Grasso: no al Fiscal compact, Golden rule per rilanciare investimenti e Pil

Politica e Primo piano
Intervista a Il Sole 24 Ore
di Emilia Patta
«Noi siamo per superare il Fiscal compact introducendo la golden rule in modo da scomputare dai parametri su debito e deficit gli investimenti infrastrutturali e quelli in conoscenza»: è questa la “ricetta” su Europa e debito del leader di Liberi e uguali Pietro Grasso. Quanto agli scenari post voto, il presidente del Senato precisa che il suo partito si siederà al tavolo delle trattative con le altre forze politiche solo in un caso: governo di scopo per riformare la legge elettorale e tornare rapidamente alle urne. «Non siamo disponibili a un governo di larghe intese».
Presidente Grasso, anche se se ne parla poco queste elezioni saranno decisive per la collocazione dell’Italia in Europa. LeU propone il superamento del Fiscal compact. Ma finché le regole non saranno cambiate siete per rispettarle?
Partiamo da una considerazione, la critica non è solo politica, ma muove da una constatazione: negli anni del Fiscal compact il debito pubblico italiano è cresciuto. La modifica della Costituzione e l’adozione di regole tanto stringenti hanno rallentato la crescita e condizionato le scelte di politica economica, senza raggiungere i risultati previsti. In questi anni, poi, il governo italiano come altri ha dovuto contrattare la flessibilità di volta in volta. Noi crediamo che una norma pensata in fretta, in una fase di piena emergenza, vada profondamente ripensata a partire dall’introduzione di una golden rule che tolga dal computo dei parametri su debito e deficit gli investimenti infrastrutturali e quelli in conoscenza. L’ipotesi di golden rule con limiti e controlli chiari e definiti è un modo per istituzionalizzare la flessibilità concessa dal Fiscal compact e renderla più efficace, nonché per liberare i governi dalla necessità di contrattare ogni volta i propri margini di manovra. Quanto agli accordi, questi vanno rispettati, ma davvero servono segnali di discontinuità: l’inserimento del Fiscal compact nei Trattati va rifiutato.
Grande assente di questa campagna elettorale è il debito pubblico. Nel vostro programma c’è un forte rilancio della spesa ma non sono indicate le coperture. La riduzione del debito resta una priorità?
In sintesi. Primo, noi siamo pronti a lavorare per sostituire bonus inefficaci e sgravi con politiche di investimento a più alto moltiplicatore, usando tutta la flessibilità necessaria. Secondo, dobbiamo lavorare sulla fedeltà e la progressività fiscale, poiché siamo certi di poter avere un recupero sul piano dell’evasione con ì meccanismi esposti nel nostro programma. Terzo, solo un buon ritmo di crescita può davvero consentirci di uscire gradualmente dalla spada di Damocle del debito. Non promettiamo tagli alle tasse in stile flat tax che farebbero esplodere il debito pubblico e determinerebbero il taglio dei servizi. Ci sono spese che crediamo si possano fare cambiando le politiche di questi anni. Quanto sono costati gli sgravi per il Jobs Act? E i bonus? Ecco una quantità ingente di risorse che impiegheremmo in altro modo. Abbiamo presentato un programma di forte contrasto dell’evasione fiscale con il quale pensiamo di poter recuperare 30 miliardi (una percentuale poco sopra al 10% dell’evasione stimata).
Voi siete per l’abolizione del Jobs act e per la reintroduzione dell’art. 18. Ma, da sola, questa è una proposta che rischia di irrigidire il mercato del lavoro senza creare nuova occupazione…
I dati Istat e Inps segnalano che con la fine degli sgravi l’occupazione a tempo indeterminato ha smesso di crescere. Ne deduco che il problema non sia l’articolo 18, la flessibilità ulteriore introdotta dal Jobs act. Per creare lavoro non serviva rendere più flessibile un mercato che lo era già. Si deve investire in formazione, fare in modo che i benefici di strumenti messi a disposizione dallo Stato, come gli incentivi per l’industria 4.0, possano essere utili anche alle imprese che non sono già competitive, che sono molte più di quelle capaci oggi di innovare. E poi assumere giovani laureati nell’amministrazione pubblica per renderla più dinamica ed efficiente e favorire la crescita economica.
No a un governo di larga coalizione, dunque. E un’intesa con il M5S?
Non faremo mai parte di un governo di larga coalizione con il Pd e Fi. Quanto ai 5 Stelle, sarei contento di sapere che posizioni hanno su Europa, Euro, diritti civili. La nostra unica disponibilità, lo ripeto da mesi, è solo per cambiare la legge elettorale e tornare rapidamente al voto.