Speranza: recuperariamo lo spirito di marzo, avremo ragione del virus

Politica e Primo piano

Intervista a Famiglia cristiana

di Annachiara Valle

I numeri avanzano velocemente, ma il ministro della Salute Roberto Speranza è ancora convinto che non tutto è perduto. Anzi, che impegnandosi insieme, governo, regioni e cittadini, si possa mettere sotto controllo la circolazione del virus e scongiurare un nuovo lockdown tornando a “piegare la curva”.

Ministro, è sicuro che la seconda ondata sia ancora evitabile? C’è chi ipotizza nuove misure per Natale, anche guardando a ciò che succede nel resto d’Europa. 

Siamo in una fase nuova dell’epidemia anche in Italia. L’innalzamento del livello del contagio in molti paesi europei, dalla Francia alla Gran Bretagna, ma anche in Spagna, Olanda e Belgio, è sotto gli occhi di tutti. È chiaro che dobbiamo reagire anche in Italia se vogliamo che la situazione non diventi insostenibile.

Reagire come?

Le regole da rispettare sono sempre le stesse: distanziamento fisico, igiene frequente delle mani, uso della mascherina – ora anche all’aperto – ed evitare gli assembramenti. Oltre a questo, però, aggiungo che vanno evitate tutte quelle attività non essenziali. Solo così possiamo cercare di rallentare la diffusione del contagio.

Stiamo pagando lo scotto di un’estate “allegra”?

In molti hanno pensato che la battaglia contro il coronavirus fosse vinta. Adesso va recuperato lo spirito di marzo e aprile, quando grazie allo straordinario comportamento degli italiani e al grande lavoro svolto da tutti gli operatori sanitari e dalle istituzioni, siamo riusciti a piegare la curva. È stato un merito di tutti gli italiani. Ora bisogna ripetere quell’impresa.

L’impatto dell’apertura delle scuole qual è stato?

Per ora non ci sono evidenze scientifiche, come ha ricordato il presidente dell’Istituto superiore di sanità, di un impatto di rilievo. Naturalmente, essendo un comparto ad alto scambio relazionale, va tenuto sotto controllo. E tra gli indirizzi assunti dal governo c’è anche quello che reintroduce una relazione strutturale tra salute e scuola.

Su eventuali nuove chiusure per arginare la diffusione del virus c’è un piano programmato di attività più a rischio? La scuola per esempio? O vale ancora quello che disse qualche giorno fa: “Se dobbiamo rischiare meglio farlo sulla scuola che sugli stadi”?

Tutto dipende dall’evoluzione del quadro epidemiologico, che è costantemente monitorato dalle nostre autorità sanitarie, dalle regioni e dal Comitato tecnico scientifico. La priorità per il governo è quella di tutelare la scuola. Ne va del futuro dei nostri ragazzi. Poi vengono altre attività essenziali. Ho rispetto del mondo del calcio, ma la scuola viene prima di tutto.

Oggi ci sono contagi in quasi tutte le regioni, anche in quelle che hanno un sistema sanitario più fragile. Come ci si sta muovendo per rafforzare i presidi?

Nel Dl Rilancio sono stati stanziati 3,25 miliardi per l’emergenza Covid. La metà circa per finanziare la creazione di reparti dedicati all’emergenza con nuove terapie intensive. Con il lavoro delle regioni e del commissario Arcuri siamo a buon punto, ma dobbiamo tutti fare di più. Un’altra parte importante è stata investita nel rafforzamento del territorio, dei dipartimenti di prevenzione, nelle assunzioni di 9600 nuovi infermieri di comunità. È il territorio che dovrà essere sempre più protagonista nella nuova fase di contrasto al Covid 19, ma sarà anche al centro della sanità del futuro che stiamo costruendo in questi mesi. E per rafforzare il territorio sono state assunte 33mila persone tra medici, infermieri, operatori sanitari e altre figure ancora.

Si insiste per la vaccinazione antinfluenzale, utilissima in tempo di coronavirus, ma alcune regioni sono in ritardo. Ci saranno le dosi per tutti?

La campagna per il vaccino antinfluenzale quest’anno è partita con anticipo. Sono stati acquistati dalle regioni 17 milioni e mezzo di dosi di vaccino, cioè il 70 per cento in più rispetto a quelle somministrate l’anno scorso.

Spesso si contrappone il diritto alla salute alla salute dell’economia. Davvero sono inconciliabili?

Non solo non sono inconciliabili, ma le cose stanno esattamente al contrario. Senza la vittoria sul coronavirus non ci sarà nessuna ripartenza per l’economia. La vittoria sul virus è la mattonella da cui far ripartire la ripresa economica.

Per tornare a una vita “normale” molto dipenderà dal vaccino. Lei si è fatto fautore, con Francia, Germania e Olanda, di una coalizione che ha chiesto all’Europa una prenotazione centralizzata. Qual è il vantaggio? 

Anche grazie all’iniziativa “Alleanza per il vaccino”, la Commissione europea oggi sta chiudendo contratti con le principali compagnie farmaceutiche. Una volta trovato il vaccino, dovrà essere messo a disposizione di tutti. Nessuno potrà essere lasciato indietro, anche perché da questa pandemia si uscirà solo tutti insieme. La ricerca è anche molto avanti nel campo delle cure. Sono convinto che l’umanità avrà ragione sul coronavirus. Ma dobbiamo combattere ancora, prima di riuscire a vedere la luce in fondo al tunnel.

Se il vaccino dovesse essere pronto a gennaio quali sarebbero i tempi per vaccinare la popolazione?

Chiaramente partiremmo anzitutto dai soggetti più fragili e dalle categorie a rischio, dai medici, dagli infermieri e da tutti i professionisti sanitari che sono in prima linea. Poi verrebbero gli altri.