Conte: contro questa autonomia un intergruppo di parlamentari del sud

Politica e Primo piano

Intervista a Il Mattino

di Francesco Pacifico

«Regione che vai, diritti che trovi: diversa istruzione, diversa cura dell’ambiente, diversa gestione della sanità». Federico Conte, giurista e parlamentare salernitano di Liberi e Uguali, ha presentato una mozione alla Camera per chiedere al governo di accompagnare l’autonomia differenziata con l’istituzione dei Lep, dei livelli essenziali delle prestazioni, di un vero fondo perequativo e di un piano di sviluppo per il Mezzogiorno. «Ma per difendere il Sud dovremmo anche creare un intergruppo in Parlamento di eletti al Sud».

Appunto, il Sud che cosa rischia?

«Per il Mezzogiorno quest’autonomia è come il cappio per l’impiccato. Soprattutto se i trasferimenti si calcoleranno in base alla ricchezza media, le Regioni più povere avranno soltanto meno servizi e meno risorse. Ma non c’è soltanto la questione del Mezzogiorno: con questo modello salterebbero i servizi comunali, che oggi i sindaci finanziano con i loro tributi locali».

Come se esce?

«Intanto eliminando criteri di ripartizione che rafforzano i più ricchi. Le ultime bozze tornano sul concetto di spesa storica, che per il Sud è soltanto la fotografia delle diseguaglianze, del divario, di una spesa dimezzata in questi ultimi dieci anni. Poi, quando dicono di volere individuare i costi standard rispetto ai fabbisogni standard, dimenticano un pezzo importante che sono i Lep, che possono stabilire l’Ufficio parlamentare di Bilancio e la Sose. Perché il fabbisogno non lo puoi calcolare sulla fiscalità, ma sulla prestazione, su quanto costa».

Dimentica la perequazione?

«No. Potremmo ripartire da quanto prevede la legge 41, una buona legge, voluta dall’ex ministro leghista Roberto Calderoli. Ma senza i Lep, siamo soltanto di fronte a un obolo postumo, a uno stravolgimento dell’articolo 53 della Costituzione, secondo il quale la leva fiscale ha una funzione distributiva».

Perché parla di «raggiro costituzionale»?

«Perché a dispetto di quello che prevede l’articolo 116, la maggioranza non pensa neppure di seguire un percorso legislativo ordinario. Non dico di affidarci a quello rafforzato, ma come Parlamento rischiamo addirittura di avallare, non approvare, delle intese concordate nelle segrete stanza tra un pezzo dello Stato e le Regioni del Nord, due delle quali a guida leghista come di fatto lo stesso governo. Voglio ricordare che all’inizio il Carroccio spingeva perché alle Camere ci fosse soltanto una ratifica, come si fa con le intese con le confessioni religiose».

I presidenti di Camera e Senato, Fico e Casellati, sono concordi a far emendare i testi.

«Non vorrei che questa storia degli emendamenti sia soltanto un paravento. Poi che cosa andiamo a emendare? Le intese oppure una legge di ratifica, dove non sono presenti i termini e le materie da trasferire. Quello che nessuno dice è che in questo modo, assieme allo stesso Parlamento, sono escluse dalle discussioni le altre Regioni, come se la cosa non interessasse loro. Senza dimenticare che questo iter non permetterebbe neppure di ricorrere alla Corte Costituzionale oppure al referendum abrogativo, che in un momento nel quale tutti parlano di democrazia diretta è l’unica arma in mano a disposizione dei cittadini».

Che cosa può sbloccare la vostra mozione?

«Intanto la discussione sul federalismo entra dalla porta principale in Parlamento e non è più relegata alle segrete stanze e alle pagine dei giornali. E in fondo daremo loro l’opportunità di sottrarsi all’angusta situazione di subordinazione politica, nei quali si trova rispetto alla Lega».

Che cosa può succedere a livello parlamentare?

«Secondo me, e lo proporrò ai miei colleghi, ci sono le condizioni per formare un intergruppo di parlamentari meridionali su questo tema».

Ma anche voi di Leu volete l’autonomia?

«Sì, non ci sono pregiudiziali da parte nostra. Ma soltanto se si andrà verso una riforma complessiva della nostra architettura costituzionale. Pensiamo alle Province, che il governo precedente ha provato a cancellare, ma sono ancora previste dalla Carta».

Non è ancora chiara la posizione del Pd.

«Perché il Pd sconta l’attivismo dell’Emilia-Romagna e questo gli impedisce di chiarire le sue intenzioni. Con questa mozione vogliamo anche imporre loro di prendere non ci sono pregiudiziali da parte nostra. Ma soltanto se si andrà verso una riforma complessiva della nostra architettura costituzionale. Pensiamo alle Province, che il governo precedente ha provato a cancellare, ma sono ancora previste dalla Carta».

Non è ancora chiara la posizione del Pd.

«Perché il Pd sconta l’attivismo dell’Emilia-Romagna e questo gli impedisce di chiarire le sue intenzioni. Con questa mozione vogliamo anche imporre loro di prendere una posizione netta e non più balbettante: una forza che vuole essere alternativa alla Lega, non può appiattirsi sui desiderata del Carroccio».