Pubblicato su InPiù.net
di Vincenzo Visco
Le reazioni sostanzialmente isteriche che hanno accompagnato la modesta proposta di Letta sull’imposta di successione sono di grande interesse sul piano politico, e molto istruttive da diversi punti di vista. In effetti Letta è il primo segretario de Pd che ha il coraggio di proporre un aumento di tassazione esplicitamente collegato a un processo di redistribuzione: dai defunti ricchi, ai giovani. Se riferita all’intero sistema fiscale si tratta di un intervento marginale, poco rilevante, salvo per i ricchi veri.
Il fatto che abbia suscitato la levata di scudi cui abbiamo assistito la dice lunga sulla profonda crisi culturale ed etica che oggi caratterizza la cultura politica, non solo della destra italiana, ma anche della stessa sinistra: le tasse sono tabù, l’evasione fiscale si deve combattere solo a parole, i ceti benestanti non possono essere toccati, i ricchi, quelli veri, non devono essere neppure evocati e tanto meno disturbati.
Il bello è che storicamente l’imposta di successione è il prelievo preferito dal pensiero liberale classico, da Stuart Mill a Luigi Einaudi, in quanto si riteneva disdicevole il fatto che il nipote imbecille di un nonno intelligente continuasse a vivere di rendita senza lavorare. L’orientamento culturale dei nostri politici risulta quindi più prossimo all’ancien régime che al pensiero liberale. Questo fatto meriterebbe qualche riflessione e un contrasto politico esplicito e duro.
Nel merito, sul piano tecnico, io non ritengo che l’imposta di successione possa fornire un contributo risolutivo alla riduzione delle diseguaglianze economiche, anche se è del tutto evidente che essa andrebbe riformata, mantenendo i minimi imponibili attuali, ma aumentando fortemente le aliquote sui patrimoni di entità rilevante (superiori ai 3-5 milioni), e creando incentivi per i lasciti al di fuori del contesto strettamente familiare. In sostanza, l’imposta non deve diventare, come in passato, un prelievo concentrato sui ceti medi con la casa in città e quella al mare, senza riuscire a colpire i patrimoni di maggiore dimensione. Per renderla attuabile sarebbe anche necessario costituire un’anagrafe patrimoniale di tutti i cittadini, debitamente aggiornata, e con valutazioni ai prezzi di mercato corrente.
Quello che invece mi lascia del tutto perplesso, anzi fortemente contrario, rispetto alla proposta Letta (e prima di lui di Fabrizio Barca), è la destinazione dei proventi. Sarebbe ora, soprattutto a sinistra, di farla finita con le erogazioni monetarie a pioggia, con i bonus volti ad ottenere un facile consenso, e sicuramente destinati ad un inutile spreco di risorse pubbliche. Esistono decine di proposte utili per i nostri giovani e preferibili all’erogazione di 10 mila euro una tantum. Ed è anche inquietante, la visione individualista sottesa a questo genere di proposte.