Speranza: fare della crisi un’opportunità, anche con i soldi del Mes

Politica e Primo piano

Intervista a Il Foglio

di Claudio Cerasa

Economia ma non solo: c’è ragione o no per essere ottimisti sui prossimi mesi dell’Italia? Ieri pomeriggio abbiamo passato qualche minuto (47) al telefono con Roberto Speranza (linea sempre perfetta, con improvvise interferenze solo quando si è parlato dell’eventuale ingresso di Berlusconi in maggioranza: “Non riesco a sentire bene la domanda…!”) e nel corso della conversazione il ministro della Salute ha parlato di tutto: il carattere degli italiani, l’orgoglio di un paese, lo stato reale della pandemia, i nuovi pericoli per l’Italia, le grandi opportunità da cogliere e la sfida della trasformazione del nostro paese. Roberto Speranza parla misurando le parole, chiacchiera senza regalare titoli facili al suo interlocutore e inizia a dialogare partendo da una notizia che ha colpito l’attenzione di molti osservatori: l’ordinanza firmata due giorni fa che prevede l’impossibilità di arrivo in Italia per chi nei 14 giorni precedenti ha soggiornato o è transitato in Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldova, Oman, Panama, Perù e Repubblica Dominicana.

“Non posso dire che sia stata una scelta facile, ma posso dire che quella che abbiamo adottato è stata una scelta necessaria. Gli italiani, in questi mesi, hanno avuto un comportamento eccezionale e dopo tutti i sacrifici fatti per arrivare fin qui il governo ha il dovere di non vanificare con leggerezze imperdonabili il lavoro straordinario di un intero paese. Abbiamo preso questa decisione sulla base di alcuni valori che sono stati incrociati dalla direzione generale della prevenzione sanitaria. E il principio è chiaro: le persone che provengono da paesi con tassi di incidenza della malattia molto alti e con bassi tassi di resilienza del servizio sanitario nazionale non possono entrare in Italia”.

Il ministro ricorda che già oggi chiunque arrivi dal di fuori dello spazio Schengen può entrarvi solo per comprovate ragioni di lavoro e per ragioni di salute, dice che il governo valuterà su base settimanale la possibilità che la scelta possa essere anche duratura – “Il nostro algoritmo permetterà ad alcuni paesi di uscire da questa lista ma non escludo che il monitoraggio porti a far entrare nella lista altri paesi” e suggerisce di concentrare l’attenzione su quello che gli sembra essere il dato più importante della fase vissuta oggi dall’Italia: “Noi oggi percepiamo in Italia una situazione migliore rispetto alla diffusione del virus. Ed è vero, le cose vanno meglio. E ormai in Italia le regole sono sostanzialmente tre: mettere le mascherine, applicare il distanziamento sociale ed evitare gli assembramenti. Ciò che però non percepiamo fino in fondo è che il mondo si trova oggi nella sua fase peggiore e un paese con la testa sulle spalle non si può permettere su questo fronte di essere superficiale”.

Rispetto al futuro del paese, Speranza non arriva a definirsi ottimista ma con prudenza sostiene di non essere neppure neppure pessimista e lo dice sulla base di tre punti: l’arrivo del vaccino, il rafforzamento del sistema sanitario, gli investimenti che arriveranno. C’entra anche il Mes? C’entra, e il ministro della Salute dice di essere “un grande sostenitore dell’accesso dell’Italia alla linea di credito per le spese sanitarie prevista dal Mes”, ma a questo Speranza ci arriva dopo. Riavvolgiamo il nastro. Primo punto, il vaccino: “Se tutto andrà bene, come spero, entro cinque mesi, ovvero entro la fine dell’anno, l’Italia avrà le sue prime dosi di vaccino”.

“Come sapete, insieme con i ministri della Salute di Germania, Francia e Olanda, abbiamo sottoscritto un contratto con AstraZeneca per l’approvvigionamento fino a 400 milioni di dosi di vaccino da destinare a tutta la popolazione europea. Il vaccino è stato pensato a Oxford, ma il vettore virale è stato realizzato a Pomezia, in Italia, e lo stesso vaccino, quando arriverà, sarà infialato vicino Roma, ad Anagni, segno che l’Italia sulla farmaceutica è un’eccellenza mondiale. A settembre, poi, verrà sperimentato per la prima volta e se tutto andrà bene entro pochi mesi potrà essere utilizzato”.

