Scotto: con la solidarietà e il welfare vinceremo la battaglia contro il virus

Politica e Primo piano

Intervista a Avgi, quotidiano di Syriza

di Argiris Panagopoulos

“In Europa dobbiamo vincere la battaglia della solidarietà contro le politiche della Germania e dei suoi alleati, che ci hanno già portato nell’abisso dell’austerità, perché altrimenti ricostruire i nostri paesi dopo la fine della pandemia porterà a una crescita delle disuguaglianze e della disoccupazione. Nell’eurogruppo c’è stato un compromesso parziale. L’ostruzionismo dei paesi del Nord sugli eurobond è preoccupante. Al prossimo vertice europeo insisteremo su uno strumento comune per la  mutualizzazione del debito. Questa è la posizione unitaria di tutto il governo italiano. La curva del coronavirus sembra aver preso una tortuosa strada verso il basso. Ora dobbiamo pensare il giorno dopo per la sanità pubblica e come fare ripartire la nostra società e la nostra economia in condizioni nuove, più sociali e più eque”, ha detto ad Avgi Arturo Scotto, coordinatore dell’iniziativa politica di Articolo Uno, che partecipa al governo di Giuseppe Conte con il ministro della Sanità Roberto Speranza.

Com’è la situazione questo momento sul fronte del coronavirus?

Sembra che stiamo andando verso la diminuzione della curva, che finalmente lascia molte speranze. Il numero delle persone nei reparti di terapia intensiva si è significativamente ridotto. Questo è un momento paradossalmente pericoloso, perché il rischio di allentare le misure potrebbe portare a una nuova impennata di ritorno del virus, come è accaduto a Hong Kong. Possiamo sperare in una graduale uscita dalla crisi soltanto se rispettiamo le prescrizioni fino in fondo.
Il numero di vittime è ancora molto elevato, ma il ricorso alle unità di terapia intensiva è diminuito a un ritmo sorprendente. Il Comitato tecnico scientifico ha sottolineato che, se in precedenza ciascun contagiato trasmetteva il virus a 3 o 4 persone, ora potrebbe non trasmetterlo a nessuno o al massimo ad una persona, poiché la relazione è calata da 1:3 e 1:4 a 1 a meno di 1 persona, grazie alle misure restrittive. Il punto è come torneremo alla normalità. La Confindustria sostiene che dovremmo aprire tutto e subito, i sindacati sostengono giustamente che il riavvio dell’attività produttiva è importante anche per le attività non essenziali, ma ciò deve essere fatto in sicurezza. Stiamo parlando di un paese con più di mille morti all’anno a causa di infortuni sul lavoro, perché le aziende non adottano le misure di sicurezza necessarie.

A Bergamo, Brescia e altre aree continuano a lavorare in molte grandi fabbriche.

Sfortunatamente, stanno arrivando molti nodi al pettine. Questa pandemia incrocia una crisi politica e istituzionale italiana che dura da tempo, che consiste innanzitutto nella frammentazione delle competenze, nelle responsabilità concorrenti tra lo stato e le Regioni, un sistema federale che è stato costruito male e ha continuato ancora peggio, che ha moltiplicato i centri di decisione per la spesa e i tentacoli della corruzione e che oggi, di fronte all’emergenza, sta mostrando tutte le sue falle. Il fatto è che abbiamo 20 diversi sistemi sanitari regionali, in un momento di emergenza, che richiede un grande centralizzazione, una centralizzazione completa, a partire dalle varie disposizioni, e questo non è possibile. Perché devi negoziare tutto per avere il consenso necessario tra lo stato e le regioni. Questo è stato chiaro in questa crisi. La Lombardia ha preso la sua strada, altre Regioni hanno preso la loro strada e oggi c’è la difficoltà obiettiva di pianificare una via d’uscita dalla crisi. La Lombardia è la regione d’Europa che è stata colpita più duramente dal coronavirus, con una popolazione di 10 milioni di persone, quasi come la Grecia, e ha avuto più di 10.000 morti. Questo dimostra che un sistema sanitario che si è basato negli ultimi 20 anni sulla sanità convenzionata con i privati, l’annullamento della medicina di territorio e un’ospedalizzazione forzata, ha portato alla catastrofe. Lo testimoniano i numeri imponenti di oggi.

