Intervista a Repubblica
di Giovanna Casadio
«Se il Pd apre una fase nuova, allora dialogo aperto. Parliamoci». Roberto Speranza è uno dei leader di Liberi e uguali, ex dem, di Potenza (città dove ha ottenuto il 10% di consensi, il più alto per Leu). Ma chiarisce: «L’obiettivo è creare un fronte progressista perché la sinistra torni a vincere. E Leu deve andare avanti, non tornare indietro».
Speranza, dopo le sconfitte la sinistra può cominciare una nuova fase?
«Quando tutte le forze del vecchio centrosinistra insieme non superano il 25%, ovvero un quarto dei voti assoluti del paese, non c’è dubbio che ci voglia una radicale revisione degli schemi a cui si è lavorato finora. Occorre arrivare a una consapevolezza degli errori commessi in questi anni».
Per voi di Leu, gli errori sono sempre quelli del Pd di Renzi?
«Noi li abbiamo segnalati e avevamo detto che così si andava a sbattere, a tal punto che siamo usciti da quel partito perché la linea politica era sbagliata. I fatti ci hanno mostrato che avevamo ragione».
Il voto ha bocciato anche Leu.
«Ma avevamo visto prima il muro. C’era una slavina in corso e con le politiche sbagliate dal lavoro alla scuola, dalla sanità all’ambiente alle questioni istituzionali si era venuto a creare uno scollamento molto forte tra noi e i cittadini».
Potreste ripensarci ora e tornare sui vostri passi?
«Noi di Leu lavoriamo per costruire un soggetto politico autonomo. Ma non pensiamo di poter essere autosufficienti. Per me l’obiettivo è quello di creare in Italia un nuovo fronte progressista, che sia il più largo possibile, in grado di riaprire una prospettiva di governo alla sinistra italiana».
È un appello al vice segretario reggente Martina? Lei pensa che possa spostare il Pd a sinistra?
«Martina ha condiviso le scelte decisive del Pd degli ultimi anni. È stato eletto vice segretario sulla linea di Renzi, su una linea sbagliata quindi, che ha portato al risultato del 4 di marzo. Se il Pd ora cambia ne sono contento e, del resto, il Lazio di Nicola Zingaretti è un esempio positivo di come per noi conti la sostanza politica».
Cosa temete, che non ci sia un Pd de-renzizzato?
«Martina ha fatto una prima autocritica nell’intervista a Repubblica. Vedremo. Valuteremo passo per passo. Se il Pd cambia, allora il dialogo è aperto. La nostra ambizione, ripeto, è rifondare la sinistra e rimetterne le radici nella società italiana».
Però il Pd deve voltare pagina.
«In questi ultimi anni il Pd è stato il partito di Renzi e non ne faccio una questione personale. È che quella leadership ha modificato il Dna e la cultura politica di quel soggetto che è diventato incompatibile con il nostro orizzonte. È stato il partito di uno solo».
Ma voi della nuova sinistra siete stati percepiti come una costola del Pd?
«Come un pezzo dello status quo. Alla domanda di cambiamento radicale dei cittadini, la nostra proposta è apparsa corresponsabile di quello che è accaduto in questi anni. Leu è andata bene dove il Pd va, e malissimo dove il Pd va malissimo. Benché noi fossimo alternativi al Pd, proprio perché non ci convinceva più, siamo apparsi comunque un pezzo del sistema che gli italiani volevano cambiare».
Insomma avete un comune destino?
«Il Pd ha perso 2 milioni e 600 mila elettori e Forza Italia ne ha persi 2 milioni e 800 mila: si è chiuso un ciclo politico, quello di Ulivo-Pd da un lato e di Forza Italia con Berlusconi dall’altro. La sinistra ha recuperato spazio dove è radicalmente nuova, come Corbyn in Gran Bretagna. Tutto va ripensato e ricostruito daccapo».
Ma Leu torna indietro? La vostra, nelle urne, è stata una sconfitta forte.
«No. E vero che un milione e 100 mila elettori sono stati al di sotto delle nostre aspettative, però manterremo l’impegno di trasformare Leu da lista in un soggetto politico. Faremo un soggetto della sinistra e del lavoro. Noi non torneremo a Mdp-Articolo 1».
Lei è tra quelli che ritengono che Leu e Pd dovrebbero sostenere un governo a guida 5Stelle?
«Non mi sento equidistante tra Salvini e 5Stelle. È la destra lepenista l’avversario principale. Mi aspetto che anche per il Pd sia la stessa cosa. Tocca a chi ha vinto confrontarsi nel merito e proporre una soluzione. Non tocca a chi ha perso fare le prime mosse, non tocca certo a Leu o al Pd».