Blocchiamo Speranza nel suo ragionamento con tre domande flash, proprio sul vaccino. Sarà obbligatorio? “Non partirei dall’obbligatorietà: quella che stiamo vivendo è la stagione della persuasione e credo che si debba andare avanti in questa direzione”. In che modo il governo deciderà a chi somministrarlo prima degli altri? “È già deciso: andrà prima al personale medico e ai soggetti più a rischio”. E neppure il vaccino antinfluenzale sarà obbligatorio nei prossimi mesi? “No, non lo sarà. Ma faremo la più grande campagna di promozione del vaccino antinfluenzale mai fatta in Italia”.

Riprendiamo il filo del ragionamento e andiamo al secondo punto: il rafforzamento del sistema sanitario. “Su questo fronte, i numeri mi fanno essere fiducioso rispetto al futuro. Il governo ha dato il via a 28 mila assunzioni nel personale sanitario. Stiamo lavorando per portare al più 115 per cento i posti letto in terapia intensiva rispetto ai 5.179 presenti prima dell’arrivo della pandemia. E negli ultimi cinque mesi il governo ha stanziato più soldi per la sanità di quelli stanziati negli ultimi cinque anni. Abbiamo messo 3 miliardi e 250 milioni nel decreto ‘Rilancio’. Abbiamo messo 1,5 miliardi nel decreto ‘Marzo’. Avevamo già messo 2 miliardi nella legge di Bilancio. Per farle capire: nei cinque anni precedenti ciò che i governi hanno destinato alla sanità valeva circa un miliardo all’anno. Io non penso che i prossimi mesi saranno una passeggiata. Anzi, penso che saranno molto duri. E penso che tutti dovremmo impegnarci per dare il massimo sia rispetto alla crisi finanziaria sia rispetto alle sfide di fronte alle quali si troverà il nostro sistema sanitario. Ma penso che l’Italia negli ultimi mesi abbia dimostrato di essere un grande paese”.

La nostra conversazione con Speranza scivola via verso il tema dell’accesso ai fondi del Mes e su questo fronte il ministro ci offrirà anche una notizia ma prima di arrivarci chiediamo di aiutarci a decifrare i numeri del contagio. E per farlo leggiamo con il ministro gli ultimi dati offerti dal bollettino: 276 casi in più ieri rispetto al giorno prima e 12 morti, 13 regioni senza malati in rianimazione e 13.428 persone attualmente positive. Chiediamo: quanti positivi si trovano in ospedale? “Pochi”. Pochi quanto? “In terapia intensiva sono 65. In ospedale sono 844”. E il resto? “Il resto sono in isolamento domiciliare”. Quindi in condizioni non gravi. “In condizioni non preoccupanti”. E quanti di questi sono asintomatici? “Direi circa la metà”. Il ministro Speranza non lo dice apertamente ma le sue parole illuminano un dato interessante, difficile da comprendere osservando ogni giorno solo il numero dei contagi: buona parte dei contagi che registriamo ogni giorno sono contagi di persone che non hanno sintomi e la stra-stragrande maggioranza delle persone contagiate non hanno sintomi preoccupanti.

Chiediamo allora a Speranza, cercando di provocarlo: ma ha per caso ragione il dottor Zangrillo quando dice che il virus clinicamente non esiste più? Speranza fa un respiro profondo e risponde con stile: “Sul lato clinico, Zangrillo non sbaglia ed è un dato fattuale: l’Italia è passata da avere 4.000 persone in terapia intensiva ad averne meno di 70. Ma questo non significa che il virus abbia smesso di circolare. E abbassare l’attenzione oggi sarebbe grave”.

Ma se l’Italia ha il dovere di non farsi trovare impreparata nei prossimi mesi tergiversare sul prestito a tassi agevolati del Mes non è un modo di essere poco responsabili? “Non la metterei così”. E come la mettiamo? “Mettiamola in modo diverso. L’Italia ha bisogno di molti miliardi per rafforzare il suo sistema sanitario e i prestiti del Mes dedicati alle spese sanitarie possono aiutare il nostro paese a trasformare una crisi in una grande opportunità. Come sostiene Papa Francesco, peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. Ma per non sprecarla occorrerebbe avere già le idee chiare su cosa fare qualora la maggioranza di governo dovesse richiedere in via ufficiale l’accesso a quei prestiti. “E un piano lo stiamo già realizzando”. In che senso? “Nel senso che da settimane, nell’auspicio che la politica risolva i nodi che vi sono all’interno della maggioranza, stiamo lavorando a un progetto per utilizzare bene tutti i soldi che il governo troverà per rafforzare il nostro sistema sanitario. E se quei soldi dovessero arrivare, sappiamo già dove dovremmo indirizzarli: investimenti per i presidi ospedalieri, edilizia sanitaria, rafforzamento della sanità territoriale, nuove strumentazioni per la diagnostica, sanità digitale, telemedicina, ricerca e non ultimo un settore cruciale per il nostro paese: investimenti per rendere il nostro paese più attraente nell’ottica di diventare un grande hub degli investimenti della farmaceutica”.

