Speranza: terrificante la curva dei contagi, 48 ore per una stretta

Politica e Primo piano

Colloquio con Il Corriere della Sera

di Monica Guerzoni

Roberto Speranza non si dà pace, guarda la curva del virus, i 297 morti in 24 ore, i quasi 32 mila nuovi positivi e spiega al telefono che «la situazione dell’Italia è ancora difficilissima». Perché se è vero che stiamo meglio di altri Paesi europei e che la settimana che si è chiusa è stata la prima senza che il virus abbia raddoppiato i suoi allarmanti numeri, è anche vero che «negli ospedali c’è troppo affollamento». Un problema che riguarda i malati di Covid-19, ma anche tantissimi cittadini che soffrono di altre patologie.

Il ministro della Salute non vuole rischiare che le strutture vadano al collasso. Per questo sono giorni che spinge, nel chiuso dei vertici di governo, per inasprire ancora le misure di contenimento. «La curva epidemiologica è ancora molto alta — è l’allarme che Speranza non si stanca di rilanciare —. Quel che mi preoccupa è il dato assoluto, che mostra una curva terrificante. O la pieghiamo, o andiamo in difficoltà». Le terapie intensive reggeranno l’onda d’urto di migliaia di contagi? «Le terapie intensive non sono il problema fondamentale di questi giorni — tranquillizza, ma senza nascondere le criticità —. Per qualche settimana saranno ancora abbastanza gestibili».

Il problema è il tempo, sono i giorni che passano senza che la pandemia accenni a frenare. Per questo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è convinto ad accelerare verso un nuovo lockdown, come chiedevano i rigoristi della maggioranza di cui Speranza è il punto di riferimento sin dall’inizio dell’emergenza. La fase in cui la difesa dell’economia sembrava essere tornata prioritaria è finita, ora anche il premier ripete che non può esserci una ripresa economica se non c’è la salute.

«Abbiamo 48 ore per provare a dare una stretta ulteriore», ripete il ministro, in ansia perché «c’è troppa gente in giro» e bisogna convincere le persone a restare il più possibile in casa. Per quanto dolorosa sia, la scelta del lockdown gli sembra l’unica in grado di spezzare le ali al Covid-19: purché non sia totale, ma lasci ai cittadini la libertà di uscire di casa, rispettando le limitazioni orarie del Dpcm (ma guai a parlare di coprifuoco).

Il tema più delicato, che divide e interroga i ministri, è sempre la scuola. Conte lo ha ammesso, «la curva sta subendo un’impennata così rapida che rischia di mettere in discussione la didattica in presenza». Speranza si spinge un passo più in là: «L’idea del governo è sempre quella di non toccare le scuole. Vogliamo difenderle il più possibile, ma purtroppo dobbiamo farlo dentro il contesto di una epidemia». E questo, per quanto doloroso sia, vuol dire che «la scuola non è intangibile». L’idea è che il Dpcm non tocchi il primo ciclo, ma lasci alle Regioni la possibilità di sospendere le lezioni in presenza anche per elementari e medie, come già hanno fatto, pur tra mille polemiche, la Campania e la Puglia. «Non a caso non abbiamo impugnato le ordinanze», osserva il ministro.

Con i numeri drammatici del bollettino quotidiano e del monitoraggio settimanale, Speranza dà «per scontata» la chiusura dei confini tra le Regioni. «E purtroppo — conferma le anticipazioni il ministro — c’è bisogno di interventi forti anche in Lombardia, una delle aree del Paese che si trovano in condizioni peggiori. Sulla base dei dati del Comitato tecnico scientifico ci sediamo con il presidente Attilio Fontana e con il sindaco Giuseppe Sala e valutiamo le decisioni da prendere». Lombardia zona rossa? «Questa espressione non mi piace».

Resta da sciogliere il nodo del trasporto pubblico locale, su cui da mesi si litiga tra ministero dei Trasporti, Istruzione e Regioni. E qui Speranza non esclude che «nelle aree più difficili si decida di scendere un poco rispetto all’80 per cento di capienza dei mezzi».

Le riunioni si susseguono senza soluzione di continuità, il ministro ha fretta, c’è appena il tempo di commentare la difficoltà che migliaia di persone incontrano per sottoporsi al tampone: «Non si dica che ne facciamo pochi, perché solo ieri ne abbiamo fatti 215 mila». Però non bastano, la gente sta in fila ore ai drive in e prenotarsi è praticamente impossibile. «Da lunedì i medici di medicina generale e i pediatri potranno fare i tamponi antigenici — si mostra fiducioso Speranza —. Contiamo di arrivare a centomila al giorno in più».