Idee per una sinistra plurale e per un’agenda progressista

Politica e Primo piano

È il tempo di un progetto nuovo, di un progetto che riconfiguri l’area progressista e dia finalmente una casa alla sinistra plurale.

Lo diciamo all’inizio di una fase difficile, segnata – con la nascita del governo Draghi – da un oggettivo arretramento del quadro politico. La nostra scelta di sostenerlo e di farne parte è stata giusta, necessaria e inevitabile, ma è una scelta che abbiamo compiuto criticamente e che non ci deve precludere il rapporto con chi della vecchia maggioranza ha fatto scelte diverse.

È uno strano governo, quello di Draghi: un governo che non è nato da un fallimento ma tutto al contrario, per una manovra politica, sulle ceneri di un’esperienza, quella di Conte, positiva, come dimostra il consenso significativo ottenuto nel Paese.

Nelle fibrillazioni e nelle difficoltà che attraversano la fase politica e, nello specifico, le forze dell’area progressista, pensiamo sia necessario uno scatto in avanti, un salto di qualità: un progetto nuovo, caratterizzato da contenuti chiari e qualificanti.

 

 

  • CONTRO LE DISUGUAGLIANZE

Al centro, noi collochiamo la parola d’ordine della lotta alle diseguaglianze, che sono intollerabili in sé e che disarmano le prospettive di crescita del Paese, che se è troppo diseguale non può camminare.

Questo significa perseguire il progetto e la proposta di

  • un lavoro buono e dignitoso per tutti e tutte con diritti esigibili,
  • un nuovo welfare universale,
  • un fisco improntato a generalità e progressività,
  • un buon equilibrio territoriale.

Su queste, che sono le colonne della nostra società, si sono abbattuti negli ultimi anni gli effetti della rivoluzione tecnologica e le conseguenze di una globalizzazione mal gestita e che ha disarticolato diritti, garanzie, certezze. I processi di diseguaglianza vengono da qui, da una disarticolazione. Da qui bisogna ricomporre, con un approccio riformatore forte.

 

1.1 Un lavoro buono e dignitoso per tutti e tutte con diritti esigibili

È essenziale restituire unità e soggettività al lavoro, attraverso:

un intervento legislativo che disboschi la giungla delle tipologie contrattuali e combatta la precarietà;

una legge sulla rappresentanza che contrasti la moltiplicazione parossistica dei contratti, compresi i conseguenti fenomeni di caporalato, e che rafforzi il valore erga omnes della contrattazione dei soggetti rappresentativi;

una riforma degli ammortizzatori sociali che garantisca tutele secondo criteri omogenei a ogni tipo di lavoro, completata con uno strumento di sostegno al reddito di ultima istanza universalistico;

un intervento a difesa del potere d’acquisto dei salari, che comporti contrastare la riduzione della loro quota di partecipazione al valore aggiunto complessivo, e contro il divario di genere, che contrasti la triplice discriminazione relativa alla partecipazione al mercato del lavoro, al numero delle ore lavorate, alla retribuzione ottenuta a parità di lavoro;

l’inserimento strutturale della formazione nelle dinamiche del lavoro, in modo da garantirne la continuità e permettere la necessaria riqualificazione dei lavoratori a fronte delle grandi transizioni: ecologica, tecnologica e generazionale.

Sul piano strategico l’obiettivo è la redistribuzione dei guadagni di produttività anche attraverso una riduzione dell’orario di lavoro e, sul piano globale, limitare gli effetti dumping sui diritti del lavoro incorporando gradualmente nei prezzi alcuni basilari e universali diritti di chi lavora.

 

1.2 Un nuovo welfare universale

Le nuove offerte di conoscenza, di salute e di comunicazione prodotte dal salto tecnologico e dalla globalizzazione prendono le strade del mercato e disarticolano i sistemi universalistici. Chi ha i soldi se ne esce, chi non ha i soldi rischia di star fuori da quegli stessi sistemi che diventano comunque più costosi. Bisogna ricomporre e rilanciare l’universalismo nell’istruzione, nella sanità e nel sociale, nell’accesso alla rete.

