Documenti: la dichiarazione di voto di Fornaro sulla fiducia alla Manovra 2019

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Qui il video della dichiarazione di voto

Grazie, Presidente. Ieri, colpevolmente in quest’Aula non si è ricordato un anniversario importante per il nostro Paese: il 28 dicembre del 1943, 75 anni fa, i fratelli Cervi, Gelindo di 42 anni, Antenore di 37, Aldo di 34, Ferdinando di 32, Agostino di 27, Ovidio di 26, Ettore di 22 furono prima catturati e poi, insieme a Quarto Camurri, il 28 dicembre del 1943 uccisi per rappresaglia (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico). Ricordare oggi in quest’Aula uno dei simboli della Resistenza italiana non è, credo, soltanto un dovere, ma è anche un momento e un monito per l’oggi contro i rischi di una risorgente tentazione di considerare il confronto politico e il Parlamento strumenti inutili, da sostituire con la logica dell’uomo solo al comando. E vedete, anche l’etimologia di Parlamento occorre ricordare che deriva dal verbo parlare, esattamente quello che, per decisione della maggioranza, per la prima volta nella storia di questo Parlamento, non si è potuto fare sulla legge di bilancio in Commissione né alla Camera e né al Senato.

Ed è quello che si è cercato di fare, parlare poco e male ieri in un’Aula, comunicando all’opinione pubblica l’idea di una Camera dei deputati incapace di confrontarsi civilmente e democraticamente. Parlare vuol dire in quest’Aula anche ascoltarsi, quello che questa maggioranza, fin dal suo inizio, preferisce sistematicamente evitare. Se il Governo avesse voluto ascoltarci, ad esempio, si sarebbe potuto evitare un annunciato e propagandato scontro muscolare con la perfida Europa, uno scontro che si è concluso con quella che agli occhi di mezzo mondo, dei commentatori di tutta Europa, è apparsa come una ritirata quanto meno affannosa. Dall’inizio vi avevamo detto che si poteva e si doveva evitare l’infrazione, scrivendo un’altra manovra, ricercando il dialogo e non lo scontro con l’Unione europea, motivando lo scostamento dal percorso concordato, e quindi la differenza sul deficit, con un piano straordinario di investimenti per mettere in sicurezza un’Italia fragile e a rischio sismico e idro-geologico ben al di là della media dell’Unione europea.

Colleghi, il Paese aveva bisogno di una vera manovra del cambiamento, non di questo oggetto vagamente somigliante, in oltre mille commi, ad una sorta di nuovo Frankenstein. Il Paese aveva bisogno di parole di verità, e invece avete passato, in particolare i due Vicepremier, mesi e mesi a baloccarvi tra Twitter e dirette Facebook. Ma ve lo diciamo ancora una volta che non è con Facebook e Twitter che si governa un grande Paese come l’Italia. Non si governa la complessità dell’economia e della società contemporanea solo e soltanto con la logica della comunicazione, foss’anche questa di nuova generazione. Vedete, forti del consenso testimoniato dai sondaggi, questo Governo avrebbe dovuto ammettere che, avendo accettato la logica del confronto con l’Unione europea, reddito di cittadinanza e quota 100 nello stesso anno non si potevano fare, prima l’uno e poi l’altro, con il risultato finale che oggi ponete all’approvazione di quest’Aula mezzo reddito di cittadinanza e una quota 100 che rischia di essere una corsa a ostacoli in cui non si sa chi alla fine potrà arrivare al traguardo.

E guardate, non lo avete voluto fare perché non vi fidate l’uno dell’altro e avete paura di dare a uno dei contraenti il patto di Governo un vantaggio competitivo in vista delle prossime elezioni europee. Con questo modus operandi non si governa un Paese. Avete preferito riscrivere una manovra che è tutto meno che innovativa; avevamo giudicato positivamente questo inizio, Ministro Tria, di tabelle, di numeri di impostazione di politica economica, ed è invece una manovra piena di norme ordinamentali, di proroghe, di norme a pioggia. Sono più di cento, secondo il Sole 24 Ore, le misure della manovra che hanno un valore inferiore ai 10 milioni di euro.

Avete scritto in altri termini una manovra vecchia, una manovra che premia gli evasori, i grandi evasori e i furbetti delle tasse, e infligge l’ennesimo colpo alla credibilità dello Stato e alla fedeltà fiscale, perché non bisogna mai dimenticare, e di questo noi siamo fortemente convinti, che per pagare è necessario che paghino tutti per pagare meno. Una vera manovra del cambiamento avrebbe dovuto partire proprio da qui, da una lotta senza quartiere all’evasione fiscale, alla corruzione, alla grande criminalità organizzata e alla piaga dell’abusivismo edilizio; e, invece, avete usato in questi sei mesi gli strumenti di un passato antico, i condoni fiscali mascherati da pace fiscale e i condoni edilizi. Una vera manovra del cambiamento avrebbe dovuto ripartire proprio dalla Costituzione, dal principio che chi ha di più deve dare di più (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

Si poteva chiedere un contributo di solidarietà dello 0,8 per cento sul patrimonio superiore ai 3 milioni di euro, come vi avevamo proposto, per finanziare un piano straordinario contro la povertà, dare un segnale vero di cambiamento; e, invece, avete finito per bloccare l’indicizzazione delle pensioni sopra i 1.500 euro lordi. Avremmo voluto una manovra che rimettesse al centro dell’agenda politica il tema dell’istruzione e della sanità, due pilastri del welfare pubblico, e non dover essere costretti a commentare ancora una volta tagli. Un taglio delle risorse, ad esempio, per gli insegnanti di sostegno. Avremmo voluto una manovra che non lasciasse in eredità a chi verrà dopo di voi ben 52 miliardi di clausole di salvaguardia. Chiudo da dove sono partito, chiudo rivendicando la centralità del Parlamento in una difesa testarda e convinta del Parlamento e di un corretto equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo, quell’equilibrio che voi colpevolmente con questa manovra, con l’iter forzato, con la sostanziale impossibilità di discutere, avete colpevolmente alterato.

È un ulteriore passo in una discesa da una democrazia parlamentare verso una “democratura”, una democrazia autoritaria, che svuota dentro il Parlamento, passo dopo passo. E avremmo voluto sentire – lo dico anche se è assente in questo momento – la voce del Presidente Fico a difesa del Parlamento e delle prerogative della Camera, oltre che delle prerogative dell’opposizione. È stata per lui – lo dico chiaramente – un’occasione perduta per dare dimostrazione di equilibro, di imparzialità, di essere un Presidente di garanzia e non essere un Presidente di parte, come in questi sei mesi in diverse occasioni aveva anche dimostrato di saper fare. Avremmo voluto, quindi, confrontarci nel merito. Ieri abbiamo apprezzato, ad esempio, l’intervento del sottosegretario Garavaglia, anche se non abbiamo concordato sulla sua impostazione, ma quello è il modo per confrontarci. Avremmo voluto confrontarci nel merito, ma non ci è stato consentito. Avremmo voluto avere davanti una manovra del cambiamento e, invece, abbiamo di fronte una manovra del Gattopardo, una manovra in cui tutto cambia perché nulla cambi. Una manovra furba, iniqua e inefficace, a cui convintamente voteremo contro, e lo faremo in un modo plateale perché le deputate e i deputati di Liberi e Uguali passeranno sotto il banco della Presidenza dicendo “no”, ma tenendo alta in mano la Costituzione italiana (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).