Il governo Conte ha adottato misure senza precedenti per sostenere le famiglie e l’economia: si parla di 750 miliardi.

Il governo, con il decreto “Cura Italia”, ha assicurato ai lavoratori la protezione dal licenziamento per almeno nove settimane e ha assicurato a loro il sussidio di disoccupazione. Ha bloccato i licenziamenti prima del 23 febbraio, quando sono state annunciate le prime misure restrittive.
Ma la sfida riguarda il giorno dopo. Abbiamo dato 3 miliardi alla sanità pubblica – grazie alla battaglia di Roberto Speranza – e probabilmente ne serviranno altri 3 di miliardi; dobbiamo pianificare la via d’uscita dall’emergenza sanitaria, creare ospedali esclusivamente per il coronavirus, investire in nuove tecnologie, creare un modello di cura e contatto a distanza con i casi più lievi dei contagiati per evitare la loro moltiplicazione, perché dovremo convivere con il virus per parecchio tempo fino a quando si trovi il vaccino. Il governo vuole sostenere le aziende con 400 miliardi, il che ridurrà la pressione su alcuni settori dell’economia, come il commercio e le piccole e medie imprese, che probabilmente smetteranno di funzionare per due o tre mesi. Il governo sta cercando di garantire la loro ripresa. Queste misure sono accompagnate da piani di politiche per l’innovazione tecnologica e l’ambiente: così si salvano i posti di lavoro. Questo piano di sostegno alla liquidità ha bisogno del contributo dell’Europa, che al momento è troppo debole. La battaglia che stiamo conducendo con gli altri paesi del sud europeo per non finire come la Grecia nel periodo della Troika è di fondamentale importanza. A partire dal controverso Meccanismo europeo di stabilità. Chiediamo che non vi siano condizioni sulla ristrutturazione del debito che facciano pagare costi giganteschi all’Italia, alla Spagna, alla Grecia e a molti altri paesi. Perché questa crisi è simmetrica e come tale deve essere trattata.

Conte sembra essere diventato una figura politica importante nelle ultime settimane, alzando la testa di fronte alla Germania e ai suoi alleati…

Dobbiamo dire nel modo più onesto possibile che la figura di Conte sta attualmente emergendo con grande forza, con grande prestigio, con grande determinazione e soprattutto con una direzione politica e culturale molto prossima allo spazio democratico e progressista. Non uso la parola sinistra, perché può apparire troppo netta. Conte è riuscito a creare alleanze all’estero che alludono alla possibilità di scrivere finalmente un’altra storia e che la destra non può più usare la paura per mantenere la sua egemonia nello scenario politico, facendo credere che vincerà automaticamente e solennemente le prossime elezioni. In un momento di crisi, ci sono molti fattori che concorrono alla stabilizzazione di una leadership ed è naturale che il popolo italiano si affidi a chi esercita in quel momento specifico l’amministrazione, esprimendo le proprie preoccupazioni, paure e speranze. Questo sentimento potrebbe essere vero anche per altri nella posizione di Conte, tuttavia Conte ha mostrato coraggio e determinazione rivendicando un meccanismo europeo di stabilità (MES) non accompagnato da Memorandum, sta portando avanti la battaglia per gli eurobond, che sono una rivendicazione chiave del centro-sinistra e della sinistra europea, che la Germania contrasta da anni a causa delle sue ossessioni sul debito. La proposta di Conte e del governo italiano ha come obiettivo di salvare l’Europa, perché questa crisi simmetrica rischia di portare alla miserabile fine dell’Europa e alla sua completa frammentazione. In Italia, la Lega prende molti voti, ma i sondaggi mostrano che il suo elettore medio non vuole lasciare l’Europa. Oggi, questi sondaggi stanno cambiando e dobbiamo capire che stanno aumentando i sentimenti di antipatia, fastidio per le contrapposizioni dentro l’Europa, la sua incapacità di essere al 100% un’Europa di solidarietà, che può aprire la strada ad avventure pericolose. Se arriva un nuovo periodo di austerità in Europa, la Grecia si troverà in una posizione ancora peggiore dell’Italia, sebbene, grazie al popolo greco, al governo di Tsipras e di SYRIZA, la Grecia era riuscita a riconquistare la sua dignità e uscire dai memorandum. Il problema oggi è in che direzione portiamo le nostre risorse. SYRIZA e Tsipras avevano ragione quando hanno sostenuto la società e salvato le persone. Aveva ragione Tsipras quando ha affermato che la salute è un diritto universale e pubblico di tutte le persone, una visione alternativa alla Nea Demokratia di Mitsotakis che vuole dare gli ospedali ai privati. L’Europa emergerà dalla crisi solo se protegge i più vulnerabili, se sostiene l’occupazione, se rilancia la sanità pubblica e l’istruzione. Solo in questo modo affronteremo il populismo e combatteremo la retorica della destra. Abbiamo bisogno di uno stato sociale che investa dopo decenni nella sanità pubblica e nell’istruzione.

