Scotto: rifiuti in Campania: creare l’emergenza, la storia si ripete

Politica e Primo piano

Intervento su Il Fatto quotidiano

di Arturo Scotto

Campania e rifiuti. Ci risiamo. La crisi in realtà non è stata mai superata. La polvere è stata soltanto spostata sotto il tappeto. La raccolta differenziata non ha raggiunto livelli adeguati è ben lontana dal 70 per cento promesso a Napoli e gli impianti di compostaggio, che consentirebbero un ciclo più ordinario di smaltimento dei rifiuti, sono oggettivamente al di sotto della necessità. Per non parlare di una soluzione per le ecoballe, tanto strombazzata dalla Regione quanto ferma clamorosamente al palo. Le indicazioni europee verso il modello “rifiuti zero” non hanno mai preso piede, usate in campagna elettorale, accantonate nell’azione amministrativa. E chi rilancia oggi i termovalorizzatori ha evidentemente il torcicollo, rimpolpando una polemica che in qualsiasi angolo del vecchio continente è già ampiamente superata e che risulta appetibile solo a qualche gruppo industriale allergico all’innovazione. Tuttavia, la verità è che come nel 2008, a dieci anni di distanza, Napoli e la Campania restano lo specchio dell’Italia: aspettare l’emergenza, in qualche modo favorirla, per renderla una straordinaria occasione per affaristi e criminalità organizzata.

I roghi a orologeria degli impianti Stir nella Terra dei Fuochi sono chiaramente parte di una strategia criminale. Dalle parole di Salvini e dall’atteggiamento così ambiguo ed esitante dei Cinque Stelle, non ultima la scandalosa operazione del condono a Ischia, appare chiaro che qualche manina si stia mettendo all’opera. Il nodo dunque non è tecnico, ma squisitamente politico. La Lega impone l’ennesimo stress test sulla tenuta del suo principale alleato di governo sul tema dove più è esposto, l’ecologia. E lo fa nella regione dove i Cinque Stelle hanno sfondato elettoralmente.

La polemica sugli inceneritori è la classica buccia di banana su cui può scivolare tutto il Governo. Un pezzo della borghesia italiana sta puntando a gettare i dilettanti che – con le loro intemperanze, la loro incompetenza, persino con la loro arroganza – si presentano ai passaggi fondamentali sistematicamente confusi e incerti fuori dal circuito del potere. Sulla dialettica tra i “politici del fare” e i “signornò” va in scena uno scambio abbastanza classico: caro Salvini, un po’ di autoritarismo lo accettiamo volentieri, ma lasciaci fare gli affari nostri, dacci il condono fiscale, meno tasse e più bonus. Soprattutto, lascia integri gli interessi del Nord, attraverso il regionalismo differenziato, anche in questa nuova versione della Lega nazionalista. Insomma, un passo definitivo verso la secessione dei ricchi.

Film già visti, che non hanno mai offerto soluzioni, se non aperto voragini pericolose sul terreno democratico. La crisi dei rifiuti a Napoli – al netto degli errori che furono fatti allora dal centrosinistra – fu un esempio da manuale di “shock economy”, dove sull’emergenza si costruirono i presupposti per un restringimento della partecipazione popolare, della vigilanza democratica, dell’autonomia degli enti locali, della verticalizzazione dei poteri nelle mani dei commissari di governo, della gestione discrezionale delle risorse, degli accordi sotterranei con la “società civile” che contava, ovvero la camorra. E lo sbocco fu naturalmente a destra, sempre verso l’uomo che decide, che comanda. Chi non ricorda la sceneggiata di Berlusconi munito di scopa a Napoli a dimostrare che lui ripuliva quello che l’incapacità della sinistra aveva sporcato? La scopa del sistema, avrebbe scritto l’indimenticabile Edgar Foster Wallace.

Eppure il piano rifiuti in Campania era stato scritto e voluto dalla destra, sigillato nel matrimonio d’interessi tra berlusconismo e Impregilo. Chi aveva creato l’emergenza si presentava alla fine come il risolutore, il decisore ultimo. Venne giù nei fatti il governo Prodi, si esaurì un lungo ciclo amministrativo della sinistra a Napoli e in Regione, l’ambientalismo fu messo al bando persino dal lessico popolare, arrivarono al potere i signori dei rifiuti – che continuano a governare oggi anche dall’opposizione o persino dal carcere – capitanati da Nicola Cosentino. I rifiuti, dunque, sono la biografia di una classe dirigente che non disdegna il trasversalismo, basta guardare l’inchiesta “bloody money” di Fanpage, troppo presto archiviata nel dibattito pubblico. E forse pochi ricordano che il primo sindaco apertamente “salviniano” in Campania è stato quello di Torre del Greco, Ciro Borriello, arrestato esattamente per lo scandalo rifiuti appena un anno fa.

Oggi siamo di nuovo qui. I Cinque Stelle sono stati a loro modo un argine nel Sud rispetto a una destra d’ordine egemone, hanno vinto sulla lotta ai privilegi e su una domanda di giustizia sociale. Speranze largamente tradite dal contratto giallo-verde, complice anche l’errore storico del principale partito di opposizione di aver favorito nel dopo elezioni una saIdatura tra i due populismi. Il caso Campania diventa perciò il banco di prova di un tentativo di normalizzazione definitiva, di una vera e propria rivoluzione passiva. E i rapporti di forza – anche per colpa di un conclamato infantilismo pentastellato – si stanno ribaltando ogni giorno che passa a favore della destra leghista sull’intero territorio nazionale. Il tema non è andare in soccorso di Di Maio e company, ma capire oggi in quale parte del campo si sta giocando la partita. Se Salvini chiama il banco per sbloccare il paese dai veti e dagli ideologismi, sotto quelle macerie ci finisce anche quel che resta della sinistra. Su Napoli si prova a fare questo esperimento, ancora una volta. Leggere questo “turning point” significa leggere quello che accadrà in Italia nei prossimi anni. E agire per aprire contraddizioni nel blocco di governo, destinato rapidamente a rompersi, e presentare una idea radicale di Green New Deal. L’unica bussola per ricostruire un’alternativa alla Lega che muove passi alla conquista del Meridione.