Speranza: avanti col Green pass, il vaccino obbligatorio è ipotesi concreta

Politica e Primo piano

Intervista a La Stampa

di Niccolò Carratelli

Nessuna frenata sul Green Pass. Roberto Speranza ci tiene a precisarlo, dopo il rinvio dell’estensione dell’obbligo del certificato Covid per i lavoratori pubblici e privati. «La linea del governo è chiara e si andrà in quella direzione», assicura il ministro della Salute, intervistato dal direttore de La Stampa, Massimo Giannini, nell’ambito del Festival di “Salute”. «Le scelte vengono fatte sul piano sanitario e nell’interesse del Paese – spiega – non seguendo le polemiche politiche».

Quindi il decreto approvato ieri dal Consiglio dei ministri non è stato ridimensionato per via delle pressioni della Lega…

No, le dinamiche politiche non incidono nelle decisioni del governo, sono troppo piccole rispetto alla posta in gioco. Si lavora seguendo una linea netta, che parte dall’idea che il vaccino è un’arma fondamentale: puntiamo a rendere sicuri i luoghi di lavoro e a incentivare le vaccinazioni.

Dunque arriverà un altro decreto la prossima settimana?

Sui tempi non so dirle, faremo una valutazione, anche perché bisognerà scrivere bene le norme e ci sono vari ministeri coinvolti, a partire dalla Pubblica amministrazione. Ma posso confermare che ci sarà un’ulteriore estensione dell’obbligo di Green pass in vari settori. A cominciare da quelli in cui il certificato viene richiesto ai clienti ma non ai lavoratori, come i ristoranti e i bar: un’anomalia che sarà sanata nel più breve tempo possibile.

Per l’allargamento alle aziende serve l’accordo con le parti sociali: non trova che i sindacati, in particolare, stiano facendo resistenza? 

No, io ho parlato con i principali leader sindacali e ho trovato un atteggiamento costruttivo e responsabile. Sono sicuro che continuerà l’interlocuzione anche con le imprese e che ci siano le condizioni per seguire il percorso tracciato.

Avanti con l’estensione del Green pass fino ad arrivare all’obbligo di vaccinazione, se necessario? 

Noi non abbiamo escluso l’obbligo, è una facoltà che la nostra Costituzione ci offre. È già previsto per tutti gli operatori sanitari e, con l’ultimo decreto, anche per i lavoratori non sanitari delle Rsa, dagli amministrativi agli addetti alle pulizie. L’ipotesi dell’obbligo è concreta e resta in campo, valuteremo in base all’andamento della campagna vaccinale e al futuro quadro epidemiologico.

La campagna vaccinale è in linea con le attese? L’obiettivo dell’80 per cento di copertura della popolazione resta valido?

La campagna sta andando secondo i piani. L’obiettivo dell’80 per cento della popolazione vaccinabile è alla portata per fine mese. La risposta degli italiani è positiva, credo che andremo su percentuali molto robuste, del resto anche l’80 per cento sembrava ambizioso e invece ci siamo. Abbiamo superato gli 80 milioni di dosi somministrate, un risultato incredibile. Ma dobbiamo insistere, perché ogni persona vaccinata in più è uno scudo aggiuntivo per tutti, rispetto alla stagione che ci aspetta, a partire dalla ripresa della scuola.

C’è, però, una quota ostinata di resistenti, compresi illustri professori schierati contro il Green pass. Cosa ne pensa?

Noi abbiamo bisogno di dare un messaggio basato sull’evidenza scientifica. La verità da dire è che l’alternativa ai vaccini sono le chiusure: la coperta è stretta, o la tiriamo dalla parte dei vaccini oppure rischiamo di ritornare a misure che sono da scongiurare. Chi ha dubbi sinceri sulla vaccinazione non va insultato o trattato come un Flintstone ignorante, va ascoltato e messo di fronte ai dati univoci sulla sicurezza e l’efficacia dei vaccini, che arrivano da tutto il mondo.

Ma per i violenti non servirebbero provvedimenti più duri? Si pensi al “pugile” collaboratore scolastico che ha picchiato un giornalista del nostro gruppo…

La violenza è inaccettabile e chi si rende protagonista di aggressioni di quel tipo, a mio avviso, è incompatibile con qualsiasi funzione pubblica, figuriamoci lavorare in una scuola. Io sono per usare il pugno duro con queste persone.

Qualcuno, anche importanti scienziati, arriva a minacciare i no vax dicendo: se non ti vaccini e ti ammali, poi ti paghi le cure di tasca tua. Lei che dice?

Non sono d’accordo, penso che la cosa più bella del nostro servizio sanitario nazionale sia l’impianto universalista, cuore del lascito dei padri costituenti. Se una persona sta male, non conta quanti soldi ha, di che colore è la sua pelle, dove è nata o se ha fatto il vaccino anti Covid: per me deve essere curato. È chiaro che chi non si vaccina fa un danno prima di tutto a se stesso e poi produce un costo per la nostra sanità, ma il principio della cura per me non può essere messo in discussione.

Intanto, dall’Aifa è arrivato il via libera alla terza dose di vaccino per i soggetti più fragili e gli anziani: qual è il piano?

Avviamo un percorso per alcune categorie con particolare deficit immunitario, arriverà una specifica circolare del direttore della Prevenzione Rezza per indicare a chi sarà somministrata in via prioritaria. Per i soggetti fragili è più corretto parlare di completamento del ciclo vaccinale, piuttosto che di terza dose, visto che può anche essere ravvicinata rispetto alla seconda iniezione, mentre in generale devono essere passati almeno sei mesi. In una seconda fase daremo priorità agli anziani nelle Rsa e agli ultraottantenni, poi il personale sanitario.

Dovremo abituarci a fare tutti un vaccino anti Covid ogni anno, visto che è ormai accertato un calo delle difese immunitarie dopo alcuni mesi?

È probabile che, per un po’ di tempo, siano necessari richiami periodici. È una questione da approfondire, ma non si può escludere. Del resto, il vaccino sarà sicuramente migliorato e adattato alle varianti: gli scienziati sono al lavoro, come le agenzie e le aziende farmaceutiche, per trovare contromisure ancora più efficaci contro il virus.

Alla fine di questa seconda estate dell’era Covid, come siamo messi? Stiamo vincendo la battaglia?

Stiamo molto meglio rispetto all’anno scorso, abbiamo avuto un’estate quasi senza misure restrittive, quelle del 2020 sono un lontano ricordo. Il merito è dei vaccini, perché abbiamo un numero di contagi medio, ma un tasso di ospedalizzazione sotto controllo. Con lo stesso numero di nuovi casi, in altri tempi avremmo avuto un’esplosione di ricoveri. Ovviamente la battaglia è ancora in corso, non abbiamo vinto, ma sono ottimista: il tasso di vaccinazione salirà ancora in Italia e in tutto il mondo, creando le condizioni per una gestione del virus.

Domanda finale: da ministro della Salute si è trovato meglio con Conte o con Draghi?

Bene con tutti e due, da entrambi i presidenti del Consiglio c’è stata sempre la giusta sensibilità, hanno saputo mettere la salute delle persone prima del resto, anche di fronte a spinte opposte. Conte ha avuto il coraggio di chiudere tutto quando, per primi, abbiamo deciso di farlo. Draghi ha posizioni nette sulle vaccinazioni e sulle misure per incentivarle.