Speranza: l’Ilva non può chiudere, pronti a tutto per salvarla

Politica e Primo piano

Intervista a La Stampa

di Francesca Schianchi

«Se l’Italia vuole continuare a essere una grande potenza industriale non può rinunciare alla sua acciaieria più importante». Da questa premessa parte il ministro della Salute Roberto Speranza, capodelegazione di LeU, per ragionare di Ilva. Mercoledì, per tre ore e mezza, ha incontrato insieme al presidente Conte e altri quattro ministri il presidente Mittal e il figlio, «molto garbati ma altrettanto determinati a chiedere condizioni inaccettabili: la diminuzione della produzione e l’esubero di cinquemila persone».

Il governo ha dato loro 48 ore per meditare una nuova proposta: se dai Mittal arrivasse invece la stessa richiesta, cosa resta da fare?

«C’è un contratto e va rispettato. Nessuno li ha obbligati a partecipare alla gara, ora ci sono degli impegni da mantenere: il governo è molto fermo su questo».

Il punto è che anche i Mittal sono sembrati fermi. Qual è l’alternativa?

«Una cosa deve essere chiara: non permetteremo mai la chiusura delle acciaierie di Taranto. Vorrei che fosse una battaglia comune a tutte le forze politiche e sociali del Paese».

L’alternativa è la nazionalizzazione? Il premier non lo esclude.

«La strada ora è l’interlocuzione con Mittal. Ma bisogna fare di tutto per salvare le acciaierie, nessuna ipotesi può essere esclusa. La soluzione peggiore sarebbe la chiusura: per evitarlo, anche una partecipazione pubblica è possibile nell’interesse del Paese».

Sarebbe economicamente sostenibile?

«Oggi la nostra discussione parte dal confronto con Mittal. Poi vedremo. Ma di certo lo Stato non deve avere paura di fare fino in fondo la sua parte».

Com’è possibile che su Taranto si continui a dover scegliere tra diritto alla salute e diritto al lavoro?

«È inaccettabile. Si tratta di due diritti di rango costituzionale che non possono essere messi in contraddizione tra loro. Siamo nel 2019: esistono le tecnologie per tenerli insieme. Un grande Paese come l’Italia non può rassegnarsi».

Conte ha promesso la reintroduzione dello scudo penale, se alla fine rimanesse solo quel problema. I Cinque stelle la voterebbero?

«Al tavolo, alla presenza di tutte le forze di maggioranza, il presidente ha spiegato con nettezza che se il problema fosse solo lo scudo, il governo è disponibile a risolvere la questione in poche ore. Anche se in punta di diritto la nostra opinione è che non fosse esplicitamente previsto. Ma è emersa chiaramente una verità più drammatica, con la richiesta di esuberi».

Il tira e molla sullo scudo però non ha contribuito a dare l’immagine di interlocutori affidabili, non crede?

«Su materie così delicate sarebbe meglio evitare di cambiare idea, questa vicenda servirà da lezione. Ma attenzione a non confondere le ragioni delle scelte di Mittal, che sono altre».

Mentre trattate su una vicenda così delicata, nel governo litigate su tutto. Franceschini ha proposto un nuovo patto per ripartire.

«Io credo in questo schema di governo, ho investito molto nel tentativo di far crollare il muro di incomunicabilità. Ora dobbiamo dimostrare le nostre capacità imparando a stare insieme. Per questo è fondamentale avere tempo davanti a noi».

Dalle riunioni del Pd filtrano ultimatum tipo «così la corda si spezza»…

«Questa alleanza non è nata solo per rispondere a un’emergenza, ma ha una responsabilità politica: quella di contribuire alla crescita del Paese a partire dalla lotta alle diseguaglianze. Non siamo un governo tecnico: per questo credo che sia un’alleanza che dovremmo ripetere sui territori».

Non si è pentito della foto di Narni con Conte e gli altri leader della maggioranza?

«Quella foto va fatta fuori dagli appuntamenti elettorali. Dobbiamo andare insieme a raccontare il senso della manovra, a dire che abbiamo tolto 26,5 miliardi di tasse, di cui 23 di Iva, tre per il taglio del cuneo fiscale e 500 milioni per l’abolizione del superticket. E invece passa l’idea inaccettabile della manovra delle tasse».

Le prime critiche sulle tasse, dalla plastica alle auto aziendali, sono arrivate proprio dall’interno della maggioranza, da Renzi e Italia viva…

«Questo non va bene. Il governo all’unanimità dovrebbe rivendicare la manovra. Questo significa essere una coalizione politica e non sentirsi dentro a una parentesi».

Il governo arriva a fine legislatura?

«Io scommetto di sì».