Simoni: è guerriglia parlamentare, Matteo si inventa i nemici e li combatte

Politica e Primo piano

Intervista a La Verità

di Luca Telese

Spiazzati per lo strappo di Renzi su Bankitalia?

«Chocchati: conoscendo il carattere di Matteo potevo aspettarmelo. Però in un conflitto istituzionale chi ha senso dello Stato si preoccupa».

E sul piano politico?

«Ora sono chiari la natura di Matteo, la sua strategia. È grave l’ingerenza di un partito in una nomina che spetta a capo dello Stato e premier. Una guerriglia parlamentare coperta del partito di maggioranza».

Chi è il vero bersaglio?

«Tre: il Quirinale, Bce e governo. Le pare poco?».

Elisa Simoni sorride. Donna elegante sigaro in mano ta- glio di capelli battagliero, di sinistra «già nella culla». È deputata di Mdp ed è cugina di Matteo Renzi. Abita, però, sponde politiche diverse: lui nella Margherita, lei nei Ds; lui presidente della provincia, lei assessore (con l’incarico «di controllarlo»).

«La mia storia politica inizia combattendo con Tiziano. Faceva il padre padrone dei democristiani locali. Odiava i Ds. Matteo arriva molto dopo!».

Rapporti complessi?

(Occhi al cielo) «Lui è di Rignano, io di Incisa».

Una dote di Matteo?

«Sa fare politica con coraggio, determinato».

Rapporti freddi?

«Quelli politici? Glaciali. Quelli umani leali. Lei non conosce la Toscana da cui veniamo: tutto borghi e famiglie in competizione dal Medioevo».

E Matteo?

«Fino a che non diventa sindaco dicevano: “È un ragazzo”. Non vedevano la sua determinazione politica. Ha tratti geniali. Ma conosce un solo modo di fare manovra politica: avere nemici e combatterli. E diventato segretario presidente della provincia “giovane” da lottizzato della prima repubblica. È un fatto: funzionava così, uno a noi uno a loro. E lui ha chiuso sul proprio nome: volete che votiamo Domenici? In provincia vado io».

Cosa aveva in testa?

«Da quando è sindaco a Firenze a oggi, la stessa cosa: il Pdr, il partito di Renzi».

Anche ora?

«Vuole uccidere il centrosinistra, se non ci è già riuscito. Il suo progetto è da sempre un partito personale. Immagina questo percorso intuendo per primo la crisi di un gruppo dirigente storico. Usa il Pd come cavallo di Troia per andare dove vuole. Lui immaginava il declino di Berlusconi e di prendere il suo posto. Vista la tenuta del Cavaliere ha provato a usarlo come sponda. Ora ne diventerà alleato».

I vostri rapporti privati erano deteriorati?

«No, ma gli scontri erano forti. Alle primarie per la Camera ho preso 10.600 preferenze, prima davanti a tutti i Renzini, Nardella compreso. Per me l’intransigenza era totale. Ma anche per loro: a vent’anni Tiziano mi ha ribattezzato “la zarina”. Il nomignolo ancora me lo porto dietro. Ma con orgoglio».

Padre e figlio si assomigliano?

«Due gocce d’acqua. Matteo è incapace di perdere, Tiziano, se possibile, peggio di lui».

E poi? A Firenze?

«Da Palazzo Vecchio cominciano tutti a temerlo. Da quando prende il 40% lo sopravvalutano. Lui va a trovare Berlusconi ad Arcore ed esplode una polemica».

Adesso vi chiede di allearvi col Pd.

«Bluffa. Ora Matteo sarebbe obbligato a tornare a sinistra per non perdere: ma la sua natura è più forte di tutto».

Vi presenterete davvero contro il Pd in tutti collegi?

«Siamo obbligati. Questa legge ci costringe. Matteo prova a dire che siamo divisivi e rancorosi. Ma lui ha collezionato solo rotture. Per restare al governo è disposto a governare con Berlusconi: forse otterrà che il centrodestra lo faccia senza di lui!».

Lei era nel Pd fino a giugno.

«Esco dopo le amministrative. Nata e cresciuta nel partito. Dormivo nelle panche della festa, disegnavo con i pennarelli in sezione».

Perché arriva alla rottura?

«Capisco che il Pd perdeva i voti e non potevo più tenerli. Lui ha diviso il Paese con il referendum. E da allora una parte importante dei nostri elettori si astengono. È stato chiaro dall’ultima direzione, con l’attacco a Franceschini. E quando ha scelto Alfano in Sicilia bruciando Pisapia».

E il fiuto di Renzi?

«Ricorda il “vicedisastro”? La “rottamazione”? Matteo è rimasto sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda. Gli elettori han cambiato canale».

Perché?

«Allora nessuno Io conosceva. Oggi è quello delle promesse non mantenute. Non puoi essere antisistema se sei stato a Palazzo Chigi».

Avete smesso di parlarvi?

«Mai. lo ho fatto campagna per il sì, dicendogli: “Matteo, se sali su di un treno di pendolari saprai il risultato”. Lui non mi credeva: “Vinciamo noi”».

E lei, con lui?

«Quando ha preso il 40,8 gli ho fatto i complimenti: “Sei leader del partito più grande in Europa, fai lo statista. Basta Leopolde”. Non ci sente! ».

Chi stima di più tra i renziani che conosce?

«Il problema? Non conoscono la lealtà, solo la fedeltà. Nessuno gli dice la verità. Nessuno pensa di sopravvivergli. È la sua forza e la sua debolezza».