Bugani: vado con Bersani. Nel M5S da tre anni manca un percorso

Politica e Primo piano

Intervista a Il Corriere della Sera

di Emanuele Buzzi

«Articolo Uno è un piccolo partito fatto però da idee chiare e limpide. Mi tuffo in questo progetto insieme a tutto il gruppo bolognese che lavora con me da tantissimi anni. Mi piacciono le sfide. Entrai nel Movimento nel 2005 quando eravamo solo 4 amici al bar».

Max Bugani, assessore ai Rapporti con il Consiglio comunale a Bologna, annuncia così il suo addio ai Cinque Stelle. Come mai questa scelta?

«Con Bersani ci sentiamo da anni e più ci sentiamo più aumenta la mia stima nei suoi confronti. È un peccato che nel 2013 ci fosse lui e che nel 2018 ci fosse Renzi, se il destino avesse invertito le occasioni non avremmo fatto un governo con Renzi nel 2013 e l’avremmo invece fatto con Bersani nel 2018. Il timing spesso è tutto, sia nella vita che nella politica».

Anche lei è tra i delusi del Movimento?

«Non ho nessun rancore, nel M5S ci sono persone alle quali sono legato umanamente da 17 anni e alle quali auguro il meglio».

Ma come mai allora separa la sua strada da quella del M5S?

«Perché dal 2019 non c’è un percorso. Spero che il M5S trovi la propria strada, in questi ultimi anni mi sono illuso tante volte che ne avesse imboccata una con decisione ma poi si tornava sempre indietro. In mezzo a mille voci fra di loro contrastanti, veniva disfatto la sera ciò che qualcuno aveva fatto la mattina. Una tela politica di Penelope».

Conte ora vuole fare il terzo polo.

«Da soli non si combina niente, c’è poco da fare».

Ma è colpa del Movimento se c’è la crisi di governo?

«Non era il governo dei migliori, io fui molto critico quando nacque, ma poi una guerra non te la aspetti e per chi lavora nei Comuni come me è abbastanza assurdo veder cadere tutto a pochi mesi dal voto naturale, in piena emergenza economica e sociale. Il M5S è entrato nel governo Draghi perché non era abbastanza forte per starne fuori, e oggi esce perché non era abbastanza forte per starci dentro. Sono state entrambe scelte dettate dalla debolezza e dalla confusione, da una mancanza di chiarezza interna».

Cosa pensa del campo largo di Letta?

«Dico che prima bisognerebbe lanciare un manifesto politico chiaro, ambientalista, progressista e antifascista, in grado di accendere la speranza. E poi successivamente si dice “chi condivide questo manifesto metta il dito sotto”. Io la smetterei di dire chi sta dentro e chi sta fuori e chi si vorrebbe escludere, finché non si decide il “cosa” si vuole fare. La politica non è il fantacalcio».

Non le piace che Calenda si proponga come premier?

«E come se io mi proponessi per fare l’astrofisico nucleare».

Che dirà a Grillo?

«A Beppe voglio dire grazie per avermi trascinato in politica con l’ironia e per tutti i momenti meravigliosi che abbiamo vissuto insieme».

E sul tetto dei due mandati?

«Indipendentemente dalle riflessioni interne, mi dispiace sentir parlare più di regole che di obiettivi e qualità».