Scotto: il M5S non è di sinistra. L’agenda progressista è quella del Pd

Politica e Primo piano

Colloquio con Il Foglio

di Gianluca De Rosa

“Io faccio fatica a pensare che il M5s sia una forza di sinistra”. Arturo Scotto, coordinatore nazionale di Articolo Uno e candidato in seconda posizione nel collegio plurinominale di Firenze e Pisa alla Camera dei deputati nelle liste del Pd, insieme a Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza è stato tra i primi a credere alla possibilità di portare a sinistra il M5s, ma dopo lo strappo consumato con la caduta del governo Draghi, non ci sta a farsi strappare il bollino di forza progressista dai grillini.  “Noi – sostiene l’ex deputato – abbiamo sempre sostenuto e continuiamo a dire che il lavoro che abbiamo fatto in questi anni per tirare i 5 stelle fuori dall’ambiguità del ‘oltre la destra e oltre la sinistra’ è stato un lavoro importante, non lo rinneghiamo: i 5 stelle adesso non sono di destra, ma la sinistra è un’altra cosa”.

Eppure, pochi giorni fa, Stefano Fassina, compagno di partito di Scotto prima nel Pd e poi in Leu, durante la presentazione del suo nuovo libro insieme al leader del M5s Giuseppe Conte ha detto una cosa diversa. “Sinistra è chi la sinistra fa”. E il riferimento era evidentemente all’agenda del M5s dell’ex presidente del consiglio, considerata più ambiziosa di quella del Pd e dei suoi alleati a sinistra, come Scotto appunto. “Mi auguro che Fassina organizzerà un confronto anche con la lista Italia democratica e progressista”, dice il coordinatore di Articolo Uno. “Perché l’unico programma di sinistra lo abbiamo noi: dalla progressività fiscale, con la legge d’impianto tedesco, e il ripristino della tassa di successione, non mi pare che queste proposte siano nel programma di Conte e dei 5 stelle, nonostante quella tassa, abolita da Berlusconi, abbia aumentato le diseguaglianze nel nostro paese”. Non lo dice così, ma per Scotto le scelte politiche di Conte lo hanno messo fuori dal campo di una sinistra seria. “La sinistra – dice – si pone il tema della tenuta democratica del paese e non di una percentuale in più. Inoltre noi siamo contro la flat tax mentre i 5 stelle rivendicano che nel primo governo Conte sia stata introdotta al 15 per cento per le partite Iva fino a 65mila euro. Nella coalizione progressista invece c’è stata una svolta: l’addio al Jobs Act”. 

Se Giuseppe Conte si rode il fegato per non essere riuscito, lui, a portare Jean-Luc Mélenchon, il leader francese di cui sogna di ripetere in Italia i successi elettorali, in piazza, a Scotto il sostegno del politico francese all’Unione popolare di Luigi De Magistris scivola addosso senza lasciare delusione. “Mélenchon – dice – sceglie in Italia i riferimenti che vuole, già quattro anni fa sostenne la lista di Potere al Popolo. Lui rappresenta una grande personalità della sinistra in Europa, e in Francia rappresenta molto di più di quanto può fare Unione popolare qui da noi, dove c’è un’offerta politica di sinistra e di governo che ancora intercetta il voto differenziato che Mélenchon è riuscito a raccogliere lì perché era l’unica leadership che poteva farcela”. Il coordinatore di Articolo Uno però riconosce almeno all’Unione popolare un’identità vera. “A differenza del M5s, comunque, Unione popolare rappresenta legittimamente una forza politica di sinistra, ma non ha mai preso in considerazione il tema del governo, hanno un’impostazione sideralmente distante alla nostra cultura politica, estremistica e ultraradicale. Lo stesso Mélenchon al Quadraro ha detto di aver avuto sempre una grande ammirazione per il comunismo italiano, ma l’esperienza politica di Unione popolare viene dall’autonomia e dai movimenti che guardavo il Pci come un nemico del popolo. Forse gli hanno sbagliato la traduzione”.