Si affaccia quindi l’esigenza di molteplici interventi di dettaglio, nella consapevolezza che le diversità di accesso a questi diritti (che dovrebbero essere universali) sono la fonte principale di alimentazione e trasmissione inter-generazionale delle diseguaglianze.

Nella sanità, occorre invertire – come si è già iniziato a fare – la tendenza al disinvestimento pubblico; orientare il sistema verso la medicina di prossimità e territoriale; promuovere l’integrazione socio-sanitaria a partire dalla politiche per la non autosufficienza; e contrastare conseguentemente un modello centrato sull’ospedale, basato sull’accreditamento esasperato di soggetti privati (che intervengono essenzialmente sulle prestazioni più remunerative) e su di una vera e propria aziendalizzazione.

Oltre a questo, consideriamo necessario un vero e proprio salto di qualità culturale, che ponga al centro la questione di genere anche nella riprogettazione della cura, attraverso una nuova stagione di politiche di conciliazione e condivisione e lo sviluppo di servizi.

Nel campo dell’istruzione, occorre attivare politiche di contrasto alla dispersione scolastica, concretizzando il principio costituzionale del diritto allo studio; e introdurre investimenti strutturali nell’Università e nella ricerca e altri adeguati a rispondere alla domanda di asili nido pubblici.

Nel campo delle politiche abitative, occorre rilanciare un piano di edilizia residenziale pubblica che muova dal recupero, dalla ristrutturazione e dal riammodernamento del patrimonio edilizio esistente.

Si affacciano altresì questioni europee e globali, prima fra tutte l’accessibilità alle nuove conquiste scientifiche e tecnologiche. Ovviamente le brevettazioni vanno remunerate per garantire gli stimoli alla ricerca ma devono essere gli Stati e non il mercato a remunerare ad esempio i farmaci salvavita, e non solo i vaccini. Diversamente sarà inevitabile la rivincita del mercato e delle sue distorsioni sui sistemi universalistici, con l’esito di disuguaglianze radicali sullo stesso diritto alla vita.

 

1.3 Un fisco improntato a generalità e progressività

Un altro obiettivo non più differibile è una vera riforma fiscale che superi la frammentazione presente. L’Irpef ha perso totalmente leggibilità e progressività. L’Iva è esposta ad una evasione impressionante. Avanzano misure di fisco a forfait. E così via. Servono invece generalità e progressività, ridando razionalità e comprensibilità all’intero sistema fiscale. Con la consapevolezza che soltanto recuperando una quota rilevante dell’evasione fiscale, attraverso una batteria articolata e concreta di interventi, sarà possibile alleggerire il carico sul lavoro e sul ceto medio e sostenere un rilancio del welfare.

Sul piano europeo e globale servono una lotta ai paradisi fiscali e un impegno per la definizione di regole comuni per la tassazione dei grandi player del web.

 

1.4 Un buon equilibrio territoriale

La disarticolazione dei sistemi territoriali è indotta dall’addensarsi delle dinamiche di sviluppo verso il Nord e verso le città. Bisogna dunque contrastare l’allargamento del divario tra Nord e Sud. Non tanto attraverso incentivi ma con un piano che garantisca finalmente al Mezzogiorno una dotazione infrastrutturale moderna e una dotazione di servizi di base (sociali ed educativi) e servizi civili che poggino su di una base industriale più solida.

Altrettanto insidioso è il divario crescente tra città e contado, tra grandi centri e periferie, piccoli centri, aree spopolate. Per questo motivo, bisogna mettere mano a nuove governance istituzionali, diffondere il welfare di prossimità, introdurre misure fiscali e investimenti mirati non solo per grandi opere (ad esempio infrastrutture che rendano esigibile il diritto universale all’accesso alla rete), ma con un grande piano di piccole opere che riabiliti il territorio, riduca il divario tra centri e periferie, ricostruisca le ragioni di un Paese unito ed equo.

Nella scala globale il divario fra territori è la sorgente dei fenomeni migratori. Per noi, si tratta di ottenere una gestione europea del fenomeno, rifiutare la logica securitaria, organizzare una ragionevole accoglienza e una integrazione molecolare e ribadire il principio inderogabile che pretende la salvezza di ogni essere umano.

È dall’insieme di queste azioni che può venire uno stimolo reale alla crescita equilibrata del paese e un contrasto concreto alle diseguaglianze di genere e generazionali.

