Oggionni e Urbinati: appello a Zingaretti, il Pd deve cambiare passo

Politica e Primo piano

Lettera a L’Espresso

di Simone Oggionni e Nadia Urbinati

 

Caro Direttore,

le scriviamo nella speranza di sollecitare attraverso lei e il suo settimanale una riflessione tra tutte e tutti coloro i quali hanno a cuore il destino del Paese e della democrazia.

Viviamo un tempo difficile e paradossale. Difficile, perché la destra si fa ogni giorno più aggressiva, al governo e nella società. La canea politica e mediatica contro Carola Rackete è soltanto l’ultimo indizio di un clima pubblico la cui barbarie linguistica impietrisce. È paradossale, perché questa condizione è naturalmente disposta a dare ampio spazio a una grande e forte opposizione, che invece non c’è. Questa assenza ci lascia attoniti e ci induce a scriverle.

Fare opposizione non è lo stessa cosa che stare all’opposizione. Fare opposizione è una funzione politica decisiva nella democrazia; una delle condizioni che legittimano il governo della maggioranza.

È anche una funzione civile. Nei primi decenni dell’Italia repubblicana, l’opposizione ha costruito consenso, direzione ed egemonia democratica nel Paese incidendo in maniera significativa anche sull’azione legislativa.

Fare opposizione necessita di una elaborazione politica e se necessario di una mobilitazione civile; lo scopo è di contestare e contenere l’azione del governo, per contribuire a fare emergere proposte alternative. Non basta criticare quel che fa la maggioranza; bisogna dire che cosa si dovrebbe fare al suo posto.

Questo è il punto: il partito di Matteo Salvini sta consolidando un blocco di potere pericolosissimo e che si rafforza ogni giorno di più anche per l’assenza di una opposizione efficace e con un’alternativa credibile.

Le ultime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo ci convincono che vi è un elemento specifico che distingue il caso italiano rispetto agli altri Paesi europei, anche quelli che come il nostro hanno visto un netto declino dei partiti di centro-sinistra.

A confronto degli altri, il nostro Paese mostra un’insufficienza dei gruppi dirigenti e una pochezza di proposta politica. Le forze che si ispirano alla sinistra appaiono incapaci di rappresentare il malessere delle classi popolari, di proporre politiche unitarie che si occupino efficacemente di contrastare la disoccupazione, fermare l’erosione dei ceti medi e l’impoverimento dei lavoratori, degli impiegati, dei pensionati. Incapaci di offrire alternative praticabili e dignitose a una generazione di giovani che è costretta a scegliere la via dell’emigrazione.

L’attuale classe dirigente della sinistra sembra priva di strumenti concettuali e valoriali che orientino nella conoscenza e nell’interpretazione del mondo, paralizzata di fronte alla politica dell’audience che questo governo incarna così prepotentemente.

Noi crediamo che sia urgente rimettere in moto un meccanismo virtuoso che tenga unite le radici e il futuro, la cultura politica e le nuove domande di giustizia sociale e di eguaglianza; e crediamo anche che questa strada sia percorribile senza usare la strategia populista. Che si debbano rimettere in campo le conoscenze, la ricerca, lo studio, in sostanza il vasto molto della cultura e dell’intellettualità.

Per reagire a questa situazione preoccupante occorre che ciascuno dia il proprio contributo. Innanzitutto, crediamo serva un atto di coraggio politico da parte del Pd e di tutti coloro che stanno all’opposizione, nel paese e in Parlamento. Occorre voltare pagina; occorre che tutta la sinistra sappia voltare pagina.

Ci rivolgiamo in primo luogo a Nicola Zingaretti, segretario del Pd, e alla sua neo-eletta segreteria, che si trovano oggettivamente collocati nel punto di maggiore responsabilità.

Pensiamo che il Pd debba cambiare passo, ridefinire la propria identità, attrezzarsi di un linguaggio e di programmi che diano vigore all’opposizione e alla sinistra tutta.

Rilanciare, riconfigurare e rafforzare il campo della sinistra italiana è oggi più che mai nell’interesse della democrazia.

È un’ambizione grande quella che ci anima, ma è anche la consapevolezza di una condizione di necessità alla quale non possiamo sfuggire. 

La ringraziamo per l’attenzione,

Simone Oggionni, responsabile nazionale Cultura Articolo Uno
Nadia Urbinati, Dipartimento Scienze Politiche Columbia University, New York