Scotto: la sfida immediata per la sinistra: rompere il blocco dei populismi

Politica e Primo piano

Intervento su Strisciarossa.it

di Arturo Scotto

Allarme rosso. La sinistra rischia di morire di pigrizia. Persa la funzione pedagogica, ora smarrisce anche la curiosità. La polemica aperta sulla due giorni di politica, dispiegatasi tra il convegno di Italiani Europei e l’assemblea “Ricostruzione”, sembra ammalata di retroscenismo posticcio. Interamente concentrata sulle formule elettorali. Voglio rassicurare chi in questi mesi si sta dividendo le spoglie del grande partito che fu: non siamo interessati a inseguire fantasmi. La preoccupazione riguarda la democrazia italiana, dove rischia di cristallizzarsi una dialettica esclusiva tra Lega e Cinque Stelle, che svolgono il ruolo di maggioranza e opposizione insieme. Con la sinistra fuori dai giochi per molti anni. 

1. D’Alema e Bersani hanno dichiarato più volte la disponibilità a dare una mano, senza ruoli diretti di direzione politica. Mi risulta tuttavia che conservino ancora i diritti civili e politici. Mi auguro che anche dalle parti del Pd la pensino allo stesso modo. Sarebbe una forma di maccartismo indecente.

2. Il rispetto per le primarie del Pd è totale. Quella comunità politica rappresenta una miniera di militanza e di passioni ancora utili all’Italia. Da loro ci divide l’analisi della fase attuale e il giudizio sul passato. L’enormità della sconfitta impone a tutti una riflessione critica, a partire dall’illusione che bastasse incoronare una leadership per recuperare credibilità, senza misurarla invece nel fuoco della battaglia sociale e politica. Aver visto per tempo la frattura apertasi tra sinistra e popolo è stata una condizione necessaria, ma non sufficiente. Dobbiamo farci i conti. 

3. Le diverse forme di vita oggi a sinistra – radicale e riformista, moderata e massimalista – sono largamente insufficienti. Non è solo una questione di sondaggi. Riguarda la direzione di marcia. La sinistra o è partigiana o non è. Nessuna visione neutrale dei processi economici armonica, neutrale, pacificata la salverà. Il conflitto è il sale della sinistra. E neanche la scorciatoia dell’ennesimo papa straniero in nome di un cartello elettorale utile a superare uno sbarramento. Onestamente davvero poco. 

4. Serve molto di più di quello che c’è. Innanzitutto una svolta rispetto alle politiche di questi anni. Renzi non perde perché è maleducato. Lettura riduttiva e consolatoria. Viene sconfitto perché le diseguaglianze crescono anche negli anni in cui al Governo c’era il Pd. Non basta dire dovevamo ascoltare di più. Il problema non è auricolare, ma sensoriale. Aver smantellato tutte le casematte, elogiando la disintermediazione, ha disarmato tutti. 

5. A questa destra – dal volto popolare e con il portafoglio padronale – va contrapposta una proposta che coniughi socialismo ed ecologia, diritti del lavoro e riconversione, difesa delle libertà e domanda di protezione sociale. La sinistra che in giro per l’Europa riesce a rialzare la testa e a riaprire una prospettiva di governo sta su questi assi politici e culturali. Purtroppo in Italia non siamo nemmeno ai titoli di testa, mentre il governo fa il solletico all’establishment. Non mi stupirei che la povertà morale della vecchia borghesia italiana alla fine dia il via libera definitivo a una destra d’ordine, ricacciando i dilettanti all’opposizione, in cambio di una stabilizzazione liberista e autoritaria insieme. Salvini rischia di essere, per uno scherzo della storia, ancora una volta l’autobiografia del paese. 

6. Una sinistra pigra è quella che non guarda a quanto accade nel Pd e agli elementi di novità che potrebbero affacciarsi. La curiosità è un pregio, non un tradimento. Eppure quel dibattito appare ancora viziato da posizionamenti di potere, persino con elementi di trasformismo interno diffuso e trasversale. Si fa fatica a intravedere la differenza tra le diverse piattaforme, se non attraverso uno stucchevole gioco delle biografie davvero poco interessante. L’ennesima occasione sprecata.

7. Il Pd non è il nostro approdo. E’ dentro un ciclo storico esaurito. La sintesi tra matrice socialista e liberale si è schiantata con la crisi del ceto medio e il ripiegamento della globalizzazione. Non tornerà più. E’ il tempo invece di un’operazione più contemporanea per ridare autonomia alla politica rispetto al mercato, restituite allo Stato una funzione regolatrice, riconoscere che esiste ancora il conflitto sociale tra chi vive di lavoro e un capitalismo dissipativo delle risorse del pianeta. Noi lavoriamo a questo. 

8. Parlare al M5S non significa esserne subalterni. Nuovo mantra dei fautori di una vocazione maggioritaria che via via è naufragata nel minoritarismo. Però nessuno riesce a spiegare perché in un sistema proporzionale – dove i governi si fanno in Parlamento – è stato giusto far saldare Lega e M5S. Illudendosi che fossero la proiezione di un blocco unico di interessi sociali e di aspirazioni culturali. La differenza tra l’antipolitica e la politica risiede nella capacità di operare distinzioni, di individuare le sfumature, di dividere gli avversari. E’ la prima lezione che insegnano a chiunque nella sua vita sia entrato almeno una volta in una sezione di partito.  

9. La sinistra non tornerà al potere se non separa quel blocco. Per farlo bisogna essere sfidanti. Non limitarsi a gridare al lupo al lupo. Il reddito di cittadinanza parla a un elettorato ampio che ha pagato di più la crisi. Soprattutto al Sud. Non è la risposta, ma è una risposta. Criticare chi la chiede significa non capire la diffusa domanda di ritorno a politiche pubbliche che c’è in una parte del paese. A meno che essere disoccupato sia una colpa. Chi lo pensa si apra una fabbrica di brioches piuttosto che militare in un partito.

10. La strada è una, i percorsi plurali. Manca una sinistra democratica e popolare che rivitalizzi un campo dell’alternativa. Questa passa anche per la scomposizione dei blocchi attuali. Sarà più facile ragionare insieme, sgomberando definitivamente il campo da teorie false come quelle del fuoco amico. Lettura troppo comoda. La sconfitta piuttosto scaturisce da un inedito caso di autocombustione politica. Le traduzioni elettorali seguiranno. Innanzitutto se avremo un’analisi convergente – come si domandava al convegno di Italiani Europei Nichi Vendola – su “a che punto è la notte”. E, dunque, a che livello è la sfida che ci attende.