Paolucci: caro Pisapia, non è questione di bon ton. Ecco perché

Politica e Primo piano

l’Huffington post

Massimo Paolucci

La discussione sulla scelta di Giuliano Pisapia di partecipare alla Festa dell’Unità di Milano viene rappresentata, in queste ore, in modo surreale. La narrazione è quella di uno scontro tra educati e maleducati, tra galantuomini e barbari che, accecati dal risentimento personale, teorizzano il primato delle politica sul bon ton.

Assurdità che necessitano di qualche riflessione e di un chiarimento più di fondo non risolto dall’odierna intervista di Pisapia.

1. Perché, dopo sole tre settimane dalla bella manifestazione del primo luglio c’è disorientamento, in alcuni casi sconcerto, tra la nostra gente? Sinceramente a me pare evidente che prima il “non mi candido“, poi veline scomposte e parole fuori luogo dopo il proficuo incontro tra Speranza e Pisapia e infine quella “benedetta” festa di Milano ci hanno creato più di un problema. Sia chiaro, la materia del contendere non è partecipare alla festa dell’Unità, ci mancherebbe. Tra l’altro, in quelle feste c’e una parte (sempre più piccola a vedere le immagini) del popolo del centrosinistra con il quale è importantissimo interloquire. La questione è un’altra. Come sempre di merito. Caro Giuliano, se entrando alla festa, a Milano, affermi: “qui mi sento a casa mia“, trasmetti (purtroppo) un messaggio poco chiaro, che alimenta confusione. Se quella – proprio quella, con quelle parole, quei programmi, quelle politiche – è casa nostra, le decine e decine di migliaia di persone che da tempo hanno lasciato il Pd e che non lo votano più, non ti capiscono. E se non ti capiscono, non ci seguono. Soprattutto se il primo luglio, in piazza Santi Apostoli, hai dichiarato di voler costruire una nuova casa, alternativa e in netta discontinuità con il Pdr (Partito di Renzi ndr). Anche perché, sui contenuti, sempre da quel palco, con un discorso bello e forte, hai usato parole chiare: ripristino dell’articolo 18, patrimoniale, progressività della leva fiscale. Lo dico sommessamente, attenzione: corriamo il rischio che i tanti “senzatetto”, che guardano alle nostre iniziativa con simpatia e fiducia continuino a essere nomadi, senza casa.

2. Anche la foto con la Boschi ha contribuito ad alimentare tanta confusione. La rete è quasi impazzita. Liberiamo il campo dalle sciocchezze: il tema non è che la Boschi sia stata paladina del Sì al referendum costituzionale. Sabato sono stato a una iniziativa a Ogliastro con Antonio Bassolino che non ha sostenuto le ragioni del No. Enrico Rossi, che ha votato Sì, è oggi uno dei dirigenti più stimati del nostro movimento. No, noi vogliamo e dobbiamo discutere a 360 gradi. Ma la foto con la Boschi (lo so assolutamente casuale) alimenta, accompagnata da quelle parole, un messaggio contraddittorio, che rende incerto il nostro posizionamento politico. Non c’entra nulla il galateo e non c’è da meravigliarsi delle reazioni. La Boschi insieme a Renzi sono i simboli di una stagione politica che vogliamo mettere alle nostre spalle.

3. Al fondo c’è un equivoco politico che va sciolto nei prossimi giorni. Per andare avanti, bene, insieme. Chiariamoci. Io farei l’accordo con il Pd domani mattina se non ci fossero tante differenze tra le nostre proposte. Oggi, purtroppo, (guardiamo in faccia la realtà) tra noi e il Pdr, non c’è un minimo comune denominatore sulle scelte fondamentali che riguardano il futuro dell’Italia. È per questa ragione che in tanti abbiamo lasciato il partito che contribuimmo a fondare. Certo, per battere le destre e i cinque stelle serve un’alleanza molta larga. Ciò che impedisce questa alleanza non è il rancore personale verso Renzi, come detta la propaganda renziana. Ripeto: ciò che ci divide è una montagna di questioni di merito e su queste, se vogliamo riconquistare tantissimi elettori delusi, non possono esserci tentennamenti, incertezze. So bene che nel Pd ci sono mille distinguo. So bene che il Pd è fondamentale. Ma non facciamoci illusioni: non è annacquando le differenze che favoriamo un riposizionamento del Pdr e costruiamo un’alleanza vincente. Con il Pdr, invece, ora non può che esserci una chiara e limpida battaglia politica. Non sulle persone ma sul merito, sul profilo programmatico e ideale del nuovo centrosinistra. Quanto più coerenti e chiari saremo, più aumenteranno i problemi e le contraddizioni nel Pdr, maggiori saranno le possibilità di una svolta e di una ricomposizione unitaria.

Altro che settarismo. Chi ha dato vita ad Articolo Uno ha nel suo Dna la cultura di governo e prova fastidio per qualunque forma di minoritarismo.

Adesso, per ricostruire, serve coraggio, coerenza e discontinuità. È la condizione indispensabile per riaprire la stagione delle belle foto di gruppo.