Bersani chiude a Savona: porto un po’ di sinistra in tournée

Politica e Primo piano

Intervista a Repubblica Genova

di Matteo Macor

“Son qui per portare un po’ di sinistra in tournée”, dice Pier Luigi Bersani arrivando alle Fornaci, sede del suo pomeriggio savonese, ospite illustre della giornata di chiusura della campagna del centrosinistra nella città della Torretta. Leader di provincia, «partito da una comunità montana e finito al governo nazionale», — ricorda — l’ex ministro e vecchio segretario del resto pare ruggire a voce piena anche e soprattutto nelle tante province d’Italia. «Ieri ero in Umbria, oggi a Savona, domani torno nella mia Emilia, siamo un Paese di comuni e piccole amministrazioni, con un futuro che passa soprattutto da queste amministrative», riflette il padre di Articolo Uno, 70 anni appena compiuti in campagna elettorale, planato dalla sua Piacenza fino in Liguria per tirare la volata a Marco Russo.
La sinistra in tour però suona da rievocazione storica, Bersani. Siamo ridotti così male?
«Ma no, parlo di sinistra in tour in parte perché ce n’è sempre bisogno, in parte perché a sinistra vedo invece della movida. Non è vero che c’è solo passività, dalle nostre parti. Sia nelle realtà come questa, a Savona, dove si può dimostrare che la destra non è invincibile. Sia, come a Bologna, o a Napoli, dove è già in atto il tentativo di costruire il campo largo progressista che sono otto anni che ricordo a tutti deve essere il nostro futuro».
Ci sarà aria di “movida”, ma l’impressione è che queste amministrative contino sempre meno. Per i cittadini, ma pure per i partiti.
«C’è del vero, parliamoci chiaro, ci sono larghe fasce di disaffezione. Ma perché c’è ancora sete di novità, quella che nel passato è stata interpretata dal M5s e in parte dalla Lega, ma entrambi non sono stati in grado di corrispondere del tutto. Per questo, al prossimo giro nazionale, vincerà chi saprà rispondere a questo bisogno. E aggiungo: può farlo il centrosinistra progressista, se troverà la generosità sufficiente per un’offerta di novità politica».
Qual è la sinistra competitiva nel modello di Bersani?
«Vorrei un partitone nuovo della sinistra, capace di proporre su temi nuovi e costruire in un campo progressista allargato al M5s. C’è lo spazio per una ricomposizione di una sinistra larga e plurale, civica e politica, sulla base di un programma fondamentale nuovo e un accordo con i Cinque stelle portati a maturità con l’aiuto di Giuseppe Conte. La potenzialità c’è, manca l’offerta. Ma serve lavorarci da subito, se no sono guai».
Qui a Savona, così come altrove (Genova compresa, in vista dell’anno prossimo), il tentativo di alleanza organica con il M5s non pare neanche nei pensieri, però.
«Ma perché quando si chiede generosità bisogna anche darla, non si chiedono i passi da un lato solo. Sia chiaro, i dubbi sono un problema che riguarda loro, ma anche il centrosinistra. Io comunque penso che a poco a poco nel M5s prevarrà la voglia di costruire qualcosa, la scelta di campo di Conte mi pare inequivocabile. Se no, si finisce nelle mani di una destra che non è da Nord Europa, ma da Est Europa».
La destra pare divisa e in difficoltà sia nei contesti locali, come qui in Liguria, sia a livello nazionale. È crisi vera?
«La destra è avanzata ovunque, ma ovunque ha mostrato i limiti non appena messa alla prova del governo, davanti a scelte che richiedono esercizi collettivi. I partiti della nostra destra sono politicamente in difficoltà, e per questo vengono i nodi al pettine. E se dobbiamo aspettare di vedere cosa uscirà dalle inchieste di Milano su Fdi, ricordo ad esempio a Giorgia Meloni che se vorrà giurare sulla Costituzione dovrà giurare sul valore dell’antifascismo».
Ma quanto largo può essere, questo perimetro nuovo ? A Savona le sinistre stanno insieme ai renziani…
«I contesti locali sono sempre ricchi di variabili, sono contento che Italia Viva stia nello schieramento di Russo a Savona, meno che appoggi il candidato del centrodestra a Torino, o Calenda a Roma. Serve scegliere da che parte stare, vale per tutti. Anche perché dal giorno dopo le amministrative la partita torna nazionale, torniamo alla politica, e ciascuno deve decidere dove stare».
Come la vede la scelta super centrista di Toti?
«Ovunque nel mondo in politica stanno operando grandi campi plurali alternativi, la parola centro non dice nulla, è luogo di narcisismi individuali, di galleggiamenti. A prescindere dalla legge elettorale, non si possono tenere i piedi uno di qua, uno di là.»
L’alleanza giallorossa, in questa regione, per ora non ha portato bene. Il centrosinistra in Liguria perde da sei anni. Come si fa a tornare a vincere?
«Anche il cammino più lungo comincia da un passo, e in generale la sinistra come primo passo deve tornare a riflettere assieme su un programma fondamentale nuovo. Si deve riagganciare il dibattito sul lavoro, si deve ritornare a parlare di un universalismo del welfare, di progressività e generalità del fisco, o di mettere insieme tema ambientale e tema sociale. Perché va bene promuovere il bonus del 110 per cento, ma serve anche pensare a chi la casa manco ce l’ha».