Lepore: caro Bersani, battiamoci per uno spazio politico nuovo

Politica e Primo piano

Pubblicato su Repubblica Bologna

di Matteo Lepore

Caro Pierluigi, grazie per le tue parole su Bologna metropolitana e in particolare per lo sguardo carico di speranza verso la nostra esperienza municipalista, tanto da invitarci a essere protagonisti nel dibattito nazionale.

Ci chiedi di promuovere una nuova stagione di confronto, oltre le barriere, per risvegliare quelle che tu hai definito le autonomie italiane, le culture civiche. Sono un Sindaco eletto da un ampio fronte di forze, impegnato ogni giorno a dare concretezza ai nostri valori e sento di poterti rispondere di sì con naturalezza. Unire i progressisti è possibile tanto quanto le autonomie, qui lo abbiamo fatto e lo stiamo praticando, con alleanze tra città nel paese e a livello internazionale. Bologna è un simbolo, la cui storia e valori ci precedono. Attiriamo le aspettative dei giovani e non solo. Due immigrati su tre sono italiani. Arrivano per motivi di studio o di lavoro, grazie a università e industrie, hanno progetti di vita e cercano risposte. Qui trovano rifugio oltre il dieci per cento dei migranti stranieri di tutto il sistema nazionale, accolti da una comunità istituzionale e informale che si battono per la dignità dell’accoglienza. Diritti civili e sociali assieme, senza soluzione di continuità, una forza generatrice di cittadinanza ed emancipazione che qualcuno definisce “diritto alla città”, la costruzione del “comune”, un gesto creativo che prende forma dal deserto a cui si oppone, citando Calvino.

Noi l’abbiamo chiamata la “città più progressista d’Italia” e il “Comune da combattimento”. Dalla co-progettazione tra comunità e istituzioni puntiamo a nuove soluzioni mutualistiche e servizi, dal conflitto gemmiamo proposte di legge, tramite gli investimenti cerchiamo risposte scientifiche e tecnologiche, con la politica abbiamo l’ambizione di generare futuro e speranza. Siamo incuriositi dalle pratiche di altre città o dalle aree interne, delle reti sociali e dei movimenti che da nord a sud attraversano il paese in modo spesso anonimo ma potente. Così, ad esempio, ci siamo uniti a altre otto città italiane e novantanove europee per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2030, scelti dalla Commissione.

Caro Pierluigi, una visione moderna della sinistra deve partire da una critica al modello economico su cui si fonda il mondo in cui viviamo, da cambiare radicalmente. Il senso etimologico della parola greca kritikos: atto a giudicare e distinguere. Impariamo dalle città e da Papa Francesco. È la questione climatica ad avere dato il k.o. definitivo al neoliberismo capitalista indicando il limite se non vogliamo distruggere l’unico pianeta che abbiamo a disposizione. Il discrimine dunque non risiede tanto tra il debito buono o quello cattivo, bensì tra l’economia che include e quella che rapina. Tra l’algoritmo che annichilisce o il bene comune digitale che aiuta il lavoratore tanto quanto l’impresa. Tra gli stati nazionali che in Europa hanno spolpato la Grecia e oggi pretendono l’impoverimento energetico e industriale dell’Italia, mentre ci occorrerebbero soluzioni e strumenti comuni. Ecco perché la nostra patria è essa stessa su un crinale.

È un vulnus democratico non avere un partito progressista capace di scegliere, di mettere la pace e il lavoro al centro, la rappresentanza sociale di quest’ultimo. Lo ha capito molto bene la destra conservatrice italiana, che nell’ultimo decennio ha sviluppato ideologia, linguaggio e alleanze strategiche internazionali, mettendosi al servizio di quanto ci sia di più reazionario in termini di nazionalismo, negazionismo climatico, ostilità verso i diritti civili nel mondo. Vendono libertà, decisionismo e amore per la bandiera, ma si riveleranno presto una grande truffa che renderà i poveri ancora più poveri. Ecco perché vanno contrastati sul piano sociale, culturale ed economico, battuti nelle urne e nel paese senza cedimenti valoriali né politici. Alle ultime elezioni, il Partito Democratico, i Cinque Stelle e le altre sigle hanno perso milioni di voti, consegnati all’astensionismo, non alla destra. Spetta a noi ora rigenerare una domanda di alternativa, una mobilitazione che apra al confronto tra chi si oppone o è sfiduciato e ai margini.

Nel mondo e in Italia sono le città e il comuni il luogo dove le cose accadono. La paura, l’insicurezza, la povertà e la violenza. Queste sono le sfide per la qualità della vita che individua ad esempio la mia collega Claudia Lopez, Sindaca di Bogotà. Lei ha scommesso sull’economia sociale e si batte per portare fuori dalla povertà e il patriarcato oltre 1,5 milioni di donne lavoratrici. Oppure Ada Colau, Sindaca di Barcellona, che ha affermato il diritto alla casa limitando le piattaforme e fermando i fondi speculativi.

Impariamo da queste donne e battiamoci per uno spazio politico nuovo, unendo alto e basso, locale e globale. Un varco più libero e aperto dei precedenti, che invogli le persone a partecipare a impegnarsi per la propria politica ideale, a unire le differenze, a trovare sintesi più efficaci, a edificare fondamenta culturali solide per un progetto di tanti e non di pochi. Serve un tempo nuovo e noi siamo già in cammino. Andiamo a cercare insieme e da Bologna rilanceremo una chiamata.