Bersani: adesso un progetto con Pd e 5 Stelle o vincerà la destra

Politica e Primo piano

Intervista a La Stampa

di Francesca Schianchi

Il governo Draghi è la «miglior soluzione possibile», dopo la «colpa grave» di Renzi di aver buttato giù quello precedente. Pierluigi Bersani non sa dire se sia quello dei migliori, «ma sappiamo chi sono i peggiori, e non ne fanno parte». Non avrà vita facile, prevede l’ex ministro oggi in LeU, poco prima di andare a dare il suo sì al nuovo esecutivo, perché «non ci sarà la Pax, non c’è il clima: ma deve pensare a governare, lo giudicheremo dai fatti». Nel frattempo, però, affacciato alla grande finestra con vista su Montecitorio della sala riunioni del suo gruppo, invita i partiti a riprendere a fare politica, a spendere il tempo che sarà dato a questo esecutivo per strutturarsi e nutrire l’alleanza tra Pd, M5S e LeU. «O si va a messa, o si sta a casa – lancia il suo appello in puro bersanese -. Lavoriamo a un progetto politico. Altrimenti ci riposiamo, e poi però c’è solo la destra».

Partiamo dal governo: l’ha convinta il discorso di Draghi?

«Mi è piaciuta la sua retorica sobria, fatta dall’andamento “un concetto, una frase”. Mi pare abbia la consapevolezza dei problemi e uno sguardo lungo. Ora però tutto dipende da come i concetti trovano una messa a terra».

Le piacerà l’annunciata riforma del fisco che vuole mantenere la progressività: significa no alla Flat tax.

«I concetti di generalità e progressività del fisco mi sono piaciuti molto. Così come la sua declinazione di europeismo. Avrei gradito invece un approfondimento sulla questione del ruolo dello Stato: abbiamo già a che fare con Ilva e Alitalia. Ma al di là di questi casi, in questa fase, come avviene in tanti altri Paesi, ci sarà l’esigenza di un ruolo diretto dello Stato nelle filiere industriali».

È da vedere se andrà bene a tutta la maggioranza. Che effetto le fa sostenere un governo con la Lega di Salvini?

«Non sono tranquillissimo, ma, data la situazione, la sinistra deve stare dentro per presidiare le sue idee. Mi predispongo a dare un contributo al programma partendo dalle nostre convinzioni».

Alla nascita del Conte 2 lei disse che per prima cosa avrebbe fatto lo Ius soli. Immagino che non riponga speranze in questo governo per farlo…

«Ci saranno purtroppo dei temi sospesi, inevitabilmente: questo è uno di quelli. Fa male, è un’indecenza, ma non sarà il solo».

Quali altri?

«Le tre cose che si faranno sono quelle che chiede l’Europa contestualmente al Recovery: la riforma della Pa, della giustizia civile, del fisco. Ci saranno però problemi che si affacceranno e imporranno una scelta, per esempio un nuovo sistema di ammortizzatori sociali. Così come ci vorrebbe una legge sulla rappresentanza e la contrattazione: ma lo sa che in dieci anni siamo passati da 400 a 950 contratti? Una disarticolazione del lavoro che veicola diseguaglianze. Io spingerò per fare una legge, ma la strada non è facile».

Se ricominciasse un’ondata di sbarchi?

«Penso che nel confermare Speranza, Draghi abbia voluto dire “prima la salute”. E nel riconfermare la Lamorgese abbia detto “no alla brutalità”. Ha già fatto una scelta di fondo».

Ci crede alla svolta europeista di Salvini? 

«C’è stata una scelta politica in un partito che non ha bisogno di congressi o discussioni. Metà mondo della Lega non aveva digerito il Papeete: non penso che intimamente si siano abbandonate le posizioni euroscettiche, ma si fa di necessità virtù e si lasciano nel cassetto un po’ di slogan. D’altra parte, non sento più parlare di Mes…».

Si riferisce a Italia Viva?

«Per giorni non si parlava d’altro, ora noto che è scomparso dall’orizzonte…».

Che giudizio dà del ruolo di Renzi nella crisi? 

