Guerra: il problema non è il Mes, ma le garanzie che mancano nell’Ue

Politica e Primo piano

Intervista a Il Dubbio

di Rocco Vazzana

«Il problema non è la riforma del Mes, semmai, ciò che manca da quella riforma». Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria all’Economia in quota Leu, prova a fare ordine sulla riforma del Fondo salva- Stati.

Molti temono che il trattato sul Mes renda più semplici le richieste di ristrutturazione del debito. Non è così?

La possibilità di richiedere la ristrutturazione del debito c’era prima e c’è ancora adesso, non è diventata più probabile. È vero che nella formulazione attuale ci sono dei punti che rendono più esplicita l’ipotesi della ristrutturazione, ma non più probabile. È solo una questione di procedure più chiare.

Perché allora il M5S chiede modifiche al Trattato?

Credo che il motivo di preoccupazione sia relativo alla governance del sistema, cioè al rafforzamento del ruolo del Mes stesso rispetto alla Commissione. Ma nel Mes ci sono rappresentati tutti i governi, anche il nostro, che detiene una quota consistente del Fondo, tale da consentirci di metterci di traverso ad alcune decisioni.

Quindi non c’è motivo di allarmarsi?

Il punto più critico, semmai, riguarda l’assenza di un tema dirimente come la mutualizzazione del debito. Che non significa far gravare il proprio debito pubblico sulle spalle di altri Paesi, ma creare una rete di sostegno europea più ampia, come faceva fino a poco tempo fa la Bce. L’Italia deve provare a seguire una logica di pacchetto, portando avanti contemporaneamente la discussione sul Mes ma anche su altro, come l’assicurazione europea sui depositi bancari, contrastando l’idea tedesca secondo cui per ricapitalizzare le banche si deve pesare il debito in relazione al rischio Paese.

Tradotto per i profani?

Le nostre banche, che hanno sottoscritto massicciamente il debito pubblico italiano, dovrebbero essere considerate più a rischio di altre perché hanno comprato il debito di un paese con un ranking più basso di quello tedesco per esempio. Per noi è inaccettabile.

Come mai il M5S si è accorto solo adesso della riforma?

Per me è difficile interpretare la loro posizione, ma hanno sollevato dei problemi anche tecnici a cui il ministro Gualtieri ha risposto e su cui ora rifletteranno. Diversa ancora è l’offensiva della Lega, che parla di “alto tradimento” quando i documenti in questione erano già pubblici dalla fine di giugno. Avrebbero potuto alzare la voce all’epoca.

Patuanelli ha proposto un rinvio di sei mesi per la tassa sulla plastica. Ma non era un nodo centrale del vostro “Green new deal”?

Il governo non ha rinunciato a questa scelta. Serve il tempo per consentire alle imprese di adeguarsi. Bisogna tenere conto delle difficoltà del settore.

E anche delle difficoltà di Bonaccini, candidato governatore in una Regione che produce buona parte degli imballaggi?

Il rinvio è dettato solo dalla necessità di confrontarsi con gli operatori, ma l’imposta verrà mantenuta.

Ma dopo le elezioni…

Se questa scelta fosse così determinante per l’esito delle Regionali l’avremmo tolta completamente. Seguiamo altre logiche.

Da modenese, come giudica la scelta di Di Maio di correre contro il centro sinistra in Emilia?

Devono valutare attentamente le loro scelte. Credo che ci sia ancora lo spazio per un confronto vero sul futuro della Regione e sulla possibilità di fare un patto, un’alleanza analoga a quella stretta a livello nazionale. Ognuno con le proprie differenze da far valere poi nel governo della Regione, senza subalternità. Come faremo noi di Articolo Uno.

Se il Pd perdesse a causa dei voti mancanti dei grillini ci sarebbero conseguenze sul governo?

Da emiliana mi infastidisce che non si parli della mia regione in campagna elettorale. Mi rendo conto che l’Emilia sia un simbolo e che quindi abbia un valore che va oltre la competizione regionale, ma non credo che il risultato, qualunque risultato, avrà conseguenze sul governo.

Forse il M5S non si sente proprio a suo agio insieme al centro sinistra…

Non mi sembra. Vedo, al contrario, una grande spinta alla collaborazione. Sicuramente stanno attraversando una fase di travaglio interno che li mette in difficoltà. Ma stanno lavorando per superarlo. Nel governo c’è un confronto franco, ma non ho mai percepito insofferenza da parte di nessuno.

È troppo presto per immaginare un ritorno nel Pd degli ex “scissionisti” di Articolo Uno?

Abbiamo abbandonato un partito che non era più casa nostra. I motivi per cui siamo usciti sono molto seri e non esiste l’ipotesi di un ritorno. Semmai proveremo a stimolare anche i militanti dem a rilanciare insieme un soggetto nuovo di centro sinistra più radicale contro le diseguaglianze. Auspichiamo che ci sia una rinascita e una ricostruzione tutti insieme. Ma in un contenitore diverso.