Scotto: a Napoli tutti un passo indietro, non possiamo perdere un senatore

Politica e Primo piano

Intervista a Il Mattino

di Adolfo Pappalardo

«Non si può perdere, con i numeri che ha la maggioranza a palazzo Madama, un senatore. E’ un’elezione molto importante».

E qual è la via d’uscita?
«I partiti e i movimenti che compongono la maggioranza che governa il paese facciano un passo indietro e si scelga un nome terzo».

È l’analisi di Arturo Scotto, ex parlamentare e coordinatore nazionale di Articolo Uno.
Mancano poche ore alla scadenza per presentare le candidature per il collegio del Senato.

«Non si può sbagliare il passaggio delle suppletive. Parliamo di un collegio senatoriale che rappresenta mezza città, la Napoli che sta bene e la Napoli che sta male. La Napoli investita da processi di deindustrializzazione selvaggia, ma che sa reagire con il polo tecnologico, e la Napoli che regge economicamente nella crisi, composta da ceti professionali, lavoro dipendente e partite Iva. Qui i progressisti devono ripiantare una bandiera: provando a ricucire queste città diverse che non possono e non debbono vivere in contrapposizione».

Lei è favorevole ad un’alleanza larga?
«Per me va confermata l’alleanza che va dai Cinque stelle al centrosinistra, tenendo dentro specificità locali come Dema. Serve un ragionamento largo, per battere la destra di Salvini che a Napoli non è mai riuscita a mettere piede. Ma che cresce e si radica ogni giorno che passa. Per farlo nessuno deve piantare bandierine identitarie, di partito. Il collegio senatoriale di Napoli vale cinque volte di più rispetto al collegio della Camera che il 23 febbraio sarà votato a Roma».

Perché vale di più?
«Per due motivi: Il primo è che tra due mesi si vota in Regione e questo è oggettivamente un primo test: le elezioni regionali sono sempre ibride, metà politiche e metà amministrative. In secondo luogo perché un senatore in più per la vita e la stabilità del governo giallorosso pesa tantissimo. Non scherziamo con i numeri, proviamo a rinsaldare questa maggioranza senza avventurismi».

I Cinque stelle in questo collegio nel 2018 presero la percentuale più alta d’Italia.
«Sembra un’era geologica fa. Eppure anche il quel frangente, in un momento storico dove avevano i voti per eleggere chiunque con pochi like su Rousseau, ebbero l’intelligenza di scommettere su una figura autorevole come il professor Ortolani, stimato da tutti anche a sinistra. Io credo che vada fatta insieme un’operazione a questa altezza».

Cosa intende?
«I partiti e i movimenti che compongono la maggioranza che governa il paese facciano un passo indietro. Si lavori a una convergenza su un nome nuovo: una figura espressione della “società vitale” di Napoli.

Società civile?
«Non la voglio chiamare così perché è una vecchia espressione che trasferisce un’idea di separatezza con la politica. Ma ci sono sempre state e per fortuna a Napoli personalità della cultura, del giornalismo, del mondo del lavoro che hanno incrociato l’attivitivismo e che possono rappresentare un trait d’union tra il centrosinistra, l’esperienza cittadina e i M5S. Lavoriamoci senza pregiudizi e con grande generosità. Abbiamo poco tempo».

Lei un tempo non era favorevole ad alleanze con grillini e Dema. Cambiato idea?
«Ho paura di una destra che vince a Napoli. Non è mai accaduto dopo l’esperienza laurina. E una destra che riesce a conquistare anche la prima città che si è liberata dal nazifascismo in Europa brandendo quella domanda di protezione che la sinistra ha abbandonato. E’ una destra regressiva che rispolvera i fantasmi del passato, che alimenta un clima di odio e di paura che non ha precedenti nella storia repubblicana, di cui sono stato involontariamente vittima a Venezia due settimane fa».