di Pietro Salvatori
Roberto Speranza, il ministro della Sanità Orazio Schillaci ha chiesto al suo governo 4 miliardi di stanziamenti per il suo dicastero in legge di bilancio. È una cifra sufficiente per supportare il comparto?
Speranza si definisce oggi “un semplice deputato”, iscritto solo dallo scorso giugno nelle fila del Partito democratico, dopo che per alcuni anni aveva intrapreso altre strade. Ma l’esperienza maturata nei tre anni in cui ha guidato il ministero della Sanità, e in piena pandemia, lo rende oggi uno dei più autorevoli interlocutori su quel che sta facendo il governo per il settore, e soprattutto su quel che si appresta a fare nella prossima manovra
Ma da quello che sembra l’esecutivo potrebbe non andare oltre uno o due miliardi, meno della metà di quel che chiede il ministro.
Sarebbe un gravissimo errore. Tra mille fatiche ero riuscito a portare la spesa sanitaria sopra il 7% in rapporto al Pil. E già dalla scorsa manovra il governo Meloni è tornato sotto quella vitale asticella. Così non si regge. È chiaro che la vicenda del Covid ha reso immediatamente più chiaro all’opinione pubblica il problema, e spinto i governi a mettere più fondi. Chiusa questa fase temo che la sanità possa tornare a essere la cenerentola del sistema. Questo è inaccettabile e significherebbe cancellare la lezione degli ultimi anni. Ricordo le parole del Papa, da solo, in piazza san Pietro: “Peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla”. Il punto è esattamente quello.
Non siamo più in una fase emergenziale, ma per il governo il Covid sembra proprio non esistere più.
Il ministero ha annunciato una campagna per vaccinare in autunno i soggetti più fragili. Questo è importante. Poi non si può non vedere che in una parte delle forze politiche della maggioranza c’è una certa sensibilità che continua a fare l’occhiolino a chi nega o a chi vuole cancellare quel che è successo.
Ritiene che Schillaci sia conscio di tutti questi problemi?
È un uomo che viene dal mondo della sanità e ne è sicuramente consapevole. Se il ministro si batte per avere più risorse sarò al suo fianco, e sosterrò il suo sforzo. Oggi, da deputato di opposizione, dico esattamente le stesse cose che dicevo quando ero ministro. Sono preoccupato perché sento dire che i pochi soldi disponibili andranno in altre direzioni. Se le voci fossero vere sarebbe un problema enorme.
Il deputato Ciani in un’intervista oggi chiede che vengano dati soldi alla sanità togliendoli dal finanziamento della spesa militare. È un approccio che condivide?
Non voglio fare polemiche, non le faccio con il ministro della salute di un governo lontanissimo da me, figuriamoci con Ciani che esprime una sensibilità che sento molto vicina. Dico solo che le risorse per la sanità sono molto urgenti, non importa da che lato vengono.
È un fatto oggettivo che quest’anno siano molto poche.
Giorgetti lo conosco bene, eravamo insieme in Cdm, il suo è stato un discorso di verità: il governo non può finanziare tutto e dovrà fare delle scelte. La domanda è se il governo metterà al centro la sanità o meno, perché i soldi che chiede Schillaci servono come il pane, o alla lunga rischiamo di compromettere l’universalità dell’assistenza sanitaria.
Lei apre un tema, quello delle pari condizioni di assistenza, che coinvolge anche il progetto leghista di Autonomia differenziata?
In un Paese come l’Italia in cui già i livelli di assistenza sono molto diversi tra i territori, quel progetto può diventare il colpo di grazia definitivo sulle regioni più deboli, non vi è alcun dubbio. Ma le dico di più.
Prego.
Noi abbiamo costruito il Pnrr puntando molto sull’assistenza territoriale, dalle cure domiciliari alle case e agli ospedali di comunità, perché questo occorre più di tutto oggi, come ci ha insegnato la lezione del Covid. Ora sento che si mettono in discussione quegli investimenti. Sarebbe un errore.
L’unico baluardo rimane a suo avviso Schillaci?
È naturale che il ministro della Salute abbia maggiore consapevolezza della serietà dei problemi e si batta per portare più risorse al Servizio sanitario nazionale.
Calenda propone le visite intramoenia per tutti. Si calcola che per coprirne i costi lo Stato dovrebbe investire circa 10 miliardi. È realistico?
Diciamo che se avessi 10 miliardi li metterei sul fondo sanitario nazionale, per rafforzare i presidi territoriali ed investire sul personale.
Si parla molto di un problema di stipendi dei medici che esercitano esclusivamente nella sanità pubblica, come quelli dei pronto soccorsi.
Io sono riuscito ad aumentare l’indennità di esclusività, che era ferma da oltre 10 anni, del 27%. E ho introdotto l’indennità di specificità infermieristica, investendo circa mezzo miliardo. Bisogna proseguire su questa direzione, assolutamente. Tutte le nostre professioni sanitarie meritano di essere valorizzate di più.
Le forze attualmente all’opposizione condividono una comune sensibilità sul settore, penso al lavoro fatto da Pd e M5s negli anni di governo. È uno dei punti sui quali si potrebbe trovare un terreno per una comune azione politica?
Sicuramente sì. Il Pd dice in maniera forte e unitaria che la sanità è il primo punto della propria agenda per il Paese. Su questo il lavoro fatto al governo con i 5 stelle è stato positivo. Apprezzo anche le parole di Calenda sulla necessità di investire maggiori risorse in sanità. Mi pare che su una battaglia per rendere più forte il servizio sanitario nazionale si possa fare un gran bel lavoro insieme sul modello di quanto già fatto sul salario minimo.
Di che tipo?
Beh, indicare la strada toccherà ai responsabili sanità dei partiti, per il Pd Marina Sereni che sta facendo un gran lavoro. Credo però che ci siano le condizioni per elaborare una proposta comune per il rilancio del Servizio sanitario nazionale. Fare la stessa operazione fatta con il salario minimo, una forte proposta organica di tutte le opposizioni per aprire un confronto con tutte le realtà del settore e naturalmente con il governo.
Una proposta da realizzare già in vista della legge di bilancio?
Magari partendo proprio da lì, chiedendo che non si vada mai sotto al 7% della spesa sul Pil. Oggi c’è ancora un tetto di spesa per il personale sanitario. Noi lo abbiamo scalfito e alzato, ma ancora purtroppo permane. Questo potrebbe essere un altro punto. Vedo in tutte le opposizioni una sensibilità comune che rende possibile una proposta seria e strutturata. Sarebbe un’occasione importante per mettere al centro un tema decisivo per il futuro dell’Italia.