Fornaro: a sinistra serve più umiltà, finito il tempo delle barricate

Politica e Primo piano

Intervista a Il Riformista

di Umberto De Giovannangeli

La battaglia sul ddl Zan. Una sinistra alla ricerca di una “casa” più “abitabile”. Questo e altro nell’intervista a Federico Fornaro, capo gruppo di LeU alla Carnera dei deputati ed esponente di primo piano di Articolo Uno.

Ddl Zan: battaglia politica o l’inizio di una guerriglia strumentale in vista del semestre bianco?

Credo che, sempre e a maggior ragione in questo caso, si debbano rispettare tutte le opinioni e i travagli personali, anche se colpisce come le polemiche e i distinguo stiano emergendo solo adesso, nella discussione del provvedimento al Senato e siano state, invece, assai più contenute nel primo passaggio parlamentare, quasi silenziate. La Lega da un lato oggi si dichiara disponibile a trovare un’intesa e contemporaneamente mette in atto comportamenti ostruzionistici. Non saprei se lo scontro sul Ddl Zan sia l’inizio di una guerra strumentale in vista del semestre bianco, certamente si assiste, in alcuni casi, a posizionamenti più funzionali ad accrescere la visibilità che ad approvare una legge attesa da anni e da tanti. Il paese di tutto ha bisogno meno che di un semestre bianco caratterizzato da fibrillazioni e polemiche quotidiane; un rischio purtroppo concreto in una stagione in cui la propaganda e i sondaggi settimanali paiono avere la precedenza sul merito delle questioni.

Ius soli. Diritti civili. La sinistra si riscalda su questo fronte ma è pressoché silente sui diritti sociali. I lavoratori non sono più di moda?

Accetto la provocazione, ma affermare che la sinistra sia silente sui diritti sociali non corrisponde al vero e lo testimoniano, da ultimo, le battaglie condotte nella pandemia, insieme al sindacato, sul blocco dei licenziamenti. Se per la prima volta accanto a un utilizzo straordinario della cassa integrazione Covid a carico dello Stato si è affiancato un intervento per le partite iva, questo credo sia frutto dell’impegno concreto della sinistra di governo. Esiste una gigantesca questione sociale e un livello di diseguaglianza che la pandemia ha amplificato: la sinistra deve diventare l’interprete politico di questo disagio e quando governa deve proporre soluzioni per combattere questa deriva. Contrapporre diritti civili e diritti sociali è sbagliato. Le società più inclusive e con i migliori livelli di welfare e di protezione sono quelle in cui si registra un’eguale attenzione sia sul versante sociale sia in quello dell’integrazione e della lotta contro le discriminazioni. Una moderna sinistra non deve avere timore nell’affrontare di petto entrambe le questioni, che sono due facce della stessa medaglia il modello di società in cui vorremmo vivere e lasciare in eredità ai nostri figli e nipoti. In questo persiste ancora la grande differenza tra sinistra e destra.

Spostare a sinistra il Pd rientrandoci o dar vita a un nuovo soggetto politico che non ripeta i precedenti fallimenti?

Alla sinistra oggi servirebbe un gesto collettivo di umiltà e di generosità, due sostantivi pressoché scomparsi da anni dal vocabolario della politica italiana. Tutti a sinistra dovrebbero riconoscere che quello che esiste non è sufficiente e che è necessario rimettersi tutti in discussione, rinunciando a piccole o grandi rendite di posizione. Il problema non è spostare più a sinistra il Pd, ma provare a costruire un grande soggetto di una grande sinistra popolare che possa essere attraente per gli elettori. La sinistra, questo ci dicono i dati elettorali e i sondaggi, oggi non è attraente, resiste in molte aree più come soggetto resiliente che come un protagonista attivo. Se le Agorà proposte dal segretario Pd Enrico Letta partiranno da questa analisi di insufficienza politica e organizzativa e diventeranno l’inizio di una ricostruzione di una presenza nella società della sinistra di governo, allora ci troveremmo di fronte a una novità positiva e costruttiva. È con questo spirito che nell’ultima Assemblea nazionale, Articolo Uno ha dato la propria disponibilità a partecipare alle Agorà promosse dal Pd: la sinistra deve aprirsi, non deve avere paura di contaminarsi e di pensare in grande. Il tempo delle ridotte identitarie è finito.

La sinistra e la giustizia. Perché temete i referendum promossi dai Radicali?

Non si deve mai avere paura del referendum, sia come stimolo nei confronti del legislatore sia come espressione della volontà del corpo elettorale. I radicali hanno costruito la loro presenza nella società sui referendum, alcuni di essi hanno segnato in positivo la storia italiana del secondo dopoguerra e al tema della giustizia hanno dedicato attenzione in più di una raccolta di firme. Nella scelta della Lega non ritrovo la stessa coerenza. Salvini sta patendo la competizione della Meloni e usa i banchetti per il referendum come momento di mobilitazione e presenza dei suoi militanti sul territorio in contrapposizione al protagonismo crescente di Fratelli d’Italia. Se l’obiettivo è una riforma organica della giustizia, dubito fortemente che il referendum sia lo strumento adatto. I quesiti, per loro stessa natura e limite costituzionale, sono circoscritti e di tipo abrogativo. Non sono adatti a una fase di ricostruzione. Lo sforzo da compiere è quello di ricostruire un patrimonio di fiducia nella magistratura che ha raggiunto il suo minimo storico. Così come il funzionamento della “macchina” della giustizia oggi è associato più alla farraginosità che alla modernità. La riforma della giustizia necessita di coraggio e determinazione, unita a una lotta efficace e non propagandistica alle incrostazioni di potere e alle rendite di posizione ai diversi livelli, sempre nel rispetto degli equilibri definiti dalla nostra Costituzione.