I soldi che l’Italia potrebbe ottenere attraverso la linea di credito senza condizionalità e a tassi agevolati prevista dal Mes sono pari al 2 per cento del pil. Che, per l’Italia, significa circa 36 miliardi. È solo un caso che il governo abbia previsto all’interno del suo Piano nazionale per le riforme (Pnr) un fabbisogno di interventi strutturali in ambito sanitario pari a 32 miliardi, che all’incirca sono proprio i soldi che l’Italia potrebbe prendere dal Mes? “Per un piano strong – dice Speranza stando attendo a non chiamarlo choc – è quella la cifra che ci servirebbe”. E, chiediamo ancora al ministro, il governo non pensa che all’Italia, oltre ai soldi per rafforzare il suo sistema sanitario, servirebbe anche una qualche forma di protezione per evitare che i medici che hanno affrontato da eroi la pandemia possano ritrovarsi a essere vittime di un’onda anomala di denunce penali? La questione è nota e Speranza la conosce: nelle ultime settimane contro i medici sono state intentate molte denunce da parte dei famigliari che hanno visto i loro cari morire in ospedale per coronavirus. E la richiesta dei medici oggi è quella di non essere lasciati soli e di poter ricevere una qualche forma di protezione legislativa che limiti la procedibilità in ambito penale, civile, amministrativo ed erariale, relativo al periodo emergenziale. “Io penso che una protezione sia legittima. E penso che sia giusto prevedere anche a livello legislativo un qualche strumento che possa tutelare i medici riconoscendo loro la specialità e la straordinarietà di quel momento storico. Ne stiamo parlando anche con l’opposizione e decideremo presto come trovare una soluzione”.

L’opposizione, già. Arrivati a questo punto della chiacchierata, improvvisamente la linea inizia a essere difettosa ma dopo qualche tentativo Speranza riesce ad ascoltare la nostra domanda e ci offre una risposta non scontata. Ministro, anche lei con il partito di cui fa parte, pensa come Romano Prodi che non ci sarebbe nulla di male nell’allargare la maggioranza a Berlusconi? “Distinguo i piani. Ho molto apprezzato l’atteggiamento umano e politico avuto da Berlusconi in questi mesi. Ci siamo sentiti al telefono nei mesi più duri, ho chiesto per quanto possibile collaborazione, lui è stato serio, di parola, e ha dimostrato con i fatti che in alcune fasi della storia di un paese maggioranza e opposizione possono collaborare insieme, mettendo al centro non le proprie idee ma gli interessi del paese. Ma allo stesso tempo non vedo i presupposti per un allargamento della maggioranza e non possono non riconoscere che su molti temi ci troviamo su sponde opposte con Forza Italia: destra e sinistra, a mio modo di vedere, esistono ancora”.

E se Forza Italia decidesse di appoggiare la maggioranza su alcuni punti precisi? “Questo sarebbe un piano diverso. E quando c’è di mezzo la ripartenza di un paese, un politico con la testa sulle spalle deve cercare la più ampia convergenza possibile senza guardare alle tessere di partito”. La nostra conversazione finisce qui, la linea comincia a essere disturbata, il ministro è in viaggio, ma prima di lasciarsi ci offre un ultimo spunto, che riguarda il suo stile.

“Non ho idea, onestamente, che tipo di stile sia quello che cerco di interpretare. Mi dicono che sia un po’ novecentesco e come definizione mi piace. Mi piace però pensare anche che la politica del futuro sia quella che si occupa meno di che titoli offrire ai tiggì e si occupi un po’ di più di studiare i dossier. Che parli non annunciando di fare cose ma che quelle cose le faccia. Penso che questo genere di politica tornerà presto di moda. Penso che la credibilità valga più dell’essere una celebrità. E se mi perdonate il gioco di parole, penso che nel giro di un anno l’Italia abbia capito che differenza c’è tra una politica strutturata sul modello Papeete e una strutturata sul modello riflettete. Nel mio piccolo, provo a non alzare la voce e cerco di ragionare. Ricordando che per essere all’altezza di un grande paese come l’Italia non ci si può limitare alla politica del twittare, ma bisogna capire che prima di tutto tocca studiare”.