Sull’agenda progressista. Osservazioni sul documento di Articolo Uno

| Articolo Uno

Articolo Uno ha steso un documento, Idee per una sinistra plurale e per un’agenda progressista, che intende aprire una discussione a sinistra collocandosi in un momento storico molto particolare. Un momento, visto dal nostro Paese, nel quale emergono tre fattori decisivi su cui confrontarsi per elaborare una strategia politica di respiro e un programma conseguente.

  1. a) Il primo è rappresentato da un dato oggettivo che condiziona qualsiasi soggettività:

stiamo attraversando e cercando di uscire da una crisi che si configura come una guerra con tutte le conseguenze che ciò comporta. La principale è che la società che ne uscirà non sarà più la società di prima; potrà essere peggiore o migliore. I riferimenti storici non mancano. In ogni caso è in questi momenti in cui agisce, come un tempo si diceva, “la levatrice della storia”.

  1. b) Il secondo riguarda il panorama politico nazionale in via di radicale trasformazione.

Per quanto riguarda le formazioni di destra va solo sottolineato che, tendendo a coprire tutto l’arco delle collocazioni possibili, dall’opposizione, al governo dentro/fuori, alla responsabilità governativa, offre risposte ampie, anche se contraddittorie, alle domande della “gente”.

Per quanto riguarda il campo progressista, l’evoluzione dei due partiti maggiori va sostanzialmente nella stessa direzione, contribuendo a quell’affollamento al centro che sembra la vocazione insopprimibile della politica italiana.

I 5Stelle col cattolico Conte costruiranno nella più ottimistica previsione un loro partito neodemocristiano.

Nel PD, a fronte del prevalere ormai consolidato al suo interno della componente di derivazione cattolico popolare, la nomina di Letta a segretario rappresenta una vittoria della parte “di sinistra” di quella componente nei confronti della parte “di destra” rappresentata da Renzi e dal renzismo. Letta dunque può essere l’ottimo segretario di un partito moderato e governativo che si colloca nell’area progressista del Paese e capace di dialogare ed allearsi con la sinistra socialdemocratica e radicale.

Va sottolineato che tutte le principali figure politiche del Paese – Mattarella, Draghi, Letta, Conte – sono saldamente collocate all’interno dell’ala compassionevole del cattolicesimo. Sempre in quell’area, la figura certamente più a sinistra è papa Francesco.

In questo panorama ciò che clamorosamente manca sono i segnali di vita da parte della sinistra politica.

Il quattro per cento dell’elettorato che LeU raccoglie nei sondaggi è già moltissimo se si pensa che LeU non esiste: dunque è un quattro per cento rivolto ad una speranza, ma non ad una realtà. Se anche a questi si aggiunge la componente verde, mai decollata nel nostro paese per motivi che non è qui il caso di analizzare, vediamo che una prospettiva che dia risposte alla maggioranza della popolazione italiana sempre più emarginata nell’economia, nei poteri, nella cultura e dunque sempre più bisognosa di sinistra, praticamente non esiste. E non esiste neppure un dibattito adeguato intorno al tema.

  1. c) Eppure, e questo è il terzo fattore che caratterizza i tempi in cui viviamo, le crisi, quella economica del 2008 e mai finita e quella pandemica, hanno clamorosamente disvelato il fallimento dell’evoluzione contemporanea del capitalismo, con la salute trasformata in merce, con l’assurda crescita delle diseguaglianze quando un “padrone” (Bezos) guadagna trecentocinquanta milioni di dollari al giorno e un suo dipendente trentacinque dollari, quando il capitale finanziario, vale a dire la produzione di denaro per mezzo del denaro, ha sostituito e sta distruggendo la produzione materiale e questa per salvarsi sta contemporaneamente portando all’estremo limite lo sfruttamento dell’uomo e distruggendo l’ecosistema. Non sono forse queste le condizioni ideali perché la sinistra esprima una diversa visione del mondo e della società e elabori risposte che ne mostrino l’alterità e l’adesione ai bisogni della maggioranza della popolazione?

Dunque una discussione a sinistra deve:

1 – fissare bene i confini all’interno dei quali ci si vuole collocare;

2 – indicare gli obiettivi programmatici di carattere strategico che si vogliono perseguire;

3 – infine, come fa il documento, indicare il programma rivolto alla contingenza politica.

 

Non sta a me, se anche ne fossi in grado, sviluppare compiutamente questi ragionamenti che dovrebbero tuttavia costituire il cuore dell’attività concettuale della sinistra in Italia e che potrebbero appoggiarsi ad una grande mole di elaborazioni svolte in più sedi a livello internazionale, ma anche nazionale, negli ultimi anni.

In modo random accenno però ad alcuni temi che potrebbero essere ripresi nel capitolo uno, non ancora scritto, del documento Agenda Progressista.

1 – I confini. L’alternativa all’interno di chi si richiama ai valori della sinistra è tra un neoliberalismo compassionevole e il socialismo.

Va combattuto dichiaratamente l’inganno della terza via abbandonando la logica della post ideologia dove l’attenzione viene spostata su problemi sociali alternativi rispetto quelli del rapporto capitale lavoro: immigrazione, uguaglianza sessuale, tutela dei minori, e tutto ciò che rispecchia un valore sociale, stando però ben attenti a disturbare il meno possibile le istanze dei capitalisti. Su cosa si è immediatamente caratterizzato Letta nel suo discorso inaugurale? sullo ius soli e sul voto ai sedicenni.

