Scotto: basta tecnici e agende, impariamo da Lula

Politica e Primo piano

Intervista a Il Riformista

di Umberto De Giovannangeli

“Giustizialismo per i poveri, condoni per i ricchi. Sta nascendo lo Stato di polizia classista”, afferma Arturo Scotto, neo parlamentare e Coordinatore nazionale di Articolo Uno.

Molto si discute sul decreto anti-rave del governo.

I Rave Party sono uno specchietto per le allodole. Il 434 bis riguarderà gli operai che occupano le fabbriche, gli studenti che occupano le scuole e le università ed altro ancora, persino le scampagnate tra amici. Sono la destra, per loro l’ordine pubblico si fa così: basta aumentare le pene su reati di presunto allarme sociale. Soprattutto quelle che toccano la sacralità della proprietà privata. Bisogna mobilitarsi senza se e senza ma contro questo scempio. Del diritto e del buonsenso.

L’autoscioglimento del Pd come passaggio ineludibile per riaprire una prospettiva a sinistra. Così Mario Tronti in una intervista a questo giornale.

Nessuna sconfitta, nemmeno la più cocente, può giustificare un autoscioglimento. Siamo nell’ambito di una provocazione intellettuale sbagliata, mi pare. Qui il tema è come si reimpianta una sinistra politica nel paese reale, non dichiarare il rompete le righe. E dal Pd non può prescindere nessuno, lo dico da non iscritto a quel partito. Per la prima volta si affacciano due progetti politici nel campo del centrosinistra che puntano direttamente a sostituire il soggetto principale dello schieramento. Da un lato Calenda e Renzi con la suggestione tecnopopulista di impronta macroniana, dall’altro Conte che comincia a rompere l’ambiguità dell’oltrismo tra destra e sinistra e si colloca nel campo progressista. Tutte posizioni da verificare. Si è detto: non abbiamo fatto la fine dei socialisti francesi. Vero, ma se non si ricostruisce una missione strategica, se non si ripensa identità e organizzazione quell’appuntamento è solo rinviato.

Come realizzare questa prospettiva?

Io credo vada aperto un processo costituente vero, senza rete e senza barriere. La lettera agli iscritti di Enrico Letta tracciava questa linea. A quel processo può partecipare anche chi non è iscritto al Pd, in forma individuale o collettiva, come stabilito dalle regole approvate dalla direzione. La comunità di Articolo Uno è interessata a questa novità se tale è perché vuole dare una mano alla ricostruzione di una sinistra plurale, democratica e di governo. Che chiuda la stagione del centrismo pigliatutto che è fallito davanti alla crisi delle classi medie occidentali, lasciandoci a mani nude a combattere una battaglia terribile contro la destra peggiore di sempre. Ci siamo presentati alle elezioni senza che questi nodi fossero sciolti del tutto, nonostante un programma politico molto avanzato su diritti, ambiente, lavoro. Letta ha annunciato che finalmente il Pd superava il Jobs Act. Non è bastato per riconnetterci a un pezzo di mondo del lavoro. In quelle ferite bisogna starci prima, non solo in una campagna elettorale. Mi hanno molto colpito le parole di Orlando in direzione: il tema è da che parte del conflitto sociale ti collochi. Non si può stare più in mezzo.

Letta ha evocato un partito “pugnace”. Lei come declina questo aggettivo?

Opposizione pugnace significa che si comincia dai temi e quei temi non si esauriscono in Parlamento. La destra sarà molto attenta a non disturbare alcuni potentati economici – sul fisco avremo una regressione clamorosa sia nella lotta all’evasione sia sul rischio della fiat tax – mentre sarà feroce nel far cadere alcuni santuari ideologici che parlano al suo elettorato. Innanzitutto, sul terreno dei diritti: il riferimento alla Polonia fa rabbrividire. E poi attaccherà, lo sta già facendo, il modello di precauzione sanitaria di Roberto Speranza, in linea con le simpatie no vax che non ha mai disdegnato. Per planare infine sul reddito di cittadinanza e sullo sfondamento della Costituzione, imponendo la svolta presidenzialista. Su quest’agenda si misurerà anche la tenuta dell’opposizione. Capiremo se alla fine Calenda e Renzi saranno contro o se – come penso – si accomoderanno al tavolo interpretando fino in fondo il ruolo di ascari del pensiero unico della destra. Noi dobbiamo tirare una riga netta con la destra in tutte le sue articolazioni e chiudere, come ha detto anche Letta, la stagione dei governi tecnici. Se cade il Governo Meloni, siano gli italiani a decidere con il voto chi dovrà sostituirli. Così la piantiamo di baloccarci con agende e agendine che sono rivelate solo un gingillo nelle mani di un establishment annoiato che mentre fingeva di rimpiangere Draghi si precipitava a sdoganare la Meloni.

Un tema cruciale è quello della guerra.

La guerra di Putin è sporca e sanguinaria. Nessun ponte saltato in Crimea può giustificare un bombardamento sui civili innocenti. La rappresaglia è il comportamento tipico di chi non conserva alcuna forma di umanità. Noto tuttavia una regressione nel dibattito italiano dove su grandi questioni internazionali si giocano miopi posizionamenti interni. Come l’attacco ossessivo al movimento pacifista. Ora che si riaffaccia all’orizzonte l’olocausto nucleare c’è bisogno più che mai di un movimento per la pace che spinga le cancellerie occidentali a cercare una via per il negoziato e per riprendere un’iniziativa sulla moratoria definitiva sulle armi atomiche. Discutibile che l’Italia non abbia ancora ratificato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, il TPNW: per questo la prima Pdl che ho presentato in questa legislatura ne chiede l’adesione. Tutti sanno che un accordo di pace si fa tra i nemici in campo. E dunque prima o poi Zelensky e Putin dovranno sedersi allo stesso tavolo. Serve che chi ha torto paghi un prezzo. E il torto lo ha Putin. Ma serve anche la razionalità di fermarsi e trovare una soluzione che eviti l’irreparabile. Con realismo. Perché di fronte al rischio di estinzione del genere umano una guerra nucleare contempla questo il realismo è una forma di coraggio necessario per riaprire la via della pace. Per questo saremo in piazza a Roma il 5 novembre.

Lula presidente del Brasile. Che messaggio è?

È un messaggio che parla al mondo intero. Si può unire tutta la sinistra da quella radicale a quella più moderata, compreso l’avversario di Lula del 2006, il socialdemocratico moderato Geraldo Alckmin che gli farà da vice attorno a un progetto chiaro a difesa dei ceti popolari e battere una destra autoritaria e regressiva. E con a capo una leadership di 77 anni che dalle nostre parti sarebbe stata probabilmente sottoposta a un demenziale processo di rottamazione. Abbiamo solo da imparare dal PT e da Lula. Soprattutto in Italia.