 

 

2. UNA RIPRESA IN CHIAVE ECOLOGICA

Uno sviluppo sostenibile pretende una ripresa in chiave ecologica degli investimenti, della produzione, della distribuzione e dei consumi. Nella storia ogni rivoluzione e ogni grande innovazione produttiva è sempre avvenuta sulla base di un nuovo paradigma energetico. Bisogna dunque riconoscere nel progetto questa intima connessione. In secondo luogo bisogna connettere l’obiettivo ecologico al tema sociale, così che tale obiettivo sia coinvolgente, abbia gambe per camminare e produca uguaglianza. Questo principio dovrà orientare i necessari e radicali interventi sulla mobilità, sulla nuova edilizia, sulle energie rinnovabili e il superamento delle fonti fossili, sulla selettività delle incentivazioni alla produzione e al consumo, sugli investimenti pubblici a partire da quelli orientati alla riabilitazione territoriale e ambientale, sulla ridefinizione dell’offerta turistica e culturale. In quest’ottica è possibile collocare gli investimenti dentro una prospettiva nuova, di sviluppo sostenibile, un concetto che contiene la crescita e la sostenibilità sociale. Il che è vero non soltanto a livello nazionale ma anche a livello mondiale: si pensi, per esempio, alle guerre e allo sfruttamento dei Paesi poveri, che già oggi poggiano sulla volontà dei più potenti di accaparrarsi le materie prime funzionali alle scelte fondamentali della transizione ecologica.

Più in generale, occorre garantire la resilienza della base produttiva del Paese, scossa dalla globalizzazione e dalle crisi recenti. Ciò significa organizzare un ruolo più diretto e pertinente dello Stato e delle politiche pubbliche e, dall’altro lato, sorvegliare il rischio che si determinino sul mercato posizioni dominanti. È urgente dunque mettere ordine nelle missioni delle agenzie pubbliche finalizzando più chiaramente gli obiettivi.

Si aprono infine orizzonti nuovi sulla democrazia economica. Diventa ineludibile l’obiettivo di nuove e più avanzate forme di partecipazione e di presenza dei lavoratori nelle strategie di impresa.

 

 

3. DARE LINFA AL CIVISMO

Contro la disarticolazione sociale occorre indicare altresì la prospettiva del civismo. Gli umori profondi e ancora presenti di antipolitica non vanno ignorati ma vanno canalizzati verso una rigorosa prospettiva costituzionale. Disciplina e onore nell’esercizio delle funzioni pubbliche, con un indirizzo di sobrietà e rigore (no all’elezione di nominati, no alle porte girevoli e ai facili cambi di casacca, no a eclatanti conflitti di interesse e così via). Inoltre, sobrietà, disciplina e rigore anche nel mercato (no alle posizioni dominanti, no alle prepotenze del mercato contro lavoratori, consumatori e utenti, tutela del cittadino di fronte a inafferrabili apparati tecnologici e così via). È questo il modo anche per affermare una politica che non ha bisogno di essere anti-establishment per affermare nei fatti la sua autonomia dall’establishment. Dare linfa al civismo significa anche apprezzare e sostenere il ruolo di un associazionismo che si proponga di animare una cittadinanza consapevole e attiva. A questi mondi, la politica deve saper offrire un orizzonte culturale e ideale nei quali essi possano agire in autonomia ma non in solitudine.

A quest’altezza collochiamo la nostra attenzione per i diritti civili e in primo luogo per quelli che si intersecano con i diritti sociali. L’effettivo superamento dello scandaloso divario tra donne e uomini in molti ambiti della vita civile nazionale, lo ius soli e una vera sicurezza sui luoghi di lavoro. Diritti civili che fanno il paio con i doveri civili: le tasse si pagano, la criminalità si denuncia, le discriminazioni si combattono.

 

 

L’errore più grande che potremmo compiere, però, è affrontare queste sfide e la fase che stiamo attraversando ciascuno nel piccolo recinto della propria organizzazione.

Per questo proponiamo un percorso costituente condiviso con tutti coloro che sono interessati a dare una soggettività politica a una sinistra larga e plurale e a costruire un campo progressista capace di offrire una alternativa alla destra.