«A differenza di tutte le altre volte che in Italia è nato un governo di quasi tutti, stavolta non nasce sull’onda di un’emergenza, ma di una trappola tesa per mettere in crisi il percorso politico che si stava facendo. È stata una colpa seria, perché ci ha allontanati da una fisiologia democratica portandoci all’eterna eccezione italica. Detto questo, una soluzione migliore di Draghi non poteva venire fuori».

Lei vede in questo governo una sconfitta della politica?

«Ci vedo l’arretramento di una politica che nell’ultimo anno e mezzo aveva mostrato di portare. risultati. Questo governo, come ha detto il Capo dello Stato, non si riconosce in nessuna formula politica. È una grande occasione per predisporre una nuova offerta agli elettori».

Va in quel senso l’Intergruppo con Pd e M5s?

«Io sono a favore di tutte le iniziative che tengano un collegamento tra queste forze, che si chiamino Ugo o intergruppo, ma il punto è: che intenzioni abbiamo? Qual è il nostro progetto politico? Abbiamo il dovere di rispondere rapidamente».

Lei cos’ha in mente?

«LeU vuole costruire un campo progressista il cui nucleo deve partire dalle tre forze che hanno sostenuto lealmente il governo Conte. Questo nucleo dovrà chiamare intorno a sé forze disperse per allestire un progetto nuovo e alternativo alla destra. Vorrei capire cosa ne pensano il Pd e il M5S».

Sembra un appello: li vede titubanti su questa strada?

«Se considera che suscita polemiche già solo l’idea dell’intergruppo… Chiedo che mi si risponda: altrimenti, cos’altro propongono?».

Il M55 deve forse risolvere qualche problema interno, prima di capire con che alleanze proseguire… 

«Il M5S ha un problema in più perché ha alle spalle il tema non risolto della sua identità. Ma la novità di questo governo ha portato sommovimenti in tutte le forze politiche. È l’occasione per capire cosa fare da grandi».

Lei pensa al consolidamento di un’alleanza con Pd e M5S o a uno strumento nuovo?

«Al consolidamento dell’alleanza, come punto di partenza di un progetto del campo progressista».

Che ruolo dovrebbe avere Conte?

«Se mi chiedesse consiglio, gli direi che può essere colui che interpreta e traghetta il mondo del M55 verso la piena maturità. E verso quella che lui stesso ha chiamato alleanza per lo sviluppo sostenibile».

Alle prossime amministrative dovreste andare con questa alleanza?

«Non mi aspetto miracoli, non in tutti i luoghi sarà possibile consolidare l’alleanza. Ma, dove possibile, si deve lavorare a una piattaforma in grado di competere con la destra».

Con autoironia ha ricordato che il M5S ha detto no solo a un governo con lei, in quel famoso streaming del 2013…

(ride) «Vuole sapere un paradosso? Tra le cose che avevo preparato nell’ipotesi di un governo c’era il progetto di costruire, lavorandoci un anno, il ministero dello Sviluppo sostenibile, che unisse Sviluppo economico e Ambiente».

Una cosa molto simile a quel ministero della Transizione ecologica previsto oggi…

«Non saprei, i titoli possono contenere ambiguità… Comunque i Cinque stelle non erano maturi per accettare. Io però ho sempre avuto paura di una sinistra che non accetta le sfide, temo che possa diventare la sinistra dei benpensanti. E invece bisogna stare dove c’è turbolenza nella società».

Magari con le donne in ruoli di leadership, e non relegate ai margini…

«Il tema della presenza femminile c’è, ma devi prenderlo dal basso. Quando facevamo le liste nel mio paesino, a Bettola, e si poneva il tema di mettere qualcuno che rappresentasse le forze sociali, saltava sempre fuori il barbiere, mai la parrucchiera… Io sono per quote abbondanti e transitorie a partire dal basso: così hanno fatto nel Nord Europa».

Bersani, oggi comincia la navigazione del vostro nuovo governo. Come prevede che sarà?

«Tribolata. Il governo si concentri sulle emergenze, coltivi un buon rapporto con le parti sociali e non vada in agitazione. E se Salvini parla male di Speranza o di Arcuri, va beh, basta che li si lasci lavorare, non si impressioneranno».