Intervista a La Stampa
di Alessandro Di Matteo
Per Vincenzo Visco la «polemica contro il fisco è sostanzialmente eversiva», le misure proposte dal governo rispondono a una «visione corporativa» della società, che privilegia lavoro autonomo e piccole imprese a discapito dei dipendenti e la «pace fiscale» di Matteo Salvini è «peggio di un condono». L’ex ministro delle Finanze boccia anche la delega fiscale, chiede di combattere l’evasione e invoca una riorganizzazione del sistema tributario che sposti il carico dal lavoro alla rendita, senza escludere un’estensione dell’Imu anche alla prima casa.
Salvini dice che gli italiani sono «ostaggio del fisco e dell’agenzia delle entrate». Meloni aveva parlato delle tasse come «pizzo di stato». Per citare la premier, per i furbetti “la pacchia continua”?
«È la visione dell’economia dell’attuale maggioranza. Questi sono convinti che la parte più importante dell’economia italiana sia rappresentata da lavoro autonomo e piccole imprese, che vanno tutelati e protetti in tutti i modi possibili e quindi a loro va garantito un sistema fiscale privilegiato. Partendo da questa visione si arriva a soluzioni strettamente corporative come quella proposta da Salvini…».
Che propone una sorta condono fino a 30 mila euro di imposte non pagate…
«Non è un condono, è peggio. Quando si facevano i condoni si pagava una certa cifra e in cambio non c’erano accertamenti. Qui si dice: a fronte di accertamenti già fatti questi soldi non ce li date, o ce ne date molto meno. Ma parliamo di evasioni conclamate».
Però esiste un’evasione che qualcuno definisce di sopravvivenza. Per i piccoli professionisti e partite Iva il sistema è pesante…
«Sicuramente è pesante se uno è un lavoratore dipendente. Dovrebbe essere ugualmente pesante, a parità di reddito, per un piccolo imprenditore. Invece oggi per questa categoria il fisco è molto più vantaggioso. Quando all’evasione di sopravvivenza, prendiamo le statistiche del governo: l’evasione delle imposte sui redditi di autonomi e piccole imprese rappresenta il 70%. Su 100 dichiarano 30. Questa è evasione di massa sistematica. In più hanno un trattamento forfettario (a differenza del lavoro dipendente, ndr). E la delega fiscale non fa che confermare questo e anzi estenderlo. È una visione corporativa, perché non vale per i dipendenti».
Ecco, dipendenti e pensionati pagano l’85% dell’Irpef. Non è questo il problema da risolvere per arrivare a un fisco più equo?
«La specificità italiana è quella di un’evasione di massa di dimensioni colossali. Dobbiamo intanto risolvere questo problema. E poi dobbiamo spostare la tassazione dal lavoro alle rendite. C’è un problema di riorganizzazione dei sistemi tributari, cosa di cui si dibatte in Europa: suggeriscono di spostare la tassazione sul patrimonio, sui consumi, e alleviare quella sul lavoro. Sono tante le cose che si possono fare. Ma nessuna di questa è all’ordine del giorno in Italia. Autonomi e piccoli imprenditori hanno il regime forfettario. Il sindacato rappresenta dipendenti a reddito basso o medio-basso, che sono abbastanza protetti. E il ceto medio o medio alto subisce un carico chiaramente eccessivo».
Per colpire le rendite serve una patrimoniale?
«Abbiamo già l’Imu. Andrebbe estesa alla prima casa e bisognerebbe riformare il catasto. Se invece si riferisce a una patrimoniale straordinaria, espropriativa, in questo momento non servirebbe: sono cose che si fanno in tempi di grande crisi finanziaria e in tempi di guerra».
La prima casa in Italia ce l’ha il 70% dei cittadini.
«Ci sono prime case molto modeste che possono essere esentate o pagare valori simbolici. Poi ci sono prime case che possono tranquillamente sostenere un prelievo. E bisogna ricordare che ogni proprietario paga anche le imposte sul reddito: se uno le riduce il saldo può essere positivo. Non bisogna aver paura, se tutto diventa propaganda, terrorismo, non si ragiona mai in maniera corretta. Sulle tasse si discute con grande ignoranza, non in maniera onesta ma solo in modo propagandistico».
Il concordato preventivo previsto dalla riforma fiscale non è una resa dello Stato che si dichiara incapace di controllare l’esattezza delle dichiarazioni e pattuisce una specie di forfait?
«È tutto un pasticcio, non si capisce dove si va a parare. Già c’è il forfait per la maggioranza dei contribuenti autonomi… Nella delega c’è un accertamento preventivo volontario: si mettono d’accordo per due anni. Non si capisce a che serve, già ora sono più che garantiti. E poi si dice che devono essere usate le banche dati per la lotta all’evasione. Se si facesse questo sul serio, usando un po’ di intelligenza artificiale e superando le obiezioni riguardanti la privacy, l’evasione finirebbe. Ma tutti hanno paura di essere attaccati come partito delle tasse…».