Geloni: meno Calenda, più Conte. Una ricetta per il centrosinistra

Politica e Primo piano

Intervista a Formiche.net

di Francesco De Palo

I dem sono a un curvone decisivo: guardare al modello Napoli dove l’ex ministro Gaetano Manfredi ha messo assieme tutto il centrosinistra più le civiche, oppure ascoltare le istanze di Carlo Calenda che, per coagulare un centro largo con pezzi di Fi e Iv vuole escludere i grillini? Secondo Chiara Geloni, ex direttrice di Youdem, la risposta è nell’assunto “meno veti, più programmi”, come fatto dal Pd a Bologna in occasione delle recenti amministrative. E sul governo osserva: “Maggioranza stabile fino al 2023? Vedo qualcosa rimettersi in moto…”.

Iniziamo da Napoli: sono più i vantaggi o gli svantaggi quanto a disomogeneità della coalizione?

In primis ricordo che le elezioni comunali hanno meccanismi di stabilizzazione diversi vista l’elezione diretta del sindaco, che naturalmente diventa un fattore di stabilità. Inoltre la frammentazione aiuta molto perché comprende anche un voto di radicamento. Detto questo, credo che sia più stabile una coalizione dove non ci sia qualcuno che mette veti.
Come fatto da Calenda con Conte?

Ciò che colpisce delle dichiarazioni di Calenda è che pretende di disegnare la coalizione che gli piace, mettendo come condizione l’assenza di una parte al fine di poterci essere lui stesso. Non è questo un atteggiamento che indica una convinzione nella struttura di un certo tipo di alleanza, quanto una volontà negoziatoria di mani libere nei confronti di diversi schemi politici. Un passaggio su cui Calenda e i suoi alleati non stanno facendo chiarezza. Alle amministrative ha ottenuto consensi giocando su una serie di ambiguità. A Napoli infatti non ha fatto parte della coalizione per Manfredi. Ma oltre al capoluogo partenopeo citerei anche un altro modello.

Quale?

Bologna, dove il Pd si è presentato all’indomani di un preciso percorso fatto da primarie – vere, anche laceranti al proprio interno – e coerenza. E ha raccolto i frutti di questo lavoro politico. È vero che quel tipo di coalizione ha avuto una evidente egemonia dem, che consente di tenere tutto assieme, ma sono state fatte scelte chiare su come presentarsi dinanzi agli elettori e su cosa il Pd vuole essere. E poi finiamola con questa storia del crollo Cinque Stelle: sta sconfinando anche in attacchi personali fuori luogo come una certa ironia verso Conte e Di Maio.
Esiste il rischio di una eccessiva frammentazione come accadde nell’esperienza prodiana e bertinottiana? E come disinnescare quel rischio?
La chiave è la politica, con la relativa capacità di mediazione. Il male del centrosinistra è stato sempre la frammentazione, come è altrettanto vero che tale elemento si è verificato nella stagione di sistemi maggioritari. Non intendo così voler criticare quel sistema elettorale, solo certificare che in Italia i voti non vanno necessariamente nella sola direzione dei due grandi partiti. Tutt’altro. Osservo che, proprio mentre con il maggioritario si sono studiati meccanismi che avrebbero dovuto garantire più stabilità, le coalizioni si sono trovate spesso a fare i conti proprio con la frammentazione, che è un dato della realtà elettorale.

La convince invece la possibilità che Calenda attiri anche una gran parte del centro che va da Forza Italia a Italia Viva per un rassemblement in stile macroniano?
A differenza di Calenda, io non metto veti rispetto a formule di governo future. In questi giorni stiamo assistendo in Germania al dialogo fra partiti che si sono scontrati aspramente durante le recenti elezioni, ciascuno con il suo candidato cancelliere. Bene, oggi stanno scrivendo insieme il programma di un possibile governo comune.


Quanto incideranno sulla futura postura del centrosinistra le alleanze che si andranno a formare per eleggere il nuovo Capo dello Stato?

Questo appuntamento nella politica italiana porta sempre a delle conseguenze. Prima è difficile ricostruirne le cause, per cui è un terreno complesso. Osservo solo che sino a due mesi fa eravamo tutti convinti di uno schema inamovibile fino al 2023, con una maggioranza destinata a rimanere tale.

Oggi?

Al netto dei ballottaggi aperti, vedo rimettersi in moto alcune opzioni politiche che sembravano sopite.