea del socialista spagnolo Pedro Sànchez o verso quella del forzista Gianfranco Miccichè? La terza condizione è metterci d’accordo su quale sia il problema principale oggi in Italia. Per me è la destra regressiva.

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D’Alema: il Pd non sa come si parla agli operai, si faccia aiutare da Landini

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Stefano Cappellini, la Repubblica

Le elezioni le ha vinte la destra, su questo non c’è dubbio. Ma il centrosinistra ha fermato una emorragia e si è reinsediato nel suo mondo. Il Pd si è presentato con un volto nuovo, positivo, non arrogante e non antisindacale. Però quell’elettorato che si era allontanato aveva bisogno di un elemento più forte di discontinuità che non c’è stato. Per ragioni anche comprensibili, il poco tempo a disposizione. L’immagine del Pd resta da ricostruire, insieme a una coalizione di centrosinistra completamente nuova. Io anziché aprire il dibattito sul centro mi piglierei uno dei pochi capi operai della sinistra, Maurizio Landini, e gli farei fare un seminario di una settimana per spiegare come si parla agli operai, il 50 per cento dei quali ha votato Lega. Perché il Pd, al momento, non è in grado di farlo.

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Scotto: fiducia alla lista unitaria, la Ricostruzione ha senso se è plurale

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Arturo Scotto, Huffington Post

La scelta di Articolo Uno non è ispirata al criterio del voto utile. Il nostro è stato un atto unilaterale, senza paletti né condizioni. Non è frutto di trattative millimetriche né è propedeutico a confluenze nel Pd. Il nostro progetto continua: la sua identità si chiama sinistra popolare e di governo. Quello che manca come il pane adesso in Italia, a differenza della Spagna, della Grecia, della Gran Bretagna. Qui sta il senso della nostra scommessa, quella più difficile: puntare alla ricostruzione di un campo di forze, di ispirazione socialista, in grado di rappresentare un primo tassello dell’alternativa alla destra. Il Pd è troppo grande per non farci i conti, ma è troppo piccolo per rappresentare da solo l’alternativa. Aggiungere un altro frammento alla frantumazione della sinistra avrebbe aumentato forse il nostro tasso di autostima, ma non avrebbe contribuito a riaprire la partita. E noi vogliamo riaprire la partita.

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Bersani: se cade il governo niente elezioni subito. Col M5S dobbiamo parlare

| Politica e Primo piano
Andrea Carugati, La Stampa

A sinistra bisogna mettersi d’accordo: l’avversario è questa destra, e per creare l’alternativa bisogna discutere anche con il M5S. Per me serve un nuovo soggetto di sinistra che superi le attuali sigle, compreso il Pd. Ma mi accontento anche di una coalizione. Elezioni immediate rischiano di ingessare ancora di più la situazione, prima di votare serve un chiarimento nei 5 stelle, si deve mettere in moto almeno un’ipotesi di alternativa. E comunque dobbiamo far scattare una riflessione tra i loro elettori. Perché in moltissimi ballottaggi, a partire dall’Emilia Romagna, la sfida sarà tra noi e la destra. E quei voti sono indispensabili per vincere.

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