Imitare la destra, sempre, in ogni circostanza, a partire dalla conquista del consenso. È questo il grande mito della sinistra contemporanea. Una riflessione su politica e comunicazione, o meglio sull’autonomia della politica

Imitare la destra, sempre, in ogni circostanza, a partire dalla conquista del consenso. È questo il grande mito della sinistra contemporanea. Una riflessione su politica e comunicazione, o meglio sull’autonomia della politica
Se non si rimetterà in piedi un soggetto-partito nuovo e si ripiegherà ancora sul loft, sulla lista occasionale, sul micro-partito identitario, sul Capo, sulla tecnica, sui media, allora il destino sarà compiuto e dovremmo farcene tutti una ragione. Se non lo fa la sinistra, chi altri dovrebbe farlo?
Non serve autoconvocarsi, né servono aggregazioni orizzontali, assemblearismo o viceversa un’identità esibita accanitamente.
Senza raggiungere una dimensione di massa non si ha l’autorità, non si raggiunge la ‘massa critica’ né si ha la forza per rivoltare il bandolo della matassa
Davvero “il populismo, come il riformismo, non è un’ideologia”, ma “un contenitore di ideologie”? Un ‘metodo’ e basta? E quindi una ‘tecnica’ tra le altre?
Il ‘popolo’ non è in natura, è frutto di un lavoro di direzione politica che oggi manca, surrogato da un (presunto) ‘ascolto’ cui la politica è subordinata
Il ‘popolo’ a cui ci si appella è un’etichetta, una categoria, un’astrazione. Una scorciatoia mediatica, per non analizzare a fondo i fenomeni
Il Pd si riunisce a Tor Bella Monaca (perché in una libreria e non nel circolo?). Ma le periferie non si recuperano col populismo neorealista
Le regole della comunicazione-politica impongono di intraprendere la lotta egemonica sui media, nelle istituzioni e sui social, novelle casematte gramsciane