Errani: serve una sinistra che affronti i cambiamenti e si confronti con M5S

Politica e Primo piano

Intervista al Corriere della Sera

di Monica Guerzoni

Vasco Errani, ha brindato all’addio di Renzi?

«Non c’è nulla da brindare. Dico da tempo che serve una svolta nelle politiche e nella rappresentazione del Pd».

Il Pd ha preso una batosta e Leu si è fermato al 3%.

«Il voto è molto negativo, chiude una fase storica e segna la sconfitta del centrosinistra e della sinistra, radicale e riformista. Ripartiamo da qui, con umiltà e coraggio».

Le brucia la sconfitta contro Casini a Bologna?

«Il risultato è stato negativo per tutti, ma con qualche differenza. Non lo dico per un atteggiamento consolatorio, però il dato di Leu a Bologna non è stato secondario».

Bersani, D’Alema, Grasso, Boldrini, lei… Il peso del ceto politico ha zavorrato Leu?

«No, si deve ragionare sugli errori, ma la questione chiave è ricostruire la base culturale e politica della sinistra».

D’Alema ultimo a Nardò, se lo aspettava?

«Non cerchiamo capri espiatori, in alcune regioni del Sud l’onda è stata così forte da superare la Dc del ’48».

Scissione tra Mdp e Si?

«Evitiamo interpretazioni semplicistiche. È il momento di fare un passo in avanti, di aprire una fase costituente partecipata di Leu per costruire un soggetto politico».

Un nuovo partitino?

«No, l’obiettivo strategico è costruire una forza di sinistra che affronti i grandi cambiamenti. Al centro, non solo la redistribuzione del reddito, ma anche del lavoro, il rilancio della funzione pubblica per affrontare il tema delle sicurezze con il welfare. Un progetto nuovo di società, ambiente, consumi, qualità della vita e del lavoro».

Senza il Pd?

«Non spetta a me dire cosa deve fare il Pd. Spero non si limiti ad amministrare una sconfitta pesante, c’è bisogno di profonda discontinuità».

Pagate la scissione?

«No, chi ha votato Leu non avrebbe votato Pd. Gli elettori hanno dato una risposta netta a politiche come Jobs act, scuola, sanità, bonus. La diseguaglianza è aumentata e la richiesta di cambiamento si è rivolta verso altri partiti».

Tornereste nel Pd?

«No, io voglio fare una nuova forza della sinistra, ma spero che il Pd riparta dalla presa d’atto che la vocazione maggioritaria è finita e la rincorsa centrista si è dimostrata fallimentare e irrealistica».

Zingaretti farà da ponte?

«È un interlocutore importante».

E il M5S di Luigi Di Maio?

«Con loro bisogna confrontarsi. Hanno vinto e hanno la responsabilità se guardano a sinistra o a destra. Nessuno può stare alla finestra, è in gioco il Paese. Il rischio vero è una deriva di destra».

Volete andare al governo?

«Non ci interessano pastrocchi, discuteremo in Parlamento dei temi di merito».