D’Alema: alla Feps pagato meno del mio valore, è una vendetta politica

Politica e Primo piano

Intervista a la Repubblica

di Concetto Vecchio

Presidente D’Alema, è vero che lei percepiva diecimila euro mese dalla Feps, la rete delle fondazioni dei socialisti europei?

«Sì, ma sono 5000 euro netti».

Per quanto tempo è stato retribuito?

«Dal 2013 al 2017. I primi tre anni della mia presidenza alla Feps, dal 2010 al 2013, ero ancora parlamentare e ho svolto le mie funzioni gratuitamente».

E perché dal 2013 venne retribuito?

«Dopo l’uscita dal Parlamento avevo molte offerte di lavoro. In particolare da una società inglese che organizza eventi internazionali, Chartwell, che mi offriva quattro volte quello che poi ho preso dalla Fondazione. Il segretario generale Ernst Stetter mi propose di concentrare tutto il mio impegno su lavoro della Fondazione, proponendomi un contratto che prevedeva anche una clausola di esclusività, per remunerare le mie prestazioni che andavano al di là della mia normale attività di presidente».

Questo perché?

«Il segretario generale non voleva creare un precedente di uno stipendio pagato per il ruolo. Volle, d’intesa con il tesoriere, mantenere il principio per cui alla Feps era remunerato il lavoro».

Ora però perché la Feps le fa causa, e le chiede di restituire 500mila euro?

«Il contratto è stato fatto secondo le procedure regolarmente eseguite per tutti i contratti e regolarmente protocollato. Trovo sconcertante il modo in cui è stata gestita questa vicenda. Non è mai stato sentito il segretario generale che ha redatto il contratto. La notizia della citazione in giudizio è stata notificata prima a Repubblica che a me. Tutto questo ha lo stile di una vendetta politica e personale».

Ma chi la vuole colpire?

«Io lo so da dove viene questo attacco».

Non è singolare che del suo contratto non venne informata l’assemblea della Feps?

«Non ho seguito la parte procedurale. Faccio però notare che i contratti non sono documenti segreti e che ogni membro del bureau avrebbe potuto esaminarli, tanto è vero che quando hanno aperto l’armadio lo hanno trovato. Credo che molti sapessero di questo e di altri contratti».

Cosa vuol dire?

«Stetter, prima di procedere, chiese un parere a una società di contrattualistica belga, Securex, che rispose che era possibile retribuirmi per funzioni diverse da quelle di presidente».

Insisto: perché allora le fanno causa?

«Sostengono che la procedura sia stata irregolare, perché nel mio caso in quanto presidente, avrebbe dovuto esserci una deliberazione dell’assemblea, ma in questo contratto è molto chiaro che io sono stato retribuito non per la funzione, ma per l’attività svolta».

E in che cosa consisteva l’attività svolta?

«Conferenze in giro per il mondo, attività politica. Nel 2016 andai Città del Messico, Bruxelles, Teheran, Washington. Ecco, guardi qui: sei interventi nei primi tre mesi del 2016, venticinque in tutto l’anno. Ho lavorato moltissimo».

Come veniva pagato? In contanti?

«Scherza? Con regolare bonifico, e ho pagato le tasse, in Belgio, per l’attività svolta a Bruxelles, in Italia, per quella svolta nel resto del mondo: ero soggetto a una doppia imposizione. Penso di avere largamente onorato quel contratto, e di essere stato pagato meno del valore delle mie prestazioni».

Chi Io stabilisce questo valore?

«Ho chiesto a una società di redigere una perizia da fare valere nella causa».

Come si chiama questa società?

«Non intendo rivelarne il nome. Le dico solo che da quando non presiedo la Feps guadagno molto di più naturalmente».

Col senno di poi non fu un errore non avvisarli?

«Qui non stiamo discutendo di norme di comportamento, potrei anche accettare qualche critica da questo punto di vista, ma si è avviata una procedura legale accusandomi di avere compiuto un atto illegittimo. Deciderà un giudice. Sono sicuro di vincere questa causa».

Il sospetto è che lei avesse un ascendente su Stetter.

«Stetter è stato segretario generale della Feps per undici armi, è persona autorevole e di grandi capacità. Comunque ora è pensionato come me e non potrei condizionarlo in alcun modo. Perché non lo si ascolta?».

Perché non ha fatto la transazione?

«I miei avvocati hanno ribadito la nostra volontà ad una soluzione amichevole e dignitosa, più per amore dell’istituzione che per convenienza. La risposta è stata la denuncia e la divulgazione ai giornali».

Su 25 Fondazioni, tra cui quattro italiane, ben 23 si sono espresse per la causa. Come lo spiega?

«Ritengo sia stata raccontata una storia non vera e che lo svolgimento della vicenda chiarirà a tutti come stanno le cose».

È sicuro che rifarebbe tutto daccapo?

«Ho onorato i miei impegni e so di essermi guadagnato lo stipendio».