Pare che una parte dell’establishment abbia dichiarato guerra al governo di Conte a lui personalmente cercando il salvatore nella figura di Mario Draghi. Cosa stanno facendo Salvini e la Lega?

Ho l’impressione che Conte stia facendo quello che Draghi avrebbe fatto. Lo dico nel modo più semplice possibile. Nel suo articolo sul Financial Times, Draghi ha sostenuto l’idea dell’emissione comune del debito e che dovremmo usare tutti gli strumenti possibili per evitare la crisi. In pratica sostenendo l’emissione di eurobond senza nominarli. Indica insomma questa strada da percorrere e dice che questi difficili meccanismi dell’Ue non sono sufficienti. Conte si sta muovendo in quel solco. È ovvio che in Italia ci sono forze, e probabilmente anche in Europa, a cui l’autonomia di Conte non piace. Il suo Governo gestisce una situazione così complessa e imprevedibile in questo momento, che può avere enormi conseguenze sulla vita delle persone e nel mezzo degli enormi interessi in gioco, una maggioranza sostenuta dal Movimento Cinque stelle, dal Partito democratico e dalla sinistra. C’è chi lavora per evitare che i protagonisti che gestiranno la ricostruzione del paese dopo la fine della pandemia appartengano a questa maggioranza, perché l’establishment la considera ancora oggi inaffidabile, perché ha una sensibilità sociale che pone l’interesse pubblico e il settore pubblico davanti agli automatismi del mercato. Anche nella Lega si apre una divaricazione di prospettiva. Non parlo della “Lega di Salvini” –  come partito a livello nazionale ottiene il 30% a Varese e a Napoli, a Palermo e a Torino – ma del suo gruppo dirigente, “La Lega del Nord ”e gli interessi produttivi che esprime, che sono geograficamente limitati, che sono pienamente dentro la catena di produzione della Germania. Si tratta di un mondo che senza l’Europa muore, non si rialza. Questa “Lega Nord” non può nemmeno  per un momento  pensare di lasciare l’Europa. Allora cosa dicono oggi a Salvini? Che questo non è il momento di fare colpi di testa e che questo è il momento di un governo di unità nazionale, che permetterà “a noi” della Lega di partecipare alla cabina di regia per ricostruire il paese. Questa è l’opinione espressa molto tempo fa dal vicesegretario della Lega, Giorgetti, che era sottosegretario alla presidenza del primo governo Conte e ministro degli esteri ombra della Lega. Ormai da mesi Giorgetti propone un governo di unità nazionale con Draghi come primo ministro, perché Draghi garantisce quelle relazioni con l’Europa che la Lega non ha. Questo sbocco istituzionale è stato sostenuto per qualche tempo, e forse ancora oggi, da Matteo Renzi, per eliminare l’anomalia di un governo di coalizione di centro-sinistra e del Movimento cinque stelle che non piega la testa agli interessi di Confindustria, che parla con i sindacati, che ha adottato e finanzia il reddito di cittadinanza e che a livello internazionale non si inchina di fronte alla Germania. Non credo che Draghi partecipi a questo piano e alla sua realizzazione. Non mi sembra, perché lui ragiona su piani completamente diversi. È ovvio che settori dell’establishment e della Lega e una parte del centro-sinistra, a partire da Renzi, hanno come obiettivo di creare un governo più “neutrale”, più capace di partecipare alla dialettica europea senza colpi di testa e di parlare la lingua del mondo degli affari e della produzione del paese, che attraversano una crisi oggettiva. Queste forze erano in crisi prima del virus, perché una parte dell’imprenditoria italiana ha perso punti di competitività sul mercato globale e la sua capacità di essere all’avanguardia a livello internazionale, perché ha quasi sempre attinto al denaro pubblico, senza scommettere sull’innovazione, senza sostenere un’occupazione stabile e di qualità e senza alcuna sensibilità ecologica. Il capitalismo italiano è sempre stato un capitalismo socialmente cinico e parassitario, perché è più facile fare il capitalista con il denaro pubblico.

