Bersani: noi più saggi che divisi. Tarasconi sia sindaca sociale

Politica e Primo piano

Intervista a Libertà

di Pietro Visconti

Il vento sembrava contrario al centrosinistra anche qui a Piacenza. Troppo radicata la Lega, in ascesa FdI… Pd timido nell’opposizione. La grande parentesi tragica dell’epidemia… In quella previsione pessimistica c’era incapacità di vedere un ‘sommerso’ oppure Tarasconi ha fatto davvero un’impresa?

In realtà si percepiva scontentezza verso l’amministrazione. Katia ci ha messo non poco di suo. L’elettorato progressista non si è fatto paralizzare dalle divisioni ed è andato a votare. Tutto qui.

Da piacentino con il tetto a Piacenza ma con i piedi tra Parlamento e Italia tutto l’anno: come ha visto amministrata la città negli anni del centrodestra?

Sentivo che alla amministrazione era rimproverata la scarsa cura della città. Questo avviene facilmente quando non vedi realizzata una sola cosa rilevante per il futuro. Quando è così, l’occhio rimane a terra. L’ordinario non basta a vincere, ma se non c’è altro basta a farti perdere. 

La cosa più apprezzabile che si sente di indicare dell’amministrazione Barbieri? E quella che proprio non le è andata giù?

Ho apprezzato la dignità e la serietà della sindaca, non solo nel congedo ma in tutti questi anni. Facendo eccezione per le infiltrazioni istituzionali della ‘ndrangheta, non saprei dire una cosa profondamente indigeribile, forse perché sono allenato a mandarne giù molte.

Il copione dalla vittoria di Tarasconi è lontano dallo schema che lei propone – con ostinazione – da anni: campo largo di centrosinistra imperniato sul fratello maggiore Pd esteso ai più vari soggetti e movimenti. Eppure lei con Piacenza Coraggiosa ha aderito alla coalizione del campo spezzato. Con quale spirito? In quale logica? Forse quella dell’un passo alla volta?

Mi piace dire che Articolo Uno ha il compito di “legare anche la sabbia”, portandola il più possibile verso una moderna sinistra di governo. A Piacenza, ovunque ci fossimo messi, il compito sarebbe stato quello. Lo abbiamo svolto in tutta Italia in posizioni diverse e, come si è visto, abbiamo incrociato un sentimento che c’era. 

Quando Letta è venuto qui in campagna elettorale ha liquidato la questione di Alternativa per Piacenza dicendo secco: il centrosinistra è dove c’è il Pd. Una concezione eliocentrica… Letta è un suo compagno di strada: gli consiglierebbe di tenere buona quella frase (che ovviamente ad ApP suonò offensiva) o di adattarla?

Gli consiglierei di dire e di pensare che il centrosinistra è dove sono i cittadini progressisti. 

Dove sta l’ostacolo a capirsi fino in fondo per allargare gli spazi e non presentarsi in concorrenza tra sinistra rosé e sinistra rosso antico? Oppure sono concetti superati?

Superati proprio no. Un esempio: se diciamo no ai contratti pirata, no alla pletora di facili canali per la precarietà, parità salariale uomo donna, formazione obbligatoria nei contratti di lavoro, ci stanno sia i rossi che i rosa? Allora avanti, nella chiarezza! E così sul fisco, sul welfare, sull’ambiente, sui diritti.

Tarasconi dice a chi ha dubbi sulla sua robusta identità di sinistra: “Sono del Pd e ci sto con animo critico se serve, finiamola con sta storia delle caselline dove mettere le persone”. Anche per lei Bersani non servono più le “caselline”?

Odio le caselline, ma amo l’idea di un grande partito popolare che conosca la vita comune dei cittadini e la interpreti con generosità e spirito di uguaglianza. Per capirci, vorrebbe dire mettere nei tempi nuovi l’anima antica di uno come Armando Braghi, che ci ha lasciati due giorni fa. 

Qual è l’aspettativa maggiore che avverte riguardo alla nuova stagione di governo della città?

Si affaccerà il tema sociale. Come mi è capitato di dire a Katia Tarasconi non basterà fare il sindaco, ma bisognerà “essere il sindaco” e cioè trasmettere una vicinanza attiva al disagio, anche al di là delle competenze di un comune. E poi, come dicevo, ci vorrà una cura amorevole, metro per metro, della città, accompagnata però almeno da una cosa che apra la porta al futuro. Dovessi scegliere io direi la Pertite. 

Cosa dice il caso Piacenza sul piano nazionale ai mondi progressisti? E, perché no?, cosa dice ai mondi del centrodestra?

Dice ai progressisti che il potenziale c’è e che va fatto esprimere predisponendo in autunno una novità politica e una piattaforma programmatica nuova rivolta al sociale. Che cosa dica alla destra immagino lo sappiano loro.

La tornata delle comunali 2022 ha rinfrancato il centrosinistra. Tra meno di un anno si vota per il Parlamento: vede fattibile una replica? Oppure su scala nazionale sarà tutta un’altra storia e la destra ha ancora molto vento nelle vele?

Far coincidere amministrative e politiche significa confondere le mele con le pere. La destra c’è e non si vincerà dicendo solo no alla destra. Ci vuole un assetto politico leggibile nel campo progressista e il coraggio di entrare con proposte chiare sul tema sociale. 

Ha votato pochissima gente. A Piacenza al ballottaggio 4 su 10. Lo sciopero degli elettori incrina l’impalcatura democratica. Cosa si può, cosa si deve fare per contrastare l’estraneità dilagante dei cittadini?

È la questione più grave. Innanzitutto ovunque nelle democrazie il voto vale meno perché le decisioni che contano si fanno sempre più lontane, meno afferrabili e condizionabili dall’elettore. Se l’ambito della partecipazione elettorale non riuscirà ad accostarsi ai luoghi delle decisioni si aprirà un problema serissimo per tutte le democrazie. In secondo luogo si può ormai dire che vota solo chi sta bene o benino. Una recente rilevazione ci dice che solo il 28 per cento di chi ha redditi bassi ha votato, il 63 per cento di chi ha redditi medi, il 79 per cento di chi ha redditi alti. Bisogna finalmente che chi sta peggio si senta dire qualcosa di credibile che lo riguardi concretamente! Si conferma che la disuguaglianza è una zavorra sia per l’economia sia per la democrazia. Questo è l’assioma di una sinistra di governo e nella mia vita di governante e di politico ne ho sempre avuto conferma.