Epifani: vediamo se c’è un’altra maggioranza, nell’interesse dell’Italia

Politica e Primo piano

Pubblicato su Facebook

di Guglielmo Epifani

Cosa fare dopo lo strappo di Salvini e la fine del Governo Conte?
La risposta non è semplice né scontata e sarebbe bene affrontare il tema con più serietà, coerenza e rigore di quelli messi in campo fino ad ora.
Non servono né i tatticismi spregiudicati alla Renzi, né le intemerate alla Grillo e neppure la pur legittima preoccupazione dei parlamentari che vivono con inquietudine la fine possibile della legislatura. Il crinale che il Paese sta attraversando è davvero foriero di conseguenze pesanti e richiede lucidità per non sbagliare le scelte. La rottura di Salvini, percome è avvenuta, per i toni usati (i pieni poteri), per il cinismo e la disinvoltura istituzionale espressi, rivela una minaccia per la nostra vita democratica. Non interessa qui usare paragoni storici che pure si potrebbero fare, ma è evidente che se l’unica motivazione che lo guida è quella di correre al voto per capitalizzare i consensi virtuali che i sondaggi raccontano, si pone già questo come una lesione ai princìpi di una democrazia parlamentare quale è la nostra.
Se nel passato si fosse seguita questa regola di convenienza a fini di parte, semplicemente non avremmo avuto una forma accettabile di istituzioni democratiche.
Il voto e il principio di maggioranza sono il cardine della rappresentanza politica e della sovranità insieme al rispetto di tempi, procedure e prerogative delle istituzioni a partire dal Parlamento fino ad arrivare alle funzioni di garanzia del Presidente della Repubblica. Su questo punto non è lecito transigere, dal momento che da ciò passa la difesa della democrazia e della nostra carta costituzionale. In altri termini, si può e si deve tornare al voto dei cittadini quando non ci sono più maggioranze parlamentari e di governo possibili, oppure quando vengono meno i patti e i programmi su cui si è chiesto il voto. Proprio per questo, dinanzi al Paese e alla sinistra, il problema che si pone è sostanzialmente quello di verificare se ci sono o meno, oggi dopo il tracollo del governo gialloverde, le condizioni per dare vita a una nuova maggioranza.
Il punto è definire con chiarezza quali condizioni: di merito, di programmi, di metodo e di persone.
Il merito non può che riguardare il cambiamento delle politiche più odiose volute da Salvini, una manovra di investimenti pubblici legati alla messa in sicurezza del territorio, una manovra di bilancio che dia impulso agli investimenti per generare lavoro, con particolare attenzione al Mezzogiorno, ma soprattutto la riforma del nostro sistema fiscale per abbassare le tasse su lavoro, tanto autonomo che privato, secondo il principio del “pagare meno, pagare tutti” e la revisione della legislazione sul lavoro col fine di correggere gli errori fatti con il Jobs Act e di rafforzare il nostro sistema industriale.
Il metodo deve prevedere una politica di sobrietà, di onestà personale, di riconoscimento degli errori fatti, di trasparenza nel confronto interno, di rispetto verso la Magistratura.
Quanto alle persone è lecito chiedersi se si può passare indifferentemente da una fase politica a un’altra senza cambiare, senza puntare a nuove figure ed esperienze, nel rispetto di tutte e di tutti.
Come si vede la sfida è alta e, come ha detto Bettini, può anche non riuscire. Onestamente non vedo altra strada.
Bisogna però partire da qui e non dalla coda, ovvero se fare un governo di pochi mesi o di legislatura o altro ancora. Il crinale che attraversa il nostro Paese e il senso di responsabilità, portano alla necessità di avere un pensiero alto e mirato all’interesse generale, non certo meschino o prigioniero di logiche modeste o farsesche.
A queste pensano a sufficienza i nostri avversari.
Poi ripeto, si può non riuscire a farcela perché non esistono le condizioni di merito o di fiducia o di quadro, o soprattutto per i piccoli egoismi interni a Pd e 5 stelle.
Ma almeno nessuno potrà dire che non abbiamo provato seriamente a fermare la destra che avanza, una destra che divide che lacera il tessuto comunitario del nostro Paese e che punta a un’Europa fatta di nazionalismi, di odio, di muri e di chiusure.