Visco: basta bonus, servono investimenti non scontri giovani-anziani

Economia e Primo piano

Intervista a la Repubblica

di Valentina Conte

Professore, ci risiamo. Torna lo scontro giovani-anziani. Anacronismo o furbizia?

«Sotto elezioni succede di tutto», risponde l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco, ora in Mdp. «Ma sono abbastanza preoccupato per la prossima legge di Bilancio. Tutte queste risorse non ci sono. Cominciare a fare un ping pong e a dividersi su a chi dare e a chi no è abbastanza deprimente».

Quali sono le priorità?

«Intanto dobbiamo cambiare strategia di politica economica. E abbandonare quanto fatto negli ultimi 3-4 anni, con i bonus di varia natura e il taglio di tasse mirato. Se avessimo usato i soldi dei bonus per gli investimenti, avremmo avuto una crescita doppia e ridotto debito e deficit. Discuterei di questo».

Eppure il dibattito giovani-anziani sta per entrare nel vivo.

«È mal posto. E non mi sorprende che venga da un partito che ha portato nell’attuale dirigenza il tema della rottamazione: un violento take over di giovani quarantenni contro anziani. Quando il problema è il Paese che cresce poco, almeno mezzo punto meno degli altri. Se ci sono dei soldi, pensiamo alla povertà estrema che riguarda bambini, giovani e adulti. Una vera emergenza. La norma è stata fatta, ma è sottofinanziata. Per il resto, bisogna rimettere in moto l’economia, creare occupazione. Invece assisto a una deprimente rincorsa sui bonus tra governo e Confindustria».

Le imprese sono parte in causa?

«In questi anni hanno fatto molti profitti. Sarebbe bene che investissero. Se c’è la ripresa, possono investire anche senza bonus».

Cosa c’è di sbagliato nel ridurre il costo del lavoro?

«Nulla. Ma lo si deve fare per tutti e strutturale».

Costa molto…

«Negli ultimi 10-20 anni abbiamo assistito a uno spostamento dal reddito al profitto di oltre dieci punti di Pil. E non solo in Italia. Una parte di popolazione ha meno reddito, un’altra di più. Per mantenere il welfare attuale, è chiaro che dobbiamo spostare il prelievo. Altro non c’è, se non vogliamo passare a un sistema dove ognuno si paga il suo, dalle pensioni alla sanità. A quel punto però prepariamoci a problemi sociali, ulteriore impoverimento, l’esplosione delle disuguaglianze, peraltro già in atto».

Perché nel Pd non se ne parla?

«Il dibattito è azzerato. Non a caso c’è stata una scissione. O vogliamo credere che fosse perché Renzi non è simpatico? D’altro canto non mi aspetto che questi temi siano affrontati nell’ultima finanziaria di legislatura, peraltro da un governo così debole. Ma almeno evitiamo il mercato delle vacche finale».

È il sentiero stretto, invocato da Padoan.

«Mai stato largo. Governo e ministro hanno usato in modo inadeguato le risorse. Hanno creduto fosse un problema di offerta, di flessibilità del lavoro. E hanno sbagliato. Abbassare le tasse, lo slogan di Thatcher e Reagan, è diventato lo slogan del Pd. Ridicolo. Quando invece bisognava puntare tutto sugli investimenti. Lo diceva Keynes, certo, ma anche Fmi e Ocse. Vecchi anche loro?».