Speranza: la seconda ondata non è mai finita. Per alcuni mesi è ancora dura

Politica e Primo piano

Colloquio con Il Corriere della Sera

di Monica Guerzoni

I numeri che più allarmano Roberto Speranza sono i 68 mila nuovi casi e 1.325 morti della Gran Bretagna, segno che «in Europa c’è una recrudescenza e anche noi dobbiamo farci i conti». La terza ondata non è più un’ipotesi e il ministro della Salute, nelle riunioni di governo, alterna preoccupazione e fiducia: «I vaccini sono la luce, la svolta che apre un’altra fase, ma la verità è semplice. Per avere un impatto il vaccino ha bisogno di mesi e dobbiamo resistere, la battaglia è ancora dura. Dopo sei settimane l’indice rt è scattato sopra 1…». E quando gli chiedono se la terza ondata stia arrivando, risponde con una formula che non lascia spazio all’ottimismo: «La seconda ondata non è mai finita davvero. Adesso c’è una ripartenza e probabilmente sì, il terzo picco arriverà».

Le cifre che almeno un poco migliorano lo stato d’animo di Speranza sono i 19 miliardi per la sanità ottenuti nel Recovery plan, con cui conta di rafforzare la rete ospedaliera e realizzare la «sua» riforma della Sanità. E poi i numeri degli italiani vaccinati di Covid-19, che dopo la falsa partenza scandita da attacchi e polemiche registrano una crescita costante: «Stop alle critiche e niente trionfalismi, stiamo facendo la nostra parte». Questo il motto del ministro della Salute nel giorno in cui il contatore delle vaccinazioni punta dritto al mezzo milione: «Siamo in recupero», commenta Speranza tra una riunione con il commissario Domenico Arcuri e la firma dell’ordinanza che fa scattare la zona arancione per cinque regioni: «Abbiamo lavorato molto per organizzare la campagna, la macchina sta entrando a regime. Non è una gara, però dopo tante critiche prive di senso è bello vedere che siamo secondi in Europa in valore assoluto. Abbiamo 470 mila dosi a settimana e riusciamo a farle tutte».

Si era partiti a ritmi imbarazzanti, con carenza di medici e siringhe e regioni in totale affanno. Ora l’Italia «va veloce, tutte le regioni lavorano a regime», ma resta il problema delle dosi. Sono ancora poche: «Ora arriva anche il milione e 300 mila di Moderna, purtroppo sono numeri molto limitati per il primo trimestre». La «buona notizia» è l’annuncio della presidente Ursula von der Leyen di ulteriori acquisti Pfizer per 300 milioni, di cui all’Italia tocca il 13,46%». Il guaio è che «arriveranno a partire dal secondo trimestre», cioè da aprile in poi. Da qui a marzo, siamo a corto di fiale? «No, usiamo le 470 mila settimanali di Pfizer e da lunedì cominciano con Moderna».

Il punto dolente della fornitura italiana è sempre AstraZeneca, sui cui Speranza aveva investito energie e aspettative importanti: «Se Ema desse il via libera potremmo avere un altro tesoretto da utilizzare già nel primo trimestre. Potrebbero essere 8 milioni, ma ancora certezze non ne abbiamo. Ema ha detto che la valutazione finale può avvenire entro gennaio». Se tutto va come Speranza si augura da qui a marzo l’Italia sarà in grado di vaccinare 5 o 6 milioni di persone. Poche, rispetto alle aspettative iniziali, ma il ministro di LeU respinge la critica di aver sbagliato gli acquisti: «Noi abbiamo comprato tutti i vaccini, ma è chiaro che la Ue li ha opzionati quando non si poteva sapere chi avrebbe fatto prima e chi dopo».

Se Angela Merkel ha detto ai tedeschi che i prossimi tre mesi saranno i più difficili «non lo ha fatto certo per spaventarli», è la citazione con cui Speranza spiega il quadro epidemiologico. «E adesso c’è anche la variante inglese come ulteriore elemento di rischio, perché sembra essere più veloce e ti può alzare facilmente l’indice rt». Tanti gli chiedono quando ne usciremo e lui, che parla ogni giorno con gli scienziati, ci va cauto: «Prima dell’estate, quando 10 o 15 milioni di italiani saranno stati vaccinati». Insomma, dobbiamo resistere «alcuni mesi». Nelle prossime settimane «la curva può facilmente risalire, come purtroppo vediamo in larga parte dei Paesi europei, dove i numeri sono significativamente peggiori dei nostri». Ecco perché il nuovo Dpcm «manterrà l’attenzione al rigore, con misure di contenimento significative». E perché il governo ha deciso di far scattare le zone rosse e arancioni «più tempestivamente». Ieri prima di firmare l’ordinanza il ministro ha parlato con Bonaccini, Fontana e gli altri presidenti delle regioni e assicura di aver trovato «grande consapevolezza», anche da parte dei governatori leghisti: «Vedono la pressione sulle strutture sanitarie e sanno che dobbiamo lottare ancora». E qui Speranza è solito aggiungere le sue raccomandazioni ai cittadini: «Le mascherine sono fondamentali, ma tanta gente non le usa, o se le toglie».