Tozzo: il PNRE che serve all’Italia di oggi e del dopo 2026

Politica e Primo piano

Pubblicato su Huffington Post

di David Tozzo

Così come il Covid-19 costituisce una piaga senza precedenti, il PNRR è per il Paese una chance senza eguali. Quest’ultima espressione, tuttavia, non si riferisce al fatto che l’Italia del Conte I ha ottenuto a ogni buon conto rispetto a ogni altro partner europeo la fetta più grande di quanto sul piatto, anche sull’onda lunga e lugubre di un primato pandemico che ha visto l’Italia colpita per prima dal coronavirus e che ha però reagito e segnato la strada per il resto d’Europa e oltre.

Rischia piuttosto, quel ‘senza eguali’, di doversi riflettere di qui a un lustro – la fine del piano prevista nel 2026 – in un Paese che allo specchio si trova più diseguale che prima, che mai, attraverso una impari distribuzione dei benefici e delle opportunità ingenerate nello stesso recovery plan.

Le disuguaglianze, d’altra parte, sono il vero grande spettro che s’aggira ben oltre l’Europa, ben prima del Covid.

È sempre saggio diffidare da apprensivi (apprendisti) stregoni che agitano un altro spettro, quello apocalittico dell’ultima chance, dell’ultimo treno, c’è stato un prima e ci sarà in ogni caso un dopo PNRR – e dopo Covid-19, si spererebbe – ma è indubbio che siamo di fronte alla più grande chance in tre quarti di secolo, da quel Piano Marshall che cambiò in non trascurabile misura volto a strutture e sovrastrutture del Continente.

A prendere questo toro (come da simbolo della Borsa in rialzo, pronta a spendere) per le corna un toreador di chiara fama internazionale come Draghi che ha però un piccolissimo pantagruelico problema, sin dall’inizio: non avere problemi, dai partiti – tutti o quasi, d’altra parte – che lo supportano e che si sopportano, al massimo facendosi di quando in quando da banderilleros o peones della cuadrilla tra loro.

In questa arena, il sangue che rischia di scorrere è quello degli spettatori a fine spettacolo, ed è per questo che al lordo come al netto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ciò che serve al Paese, in parallelo e giustapposizione, è un PNRE, un Piano Neutrale di Ripresa ed Eguaglianza, un piano di azione (civile, morale, politica) permanente non perdendo di vista quelle che sono le direttrici sulle quali provare davvero a tener fede a quel tenero mantra tra il naïve e il sacrosanto del “ne usciremo migliori”; per farlo, dobbiamo uscirne e se ne esce solo se tutte e tutti assieme, nessuno più diseguale di prima da nessun altro.

Le colonne d’Ercole sono le note: da un lato la già detta disuguaglianza, che si declina in innumerevoli modi, da ultimo in attualità il divario digitale tornato sullo sfondo con l’OPA di KKR su TIM, circa la quale già in corso di valutazione come Paese dobbiamo avere impegni stringenti nero su bianco su occupazione e francamente ancor più e ancor prima su volontà di portare a casa, complice il volano del PNRR, il totale allaccio del Paese in fibra pura, non indulgendo nella tentazione crescente di ricorrere a tecnologie più economiche e meno affidabili e performanti per coprire il Paese. Se questo non potesse venir garantito con penali precise da prevedere in caso contrario o contravvenendo a un preciso cronoprogramma, allora il governo deve esercitare il golden power, perché stiamo parlando non di una infrastruttura ma delLa infrastruttura nevralgica del sistema Paese del presente e del futuro. E la Rete pubblica è la via maestra.

La seconda colonna è la transizione ecologica, che già col successo troppo timido (too tepid too late) del COP26 rischia di tramutarsi in transizione eterna, e in questo Cingolani in incoerente slalom tra disprezzo dello studio della storia e ritorno al passato non aiuta. Per non parlare di Salvini, che su una misura cardine dell’efficentazione energetica propone a viso aperto (di bronzo) un dito nell’occhio ai diseguali per far piangere – ma di gioia – i ricchi: ridurre il Superbonus dal 110 all’80%, purché non ci siano limite ISEE per i più abbienti, a scapito di chi più abbisogni.

Ecco, il leader della Lega va ringraziato perché ci aiuta a discernere con disinvoltura il diseguale dal giusto, il leader del governo italiano invece va rintuzzato per aiutarlo ad aiutarci a far sì che dopo Draghi non ci sia il diluvio (non ci sarà neanch’esso, nefasti negromanti e fattucchieri fanfaroni) ma non resteranno soli o quasi i diseguali, più diseguali e soli che mai.