La visione post-ideologica opera occupandosi delle contingenze del momento, attuando provvedimenti estemporanei solo apparentemente in contrasto con la cultura neoliberista, come le misure antipovertà.

Non si opera per impedire che gli individui diventino poveri, ma del modo in cui farli sopravvivere. Si è passati dalla lotta di classe alla lotta alla povertà: dalla guerra tra ricchi e poveri per una più equa distribuzione della ricchezza alla guerra tra poveri per la spartizione delle briciole.

2 – Gli interventi per l’uguaglianza, vale a dire per una più equa distribuzione della ricchezza, sono di due tipi: di carattere strategico, miranti ad un contesto sovranazionale che è quello in cui si generano le incredibili diseguaglianze del ventunesimo secolo e di carattere difensivo, che riguardano l’azione che i partiti di sinistra possono condurre nel loro contesto nazionale.

Globalizzazione, concentrazione della ricchezza, economia a contraente unico, sono tutti fattori che strutturano il dominio incontrastato del capitale sovranazionale e che rendono le politiche difensive sul piano locale indispensabili, ma alla lunga perdenti. E’ evidente che è a un livello più alto che bisogna incidere. Se ciò rende la questione molto più difficile è tuttavia indispensabile che questo livello di conflitto venga esplicitato per dare un orizzonte anche ideale, oltre che per misurare le singole proposte, alla lotta delle classi oggi perdenti.

Frase celebre del neoliberismo è che lo Stato è il problema e non la soluzione.

Dopo di che, non solo ad ogni crisi economica privata viene richiesta una soluzione pubblica, ma l’ordine giuridico internazionale del mercato, costruito sulle esigenze del capitalismo, è assai più strutturato e oppressivo (a favore dei capitalisti) di quanto nessuno stato socialista abbia mai fatto. Basta scorrere le regole che ci governano, e, per esempio, come queste regole hanno governato la Grecia.

L’impresa monopolistica transnazionale può essere controbilanciata solo dallo stato socialista che difende collettivamente il potere dei singoli individui.

E’ a livello di politica dello Stato che questa battaglia può essere condotta. L’ha capito perfino la Yellen che propone una tassa minima globale (21%), proposta che la sinistra dovrebbe cavalcare. Ed è sulle regole e sui sistemi fiscali che si deve operare per sottrarre  e redistribuire un poco di quanto viene sistematicamente sottratto alle classi lavoratrici.

Tobin tax, fondamentale e dimenticata, fiscalità unica europea, paradisi fiscali, patrimoniale sui grandissimi patrimoni non esportabili (come quelli immobiliari), congelamento del debito: sono titoli, ma pieni di obiettivi che la sinistra dovrebbe esplorare e promuovere (per inciso, sottraendoli al populismo sovranista). E sono tutti temi sui quali la sinistra potrebbe ricomporsi, a partire dal fornire un orizzonte e un respiro ideale al documento.

3 – Il Documento è una buona base per costruire un programma politico rivolto ai compiti immediati, sapendo che esso deve essere sempre e dichiaratamente commisurato a quanto detto in precedenza.

Vorrei sottolineare solo tre aspetti.

– Anche negli interventi di carattere difensivo va tenuto presente che la gran parte della popolazione vive una condizione di sfruttamento (dalla fabbrica, ai servizi) e una condizione, altrettanto grave, ma più pericolosa, di irrilevanza (dall’assenza di una ideologia politica unificante alla vita abbandonata delle periferie). Su questo tema si apre un grande campo di azione/proposta politica.

– La riduzione dell’uomo a parte dell’ingranaggio produttivo che la informatizzazione accentua declassando il lavoro e rendendolo sempre sostituibile può essere contrastata solo con una forte riduzione dell’orario di lavoro e con la qualificazione del tempo libero.

– L’azione del capitale finanziario apre contraddizioni nei confronti di tutte le forze produttive: senza dimenticare il conflitto permanente capitale/lavoro, che incide direttamente sulle condizioni e sui livelli di vita dei lavoratori, va sottolineato lo scontro che può essere aperto attraverso alleanze inedite di tutte le forze produttive nei confronti del capitale finanziario oggi dominante.

Roberto D'Agostino

E’ stato undici anni assessore al Comune di Venezia nei settori dell’Urbanistica, della Pianificazione Strategica, della residenza, dell’Ambiente e delle Relazioni Internazionali: sotto la sua direzione sono stati redatti e approvati tutti i piani urbanistici di Venezia e il Piano Strategico. Già consulente senior per l’Unesco e per l’Unione Europea, Presidente o Consigliere di amministrazione di Società Pubbliche: Arsenale di Venezia spa, COSES, IRSEV, AUDIS (Associazione per le Aree Urbane Dismesse). E’ stato consulente per la preparazione di leggi urbanistiche nella Provincia Autonoma di Trento e nella Regione Emilia e Romagna. Ha svolto una importante attività di pianificazione territoriale e di progettazione urbanistica in Italia e in molti paesi di Europa, Asia, Africa e America Latina.