Speranza: il ritorno a scuola è la nostra priorità, il coprifuoco resterà

Politica e Primo piano

Intervista al Corriere della Sera

di Monica Guerzoni

A svegliarlo ieri mattina è stato l’sms del ministro della Salute inglese, che gli annunciava il via libera della Gran Bretagna al vaccino AstraZeneca. E alle 8.30 Roberto Speranza era già al telefono col Corriere per rispondere all’allarme sui ritardi con un «messaggio di ragionata fiducia», chiedere «più soldi per la sanità nel Recovery» e lanciare un appello ai partiti: «Evitiamo vi prego di far campagna elettorale sui vaccini, non buttiamo la battaglia di un Paese nella caciara politica e lavoriamo insieme».

Il 7 gennaio le superiori riapriranno in sicurezza?

«Il ritorno in classe è il nostro obiettivo prioritario. Certo, finché i vaccini non produrranno un impatto epidemiologico sulla popolazione, l’unica cosa che funziona sono le misure restrittive. L’indice Rt dà segni di ripresa, dopo la Befana dovremo ripristinare il modello delle fasce di rischio e confermare le misure base delle zone gialle».

Resterà il coprifuoco?

«Sì, ristoranti e bar chiusi alle 18, chiusi piscine, palestre, cinema, teatri, stadi. Siamo ancora dentro la seconda ondata, Londra torna verso misure molto dure e anche noi abbiamo ancora troppi casi e troppi morti».

Lei aveva puntato molto su AstraZeneca, ma gli inglesi ci hanno battuti sul tempo. Quando arriverà il via libera?

«AstraZeneca è il vaccino che ha il rapporto più stretto con il nostro Paese. Io ho massima fiducia nell’Ema, ma il ritardo c’è e chiediamo chiarezza. La sicurezza è fondamentale, ma non è banale sapere se nel primo trimestre puoi disporre di milioni di dosi di AstraZeneca o no».

Ha un piano B?

«Il piano resta quello che ho presentato in Parlamento con voto finale sulle comunicazioni. Sento tante polemiche e voglio dare un messaggio, il governo quando fa un lavoro serio misura le decisioni in un tempo congruo, fare bilanci a due giorni dalla partenza è follia. Siamo un grande Paese, con un servizio sanitario nazionale solido. Molti dicevano che non saremmo partiti con gli altri, invece ce l’abbiamo fatta».

Tra ritardi e dubbi, lei ha qualche certezza?

«Otto milioni di dosi Pfizer entro il primo trimestre sono sicure. Spero che il 6 gennaio Ema approvi Moderna, 1,3 milioni di dosi. Se poi arriva il sì ad AstraZeneca possono arrivarne molte altre, ma da Ema non arrivano ancora certezze e questo ridurrà sicuramente il numero delle disponibilità a breve. Questa è la verità».

C’è da essere preoccupati?

«Direi proprio di no, a me 225 milioni pare un dato significativo e lavoriamo per somministrare da subito 470 mila dosi a settimana. Dei sei vaccini acquistati dalla commissione Ue all’Italia spetta il 13,45%. Ne abbiamo 202 milioni, più altri 13,5 Pfizer, di cui metà dovrebbe arrivare nel primo semestre e l’altra metà nel secondo. Stiamo lavorando anche ad altri 10 milioni di Moderna».

Però senza AstraZeneca i conti non tornano.

«Studieremo il dossier Gran Bretagna. È importante che Ema faccia chiarezza sulle ragioni di una eventuale diversa valutazione dall’agenzia inglese. Sulla sicurezza non accettiamo scorciatoie, ma rispetto alla programmazione di una campagna vaccinale così seria dobbiamo avere un orizzonte chiaro».

Anche sulle iniezioni siamo in ritardo. È solo colpa del maltempo o stiamo facendo le cose all’italiana?

«L’Italia ha fatto le cose bene e renderemo pubblici tutti i dati in tempo reale, regione per regione. Il punto non è chi somministra prima mille dosi, ma costruire una macchina che consentirà di vaccinare milioni di persone».

La Germania però corre, ha comprato più dosi e fa 40 mila vaccini al giorno, mentre noi siamo a 9.803 in tutto. Un italiano è meno protetto di un tedesco?

«Assolutamente no. Ora acceleriamo anche noi. Rivendico la strategia dell’alleanza per i vaccini su iniziativa di Italia, Francia, Germania e Olanda. Ma chiedo che sia fatta chiarezza. All’articolo 7 dell’intesa è scritto che i Paesi rinunciano a trattative bilaterali. Se sono state fatte, avranno tempi di consegna successivi rispetto agli accordi Ue».

Il commissario Arcuri è nel mirino, lei lo difende?

«Certo, è stato maltrattato perché le siringhe sono costate di più, ma grazie a quelle siringhe e all’autorizzazione Aifa sull’utilizzo della sesta dose recuperiamo un 20% del vaccino Pfizer in più, che vale parecchi milioni di euro».

Sull’obbligo il governo è diviso, lo valuterete?

«La volontarietà è la scelta giusta. Perché abbiamo ancora dosi limitate e perché non dobbiamo dividere il Paese tra scientisti illuminati e cavernicoli dubbiosi».

Quindi l’Italia non farà un registro di chi non vuole vaccinarsi, come in Spagna?

«Abbiamo l’anagrafe vaccinale, ma non vogliamo spaccare il Paese».

I medici no vax non saranno sanzionati né sospesi?

«Ricevo dalle Regioni segnalazioni incoraggianti sull’adesione del personale sanitario, che è stato straordinario e conosce i danni da Covid. La volontarietà è la via maestra, come riconosciuto dal Comitato di bioetica, poi valuteremo i numeri e l’eventuale eccezione per alcuni segmenti, ma solo come subordinata».

L’immunità di gregge si avrà con l’80% dei vaccinati?

«Sulla cifra esatta il dibattito è aperto, io spero che tra fine estate e autunno saremo vicini all’immunità. I primi effetti epidemiologici si vedranno quando saranno state vaccinate oltre 10 milioni di persone e la prima forma di immunità più larga si potrà avere attorno ai 40 milioni».

Lei e Conte rivendicavate di guidare il Paese Ue con meno contagi. Perché ora siamo quello con più morti?

«L’atteggiamento da primi della classe non ci appartiene. Siamo stati i primi a essere colpiti, abbiamo una delle popolazioni più anziane al mondo, con molte patologie e anche per questo paghiamo un prezzo altissimo. Ma il virus ha colpito tutti, la Germania ieri contava oltre 1100 morti, la Gran Bretagna oltre 900 e 50 mila casi. Per favore, smettiamola con le classifiche».

Se Renzi rompe, che impatto avrà la crisi di governo sulla campagna vaccinale?

«Sarebbe gravissimo infilare questa campagna dentro le tensioni politiche. Abbiamo tre appuntamenti fondamentali, vaccini, Recovery e presidenza G20. Io sono per affrontare i problemi a viso aperto, se necessario in Parlamento. Serve un governo che lavori nella pienezza dei poteri, non che discuta di sé».

A costo di silurare Conte?

«No. Giuseppe ha fatto un lavoro straordinario ed è un punto di equilibrio essenziale della relazione politica tra centrosinistra e M5S».