Speranza: non chiuderemo le regioni, la fase dei blocchi è superata

Politica e Primo piano

Colloquio con Repubblica

di Claudio Tito

«Lockdown, blocchi regionali, divieto di trasferimenti interregionali. Calma, non ci troviamo in questa situazione. Io sono sempre stato e ancora sono per la massima prudenza. Ma bisogna mantenere la calma. Il nostro Paese non si trova nelle condizioni di dover attivare queste misure. Proprio no». Il ministro della Salute, Roberto Speranza, è ormai nella trincea anti-Covid da sei mesi. Da quando è scattata l’emergenza è stato il membro del governo che più ha raccomandato severità nell’adozione e nell’applicazione dei provvedimenti in grado di limitare il propagarsi del virus. Adesso, però, «pur conservando la linea della massima prudenza», invita tutti – a cominciare dai governatori – a evitare reazioni isteriche.

Anche sul caso Sardegna, ad esempio, si sta studiando la possibilità di effettuare i tamponi all’imbarco o sui traghetti stessi. Eppure in questi giorni emerge la sensazione che si stia replicando la confusione di qualche mese fa quando i presidenti regionali agivano per conto proprio. Dal governatore sardo a quello del Lazio fino al combattivissimo campano. «Già domani – annuncia durante un sabato di agosto ben poco feriale – si terrà un nuovo incontro per definire e concordare la linea di azione. È chiaro che bisogna stare tranquilli, non si deve esagerare. Ma sono convinti che già in questo incontro si converrà un metodo di procedere comune».

Nessuno però può nascondere che l’emergenza stia segnando nuovi picchi. L’allarme torna a propagarsi con la stessa velocità con cui crescono i contagi. Quelli giornalieri ormai hanno superato quota mille. Cifre che non si registravano da diversi mesi. Sembra l’inizio della temuta seconda ondata. «Ma la situazione – spiega Speranza – è diversa rispetto alla prima fase. Oggi (ieri ndr) ho parlato con i miei colleghi di Germania e Francia. Lì il Coronavirus si sta diffondendo a ritmo quadruplo e triplo rispetto a noi. E anche loro non stanno rispondendo con atti emergenziali. Perché semplicemente la situazione è diversa». Ci sono fattori che la distinguono dalla crisi della scorsa primavera. Due dei quali, fondamentali, riguardano i centri di terapia intensiva e l’età dei positivi al Coronavirus. «La media dell’ultima settimana è di trent’anni. Questo vuol dire che molti non hanno nemmeno bisogno di cure. E infatti non ci troviamo di fronte a una emergenza ospedaliera. I reparti di terapia intensiva sono lontani dal pericolo di saturazione vissuto qualche mese fa». Il problema semmai riguarda gli anziani, i nonni. Ai quali figli e nipoti possono trasferire il virus, in quel caso sì con pericolosità.

E da qui inizia il secondo step del ragionamento svolto al telefono dal titolare della Salute.«Nessuno ha una ricetta per bloccare i contagi. Nessuno ha un metodo miracoloso. Nessuno ha la bacchetta magica. Noi dobbiamo affrontare questa fase rialzando il livello di attenzione sui comportamenti individuali. Sono questi che ci ha fatto piegare la curva in primavera. Mascherine, distanziamento e lavaggio delle mani». I ragazzi, soprattutto loro, insomma hanno l’obbligo di coltivare il dovere della responsabilità. Capire che ogni comportamento scorretto può trasformarsi in una minaccia per i soggetti più deboli. Proseguire con i blocchi, poi, a suo giudizio non sarebbe servito. «Per arrivare ad agosto al contagio zero fa notare il ministro avremmo dovuto proseguire con il lockdown e con la chiusura delle frontiere. Ma avremmo avuto anche un paese in ginocchio, piegato. E io non lo voglio».

Speranza non nasconde che il vero test su cui il governo si gioca la testa, è la riapertura della scuole. «Lo sappiamo benissimo. Sappiamo bene che il 14 settembre è letteralmente un banco di prova. Ma noi non possiamo rinunciare alla scuola. Un Paese democratico ed evoluto non può fare a meno di un bene primario per le generazioni più giovani. La scorsa settimana abbiamo chiuso di nuovo le discoteche, abbiamo introdotto l’obbligo di mascherina nelle ore serali. Ma alla discoteca si può rinunciare. All’istruzione no». Quindi? «Quindi le scuole noi le riapriremo. Punto. Lo faremo adottando le misure di massima sicurezza. Faremo i test a chi lavora negli istituti». E agli studenti? «Nessun paese ha previsto di effettuare tamponi a tutti gli alunni. Capiamoci: fino ad ora abbiamo fatto otto milioni di tamponi. Gli studenti sono dieci milioni. Non è possibile farli a tutti. Faremo dei controlli a campione. Quello sì». I nodi però verranno al pettine quando si rileverà un contagiato in una classe. «Capisco risponde il ministro e lo dico da padre. Si interverrà sulla classe e sui professori. Ma l’idea di chiudere tutto l’istituto è semplicemente assurda».

Speranza insiste anche su un altro elemento: l’App Immuni. «Dobbiamo rilanciarla. Posso garantire che è uno strumento non invasivo, non disturba. Stiamo organizzando una campagna di comunicazione per spiegare ai cittadini che registrarsi su quella piattaforma è una garanzia per ognuno di noi». «Il governo sta facendo tutto il possibile – è la conclusione della conversazione – Stiamo rafforzando il Sistema sanitario nazionale stanziando in cinque mesi più soldi che negli ultimi cinque anni. Ma la prima difesa sono i comportamenti personali. I cittadini lo devono capire. I ragazzi lo devono capire».