Fava: io in campo per una sinistra unita, la Sicilia non è dei capibastone

Politica e Primo piano

Intervista a Il Dubbio

di Rocco Vazzana

Mentre il Pd si allea con Alfano e lancia Fabrizio Micari per la scalata a Palazzo d’Orleans, Mdp e Sinistra italiana, allergici a un’intesa con i centristi, puntano tutto su Claudio Fava. «Ma io non ho ancora sciolto la riserva», dice il vice presidente della Commissione parlamentare Antimafia. «E non per il gioco morettiano del “mi si nota di più se vado o se non vado alla festa”, ma perché non ho ancora realmente deciso cosa fare. È una candidatura che non ho cercato e non ho chiesto». Per fugare ogni dubbio, Fava pone solo una condizione: «che tutte le forze della sinistra siano determinate a sostenere un progetto di questo tipo, in modo da poter puntare su un voto d’opinione e non di bandiera».

E quanto pesa il voto di opinione in Sicilia? Il presidente del Pd, Matteo Orfini, definisce «tafazzista» la scelta di correre per conto proprio sull’isola…

Ho fatto campagne elettorali, penso alle Europee, in cui ho preso voti che andavano ben oltre il recinto della mia appartenenza all’allora minoranza dei Ds. In Sicilia ho preso più voti di Berlusconi, altro che tafazzismo. L’idea che sull’isola il voto sia proprietà privata di capibastone, ras e capi corrente è vecchia di cent’anni. È un’idea malata e mi aspetto che i leader con l’età di Orfini la combattano. Il voto d’opinione in Sicilia esiste e non è una speranza tafazzista, è una concezione liberale e libera della politica, altrimenti non penserei neanche lontanamente di candidarmi.

I renziani sostengono che l’unico vostro scopo sia di far perdere il Pd…

È una lettura adolescenziale della politica che esclude la parola coerenza dal proprio vocabolario. Se chiediamo che Alfano, soprattutto per quello che rappresenta in Sicilia, non faccia parte della coalizione di centrosinistra ci accusano di voler far perdere qualcuno. Il pensiero positivo, cioè ritenere che le cose si facciano non contro qualcuno ma per se stessi, è stato espulso dalla politica.

A proposito di coerenza, lei ha accusato Pisapia di ambiguità, di non aver escluso un’alleanza con Ap. Avete avuto modo di chiarirvi?

No. L’ho cercato, non l’ho trovato e ho evitato di inseguirlo. Credo che un leader politico sia tale soprattutto nei giorni di tempesta, quando ci sono contraddizioni, fatiche e dissensi da comprendere. Pisapia non c’è stato. E lo dice chi lo ha difeso, fino a qualche settimana fa, da certi attacchi settari di chi ritiene che non si possa stringere la mano o abbracciare un avversario politico. Considero Pisapia una risorsa e pensavo che la sua idea di centrosinistra, il suo «mai con Alfano», si potesse declinare in modo coerente anche in Sicilia. Credevo che noi e Ap fossimo inconciliabili.

È possibile che Pisapia, da ex sindaco, si fidi più del suo collega Leoluca Orlando, sponsor del rettore Fabrizio Micari?

Questo non lo so, so però quanto ha pesato l’insegnamento di Orlando nella mia vita politica. Quando stavamo nella Rete, soli e minoritari, l’attuale sindaco di Palermo ci spiegava il valore senza prezzo della coerenza. Ora ha cambiato idea in nome della vittoria a ogni costo.

Crede che alla fine Campo progressista la sosterrà?

Sinceramente credo che ai siciliani importi pochissimo sapere se Campo progressista sta con Micari o con Fava. Sono ragionamenti che lasciano il tempo che trovano.

E’ innegabile però il rischio dispersione del voto. A sinistra tra candidati ufficiali e ufficiosi siete già in quattro…

Io non sono in campo, ribadisco, lo sarò solo quando avrò la certezza di rappresentare in modo condiviso e convinto tutta la sinistra. Di certo, non considero Micari espressione della cultura politica di sinistra. L’ho visto seguire con attenzione le convention di Musumeci e di Faraone per essere a tutti i costi della partita. E ritengo poco elegante che un rettore esponga tutta l’Università in campagna elettorale senza dimettersi. Sono gesti che raccontano tanto di una persona.

Cosa pensa dell’ostinazione di Crocetta a non farsi da parte?

Crocetta ha ragione, al di là della valutazione che do del suo governo, io mi sarei comportato allo stesso modo. Un presidente di Regione uscente e dirigente politico non può essere buttato via come un calzino usato. Un partito può scegliere di cambiare candidato ma la decisione deve essere frutto di un percorso condiviso col presidente uscente.

È impossibile immaginare un’alleanza tra la sinistra non renziana e Crocetta?

Bisogna intendersi sul profilo politico che si vuole interpretare. Quello che io ho in mente è in discontinuità con l’esperienza Crocetta. Non si possono sommare numeri e cifre così, senza una visione.