In Italia abbiamo visto medici provenienti da Cuba, dalla Cina, dell’esercito russo, ma molti si chiedono dove sono i vecchi alleati naturali del paese?

Sulla solidarietà tra sistemi sanitari faccio notare che anche la Germania ospita pazienti italiani nelle sue unità di terapia intensiva. La Germania ha 23.000 unità di terapia intensiva, mentre l’Italia oggi ha tra le 8.500 e le 9.000. Dall’inizio della crisi, abbiamo creato più di 3000 unità di terapia intensiva nuove, dimostrando una grande efficienza della macchina dello Stato, della Protezione civile e del ministero della Salute guidato da Roberto Speranza. L’Italia ha ricevuto una solidarietà senza precedenti. Di Cuba non mi meraviglio perché ha un eccellente sistema di assistenza sanitaria e ha assistito chi ha bisogno in tutto il mondo, da sempre, nonostante un embargo vergognoso che dura da mezzo secolo. Questo piccolo paese ha reagito con rapidità immediata inviando i suoi medici in Lombardia. Una cosa straordinaria. La Russia ci dà un grande sostegno, qualcosa che non era scontato, nonostante le sanzioni imposte dall’Ue, sanzioni che in qualche misura impediscono alla Russia di diventare un paese veramente democratico e sfuggire al tradizionale autoritarismo dei suoi leader. La politica delle sanzioni rafforza i regimi, come è noto da sempre. La Cina ci offre un aiuto significativo, che non è sempre gratuito. Le mascherine non ci vengono regalate, ma le compriamo. La Cina è ovviamente interessata ad aiutare l’Europa in questa fase, evidentemente a causa dei suoi legittimi interessi egemonici. La crisi dell’Europa può aprire un’autostrada per profondi cambiamenti geopolitici. I paesi che non sono nell’alveo delle democrazie, ma che hanno regimi autoritari e oppressivi, coltivano un disegno egemonico che non va sottovalutato. Questo perché l’Europa non riesce a farsi stato, resta un nano politico e fatica a delineare una prospettiva di lungo periodo introducendo elementi di effettiva solidarietà. La paralisi, l’impotenza, l’egoismo nazionale alimentano, come ben sappiamo, pratiche pericolose per la democrazia e sentimenti antieuropei. Pulsioni regressive che l’Italia non aveva mai vissuto fino ad ora. C’è da preoccuparsi molto.