Visco: una doppia Europa per superare i limiti di quella attuale

Politica e Primo piano

Pubblicato da Domani

di Vincenzo Visco

La guerra in Ucraina avrà con ogni probabilità effetti rilevanti sugli equilibri dell’Europa. È evidente che gli equilibri politici si stanno spostando verso i paesi del nord est, verso i confini con la Russia. La Svezia e la Finlandia entreranno formalmente nella Nato. Le occasioni di scontro e di conflitto nella zona del Baltico aumenteranno, dato il disgelo dell’Artico, l’apertura di nuove rotte commerciali e la possibilità di utilizzare nuovi territori che appaiono economicamente strategici.

Aumenteranno quindi il ruolo della Nato e l’influenza degli Stati Uniti in Europa. Il fatto che i più importanti paesi europei dell’ex blocco sovietico rappresentano democrazie incompiute con evidenti tendenze autoritarie e deroghe allo stato di diritto, è improvvisamente diventato secondario, mentre per ribadire e rafforzare l’identità europea nei confronti della Russia sarebbe indispensabile che le sanzioni contro la Polonia e l’Ungheria venissero mantenute, attuate e rafforzate. Gli interessi degli Stati Uniti e il loro sostegno si rivolgono sempre di più verso la Polonia e gli altri paesi dell’ex blocco sovietico.

Gli interessi di lungo periodo dell’Europa e degli Usa non sono coincidenti, e nonostante la compattezza formale, gli interessi e le visioni dei paesi europei dell’ovest e del sud sono diversi da quelli del nord est. Questi ultimi vogliono confini forti, controllati da eserciti aggressivi in funzione anti russa, in un contesto di nazionalismo esasperato.

I paesi che hanno dato vita all’Unione europea, invece, avrebbero bisogno di pace, liberi commerci, e sicurezza basata non sulle armi, ma sulla coesistenza e il disarmo, su aspirazioni e cultura comuni. La leadership franco-tedesca rischia di indebolirsi.

Il possibile ingresso dell’Ucraina, un paese di 40 milioni di abitanti, non certo compiutamente democratico, e l’ulteriore allargamento che alcuni suggeriscono, può destabilizzare l’assetto attuale. Ricordiamo che l’affrettato ingresso dei paesi che poi hanno dato vita al gruppo di Visegrád su pressione anglo americana, in una visione di “compensazione”, ha prodotto non pochi problemi all’Unione, creando inoltre l’opportunità per le imprese tedesche di sostituire i fornitori tradizionali italiani con imprese operanti in Polonia, Cecoslovacchia ecc., con costi del lavoro molto più bassi.

L’Europa quindi dovrebbe darsi al più presto una strategia idonea ad affrontare la nuova fase. Altrimenti rischia di compromettere la sua autonomia. L’assetto attuale dell’Europa, infatti, non è adeguato ai nuovi tempi che si prospettano.

L’Europa attuale non funziona, e la guerra lo ha dimostrato ancora una volta. La mancanza di una difesa comune ha reso manifesta l’irrilevanza strategica dell’Unione, totalmente dipendente dagli Stati Uniti per la sua difesa. Sul piano economico è evidente la difficoltà di affrontare la situazione e di intervenire tempestivamente. Se la Bce ha confermato che rinnoverà l’acquisto dei titoli alla scadenza e che metterà in campo interventi idonei a evitare l’allargamento degli spread, l’Europa non è in grado di proporre una politica economica ed energetica comune.

In questa situazione sarebbe opportuno fare leva sulla zona dell’euro, introducendo da subito elementi di cooperazione rafforzata sia nella difesa comune sia in campo economico. La stessa esistenza della Bce e della moneta comune rende questa strada quasi obbligata: i paesi dell’Eurozona hanno infatti problemi e interessi propri, non sempre coincidenti con quelli degli altri paesi e di quelli che aspirano all’ingresso nell’Unione.

Bisognerebbe quindi porsi esplicitamente l’obiettivo di creare due Europa, con regole e obiettivi che possono anche essere diversi nel breve periodo, anche se convergenti nel lungo. Anche il parlamento europeo dovrebbe funzionare in duplice modalità e composizione. In caso contrario una crisi del progetto europeo, della sua tradizione democratica, dei suoi valori, del suo sistema di welfare, rischia di diventare inevitabile.