Speranza: alla sanità servono 20 miliardi, con il Mes li avremmo subito

Politica e Primo piano

Colloquio con La Stampa

di Davide Lessi

C’è orgoglio dalle parti degli uffici ministeriali di Lungotevere Ripa. Ma altrettanta preoccupazione. «Vedete ci cita anche il New York Times», dice fiero ai suoi il ministro della Salute Roberto Speranza. Tra le mani ha il cellulare con il commento pubblicato da Paul Krugman, l’economista premio Nobel. “Why Can’t Trump’s America Be Like Italy?”, si legge nel titolo. Ovvero ci si chiede «perché l’America di Trump non può essere come l’Italia?». E poi il sommario: «Sul coronavirus il malato d’Europa (l’Italia, ndr) ci fa vergognare».

Ma c’è poco tempo per festeggiare. L’allerta rimane e viene confermata, anche questa, sullo smartphone. «Allarme in Francia, circolazione virus in netto aumento», titola l’Ansa. «Visto? Non stiamo sbagliando», dice Speranza. E commenta così la decisione presa dopo un vertice con i ministri Di Maio (Esteri) e Amendola (Affari europei): l’ordinanza che dispone la quarantena per chi negli ultimi 14 giorni abbia soggiornato in Romania e Bulgaria. «Il virus non è sconfitto», spiega il ministro. «Le prossime settimane rappresentano un passaggio decisivo. Dobbiamo avere le risorse da investire nel sistema sanitario». E da esponente di LeU si spinge oltre: «Il Mes? Va bene che questi soldi arrivino in modo certo e veloce. E siano immediatamente disponibili». Un messaggio rivolto anche a Palazzo Chigi: alla sanità servono subito 20 miliardi per una «rivoluzione copernicana», non è il caso di tergiversare.

«Occorre ancora prudenza e attenzione», professa Speranza da Facebook. Il senso dei richiami, lui che sui social si definisce «padre di Emma e Michi» prima di ministro, lo spiega così: «Non possiamo sprecare i sacrifici enormi fatti dagli italiani». Quasi due mesi di lockdown: un Paese costretto in casa per Dpcm, le scuole chiuse, enormi ripercussioni economiche e psicologiche. Ecco, perché, è la convinzione del governo, «l’Italia non può permettersi di tornare indietro». «Con i contagi siamo in una linea di galleggiamento – argomenta Speranza – . Non riusciamo a farli scendere ma nemmeno stanno risalendo. Non siamo più da molto tempo i malati d’Europa ma il problema è quello che sta accadendo attorno a noi». Pensa alla confinante Francia (più di 1000 casi in 24 ore), al Belgio e poi a quei Balcani che tanto preoccupano gli amministratori AGF locali. «Sì, le prime segnalazioni sulle persone che tornavano dalla Romania e dalla Bulgaria mi sono arrivate dalle nostre regioni». E così, dopo le valutazioni interministeriali, si è deciso per la quarantena obbligatoria per chi viene da quei due Stati europei. «Dal 3 giugno, data di fine lockdown, siamo il primo Stato a prendere una decisione così drastica nei confronti di due Paesi membri dell’Ue. Non lo faccio a cuor leggero, ma è necessario».

La stessa misura pensata per Romania e Bulgaria è già vigente per i Paesi extra-Ue ed extra Schengen. E non è nemmeno la decisione più drastica: basti pensare all’ordinanza con cui lo scorso 9 luglio il ministro in concerto con i colleghi di Esteri, Interno e Trasporti ha bloccato l’ingresso in Italia da 13 Paesi (tra cui Brasile, Bosnia Erzegovina e Perù). Ma la sensazione è che non finirà qui: «Non escludo che nei prossimi giorni misure analoghe, per quanto dolorose, saranno necessarie anche nei confronti di altri Paesi europei», dice. E il pensiero va a Parigi, Bruxelles, Berlino.

L’emergenza non è finita, dunque. E lo stato d’emergenza neppure. «Abbiamo deciso di prorogarlo fino al 31 ottobre», conferma Speranza. E spiega l’iter: «Faremo due passaggi parlamentari, martedì e mercoledì, poi subito dopo la decisione andrà in Consiglio dei ministri». Schiva le polemiche il ministro, soprattutto quelle che arrivano dall’opposizione e dal segretario leghista Matteo Salvini di utilizzare un regime di eccezione per limitare le libertà degli italiani o peggio, come sostiene il segretario della Lega, «per importare gli infetti». «La verità – taglia corto il ministro – è che avevamo provato a evitare la proroga, ma avremmo avuto comunque bisogno di singoli pezzi di poteri d’eccezione per emettere le nostre ordinanze a tutela della salute degli italiani».

Il cruccio di Speranza resta quello: i 20 miliardi che mancano alle casse pubbliche per rifondare la sanità. «Le risorse devono arrivare». Come? Con ulteriore deficit? «Sì, se necessario». E il Recovery Fund? «Va bene». Ma aggiunge: «Meglio il Mes perché i soldi arrivano subito, mentre con il Recovery, se va bene, li vediamo nel 2021». Nessun pregiudizio, dunque, sul meccanismo di stabilità europeo. «È inaccettabile non avere le risorse da investire». Gli alleati del M5S e il premier Conte sono avvisati.