Guerra: il fisco sui fondi pensione è vantaggioso, attenti a cambiarlo

Economia e Primo piano

Intervista a Il Sole 24 Ore

di Vitaliano D’Angerlo

Settembre sarà il mese della legge delega sul fisco che arriva dopo i sei mesi di lavoro della commissione parlamentare congiunta Marattin-D’Alfonso. In quest’intervista la sottosegretaria al Ministero Economia e Finanza (Mef), Maria Cecilia Guerra (Leu), mette a fuoco il tema della tassazione sui fondi di previdenza complementare a cui, attualmente, viene applicato il sistema ETT. Dove la doppia T sta per prelievo fiscale: sul capital gain (20%) in fase di accumulo e poi, al momento dell’uscita, con un’aliquota che varia dal 15 al 9% sulla prestazione finale, valutata al netto dei redditi finanziari già tassati in fase di accumulo. 

La commissione parlamentare ha chiesto di cambiare modalità di tassazione, per seguire la strada europea EET dove la tassazione avviene soltanto in uscita, sull’intera prestazione. Nei giorni scorsi sulla “T” si è aperto il dibattito: quale scaglione dell’Irpef deve essere applicato sulla prestazione finale? E vale la pena toccare l’attuale sistema che, a detta di alcuni esperti, è più favorevole per i lavoratori? Abbiamo girato questo e altri interrogativi alla sottosegretaria Guerra che al Mef ha la delega sul fisco.

Ci può fare il punto della situazione?

“La commissione Marattin-D’Alfonso ha proposto di applicare al nostro fisco il sistema duale che prevede: una tassazione progressiva, l’attuale Irpef, di tutti i redditi da lavoro e da pensione. E poi c’è una tassazione proporzionale omogenea sul reddito che deriva dall’impiego di capitali”.

Quest’ultima oggi è al 26% con una serie di eccezioni relative ai titoli di Stato, ai Pir, agli stessi fondi pensione. Restando sulla previdenza complementare, come cambierà la tassazione? 

“Bisogna subito chiarire un punto. I redditi da pensione sono redditi da lavoro quindi nel nostro sistema andrebbero tassati in modo ordinario con l’aliquota progressiva ovvero l’Irpef, come avviene nel caso delle pensioni pubbliche. In tal modo sono classificati anche le le rendite da previdenza complementare, per la parte che non deriva dall’investimento finanziario dei contributi accantonati, che però godono di una tassazione agevolata al momento della prestazione finale”.

A proposito di fondi pensione, la commissione Marattin-D’Alfonso vuole togliere la tassazione sul capital gain, applicando l’aliquota Irpef più bassa alla tassazione sulla prestazione finale. Giusto? 

“Nel documento della commissione Marattin-D’Alfonso non vi è un’indicazione sull’applicazione del primo scaglione Irpef alla prestazione finale dei fondi pensione, ma si suggerisce l’applicazione del principio EET prevalente in Europa dove la T indica appunto la tassazione progressiva ordinaria. Segnalo ancora allora che l’attuale sistema di tassazione della previdenza complementare, confrontato con quello di altri Paesi europei, è in generale più favorevole. Cambiarlo porterebbe delle conseguenze. Ma non credo che il tema dei fondi pensione verrà affrontato nella legge delega sul fisco”.

Che tipo di conseguenze ci sarebbero in caso di cambiamento? 

Bisogna prima chiarire la questione classificazione. Se, come ho letto su alcuni giornali, si vuole classificare i redditi da pensione complementare come redditi da capitale con la conseguente tassazione più agevolata, allora perché non farlo anche con le pensioni pubbliche? Anche lì vi è un sistema contributivo che imita quello della previdenza complementare. Oggi, ribadisco, nel nostro sistema ai redditi da pensione pubblica si applica la tassazione ordinaria quindi l’Irpef”.

E come valuta la proposta della commissione Marattin-D’Alfonso di unificare redditi da capitale, relativi a interessi e cedole, con i redditi diversi di natura finanziaria ovvero le plusvalenze derivanti dalla negoziazione delle attività finanziarie?

C’è un motivo per cui vi è tale distinzione nel nostro ordinamento e anche in molti altri ed è relativo alle pratiche elusive. 

Ma questa unificazione consentirebbe una vita più semplice ai contribuenti, permettendo di compensare plus e minus senza problemi. Vero? 

“È questo il punto. Se al 20 dicembre, faccio un esempio, vendo un titolo per far emergere una perdita e lo riacquisto subito dopo, non cambia l’asset allocation del mio portafoglio. Però potrei compensare le minus con la tassazione su interessi e cedole. Sono proprio queste strategie che non hanno sostanza economica ma solo finalità elusivae che si vogliono evitare”.

La tematica dell’unificazione verrà affrontata nella legge delega sul fisco? 

“E’ probabile. Ma occorrerebbe allora affrontare anche il più generale tema dei tre differenti regimi di trattamento fiscale dei redditi diversi di natura finanziaria. La complessità del sistema non ha trovato ancora indicazioni complete nei documenti della commissione Marattin-D’Alfonso”.

La domanda non riguarda il fisco. So che in ottobre presenterà la quarta edizione del Bilancio di genere, l’edizione 2020, elaborato dalla Ragioneria dello Stato. Vi sono delle novità? 

È un documento molto importante e si occupa, in modo trasversale, di tanti temi relativi all’impatto sulle diseguaglianze di genere del bilancio dello Stato. Quest’anno per la prima volta verrà affrontato il divario di genere dal punto di vista della salute.