Errani: non inseguiamo l’agenda della Meloni o gli elettori non ci capiranno

Politica e Primo piano

Intervista a Repubblica Bologna

di Silvia Bignami

“Evitiamo di inseguire la destra nella sua agenda, e affrontiamo invece i temi di petto e con radicalità. Guai se l’elettore pensasse che non stiamo parlando dei suoi problemi”. Vasco Errani non tornerà in Parlamento. Ha fatto un passo indietro dal Senato, ma non dalla politica. E non dalla sinistra. Da qui propone la sua via.

Errani, Enrico Letta dice di credere nella vittoria. Ha ragione?

In ogni elezione dare per scontati i risultati in partenza è un errore serio. Per me la partita si può giocare. E si gioca principalmente sulla questione sociale, che è più seria del solo tema delle bollette del gas. C’è la drammatica questione della perdita di potere d’acquisto dei salari negli ultimi trent’anni. C’è un differenziale degli stipendi tra uomo e donna del tutto inaccettabile. C’è una generazione che vive nella precarietà: precarietà nel lavoro e anche nella vita. Dobbiamo interpretare questo disagio. Questo è il punto. Non inseguire la destra nella sua agenda, ma affrontare la questione sociale con radicalità. Qui c’è lo spazio di conquista elettorale.

Ora state inseguendo la destra? 

Questa destra è pericolosa perché il populismo ha sempre un risultato: colpire i più deboli. Per questo ora la cosa fondamentale è spiegare agli italiani quale sia la nostra visione. È giusto quando Letta dice “bisogna scegliere”. Giustissimo: vogliamo la progressività fiscale o la flat tax? Su questo bisogna scegliere. In tema di salute: vogliamo la sanità pubblica finanziata dal fisco? Allora bisogna combattere veramente l’evasione. Ecco: dobbiamo essere netti e chiari sulle questioni, e così anche lo scontro con la destra diventerà più chiaro. Ciò che io temo e che va evitato è invece che la politica crei una narrazione da cui l’elettore percepisce che non si sta parlando dei suoi problemi e della sua vita.

Bersani ha detto che bisognava “legare la sabbia” anche con il M5S. Si poteva fare di più sulle alleanze?

Io, vista la pessima legge elettorale, ritenevo fosse necessario unire tutte le forze. Non in una logica di schematismo elettorale, ma perché, appunto, questa destra vuole la flat tax, perché ha un’idea residuale e debole di Europa, l’opposto di quello di cui ha bisogno l’Italia, perché ha un’idea dei diritti civili neo medievale. Per ragioni che riguardano la sostanza e la qualità della nostra democrazia. Sì, per me bisognava e bisogna legare la sabbia.

Ai M5S si riaprirà dopo il voto?

Io penso che bisognerà riprendere quel confronto. In politica non si dice “mai” a fronte delle necessità del Paese. Dopo il voto dovremo porci il problema del dialogo col M5S. E non in modo politicista, ma sulla base dell’idea che abbiamo dell’Italia e di chi coinvolgere per realizzarla.

Articolo Uno, Psi e Pd hanno formato la lista dei Democratici e Progressisti. Ora lei e Bersani tornerete nel Pd?

Si è aperta una fase nuova. Io credo che si debba costruire un percorso che promuova una forza di sinistra di governo, popolare, capace di affrontare le grandi sfide che abbiamo davanti. C’è la transizione ecologica, che impone un nuovo modello di sviluppo. C’è la rivoluzione tecnologica, che impone un nuovo “umanesimo”, che rimetta al centro l’idea della comunità e dell’uomo. C’è la sfida dei diritti, di genere ma anche del lavoro. Su questi temi noi dobbiamo fondare una nuova sinistra moderna e con una forte identità. È un cammino lungo, impegnativo, ma io credo che dobbiamo portarlo avanti.

Elly Schlein potrebbe essere la leader di questa nuova sinistra?

Elly è una risorsa importante e lo sarà in questa campagna. Ma ciò che noi dobbiamo trovare è una nuova identità e cultura politica. Questo è il punto. L’Idea leaderistica non corrisponde al progetto cui penso.

Il programma del centrosinistra rispecchia queste idee fondative, ma la candidatura di Casini confonde i militanti. Non crede? 

Conosco da tempo Casini, abbiamo lavorato insieme. Siamo diversi, ma c’è stima e rispetto. Casini ha fatto una scelta: ha compreso che nello schema imposto dalla legge elettorale il futuro dell’Italia si gioca sconfiggendo la destra. Ora però non è il momento di parlare delle liste, ma di conquistare l’elettorato. Ce lo dice anche la reazione dei militanti della Festa dell’Unità: cosa esprimono? Una rivendicazione e una domanda di identità. È una domanda giusta: bisogna dar loro una risposta.

Bonaccini dice che per riuscirci serviva una coalizione larga come quella dell’Emilia Romagna. Ma è esportabile il modello emiliano?

Io sono sempre stato contro i “modelli” e l’esportazione dei modelli. Ripeto: Serve una nuova forza della sinistra in grado di dare identità a una parte della società che domanda di essere rappresentata. L’Emilia Romagna ha una tale consapevolezza di sé che si esprime anche oltre lo stesso sistema politico. Le Sardine furono questo: la risposta autonoma a un’idea di conquista della destra che avrebbe snaturato la storia e il futuro di questa regione. Il tema ora si pone in Italia: non si possono riproporre le Sardine, perché l’Italia è diversa, ma spetta alla politica rappresentare un’idea di Paese alternativa a quella egoistica della destra. Qui si gioca la partita.

Matteo Lepore ha parlato di un nuovo Pd “laburista”. Ha ragione chi teme un ritorno ai Ds?

Chi pensa di tornare ai Ds? Non certo Lepore. Non si torna indietro, ma si deve andare avanti e costruire una sinistra moderna che metta al centro la questione della democrazia e del lavoro. Laburista, appunto. Se sai chi sei, allora puoi fare alleanze e riesci a farti capire. Parliamo di questo: io sono certo che questo gli elettori lo capiranno.