Speranza: l’astensionista stavolta è di sinistra, 15 giorni per convincerlo

Politica e Primo piano

Intervista a la Repubblica

di Stefano Cappellini

Roberto Speranza, non si può dire che il centrosinistra entri nelle due settimane prima del voto con grande ottimismo. La destra ha già vinto le elezioni?

«No, la partita è davvero aperta, la stragrande maggioranza degli elettori non ha deciso e non sento ancora in giro la consapevolezza della posta in gioco».

Per recuperare dovete convincerne molti, di questi indecisi.

«C’è uno spazio enorme di persone che possono orientarsi verso di noi. Il nostro vero nemico è l’astensionismo, tanti non sanno nemmeno se voteranno, e questo tema riguarda prima di tutto la sinistra. Sono candidato a Napoli, l’altro giorno ho fatto una giornata tra Scampia, Secondigliano, Sanità, molte persone pensano che il proprio destino non dipenda dal voto del 25 settembre, che le condizioni materiali non miglioreranno, c’è rassegnazione e disincanto. Si tratta di usare questi 15 giorni per far arrivare un messaggio forte a queste persone».

Quale messaggio? Agitare lo spettro Meloni fin qui non è servito a molto.

«Il messaggio forte deve essere la questione sociale: lavoro, salario minimo, difesa di scuola e sanità pubblica. La destra può portare il Paese a sbattere, però noi dobbiamo puntare sulla nostra identità, alzare le nostre bandiere, valorizzare la connessione tra ambiente e salute, perché l’emergenza climatica è diventata anche questione di salute per i nostri anziani. Denunciare le logiche di profitto su scuola e sanità, puntare sull’allargamento dei diritti. Per questo Letta giustamente sembra evocare un referendum, nei collegi o vinciamo noi o vince la destra».

La destra ha una coalizione vera, nel centrosinistra è rimasto ben poco del “campo largo”. Rischiate di perdere la gran parte dei collegi uninominali.

«La destra si è unita dopo essere stata divisa per tutta la legislatura, noi ci siamo divisi dopo aver governato tre anni insieme. Ci comportiamo come se la legge elettorale fosse proporzionale e invece ha una base maggioritaria. L’unica diga alla destra siamo noi».

Al Sud però è il Movimento 5Stelle che si è intestato la questione sociale. Ha visto Conte che gira per strada ringraziato dai percettori di reddito di cittadinanza?

«Dobbiamo essere noi a rappresentare la questione sociale, non solo al Sud. La possiamo interpretare in modo più completo rispetto al M5S. Il reddito ha sicuramente dato una mano a molti, i cittadini hanno una domanda di protezione ma non può bastare, le persone hanno bisogno di essere messe nelle condizioni di costruire un futuro diverso».

Rimpiange sia saltata l’alleanza con il M5S?

«Questo è il momento della campagna, per battere la destra dobbiamo rafforzare il centrosinistra, altre discussioni si vedranno dopo il 25 settembre”».

Perché la sinistra ha così tante difficoltà a raccogliere il consenso dei ceti popolari?

«La destra sembra forte tra i ceti più deboli e nelle aree dove c’è maggiore disagio ma le loro ricette colpiscono i più deboli, non i più forti. Vogliono introdurre la stessa aliquota per il miliardario, il rider, l’insegnante o l’infermiere. Indicano un nemico facile, spesso il migrante, cosicché si scateni una guerra tra ultimi e penultimi. La fiat tax è un enorme spostamento di risorse verso chi guadagna di più. Va rilanciata la progressività del prelievo fiscale, la lotta all’evasione. Più risorse per fare più welfare».

Quanto e come pesano gli anni di pandemia sul voto?

«Ho sfidato Meloni a un confronto pubblico su cosa succederà dopo il 25. Rilancio la sfida, gli italiani hanno diritto di sapere cosa il centrodestra intende fare sulla campagna di vaccinazione, che è patrimonio del Paese, ciò che ci ha consentito di uscire dalla fase più difficile della lotta al Covid. Invece Meloni e Salvini tacciono, fanno l’occhiolino all’elettorato No Vax».

Quanto valgono i No Vax nelle urne?

«Abbiamo uno dei tassi più alti al mondo di cittadini che hanno completato il ciclo vaccinale. C’è un dieci per cento degli italiani che non si è vaccinato e quindi c’è una corsa di piccole forze, ma anche di Lega e Fdi, a inseguire questo pezzo di elettorato».

Sulla guerra in Ucraina ci sono evidenti frizioni a destra, ma anche nel vostro campo ci sono posizioni diverse.

«Abbiamo aiutato l’Ucraina con l’obiettivo di aprire un tavolo di dialogo e arrivare alla pace. L’obiettivo resta quello. Dobbiamo rafforzare il ruolo dell’Europa. L’iniziativa di Draghi, Scholz e Macron è la via giusta. La guerra produce vittime, povertà e miseria ma le conseguenze economiche e sociali iniziano a farsi sentire in maniera forte anche nei Paesi Ue, soprattutto con la spirale inflazionistica e i costi dell’energia».

Se vincete le elezioni confermerete il sostegno militare all’Ucraina?

«L’aiuto all’Ucraina e la sua resistenza è la precondizione della pace. Ma non ci si può rassegnare all’idea di un conflitto permanente».

Salvini vuole togliere le sanzioni a Mosca.

«Dove ci porterebbe la destra sulla crisi ucraina è chiaro: a essere allineati a Le Pen e Orbàn».

Meloni garantisce che terrà lei ferma la linea atlantista. Non le crede?

«Vedo la storia di Salvini, le cose dette e fatte da lui, ma anche le ambiguità di Berlusconi. Non mi pare che Meloni possa garantire per loro».

La situazione economica rischia di essere molto pesante in autunno. Se Meloni vincesse le elezioni e vi chiedesse di far parte di un governo di unità nazionale?

«No, questo è il momento della scelta, gli italiani decideranno e chi vincerà, governerà. Non si può fare un governo di unità nazionale con chi porta la responsabilità di averne appena fatto cadere uno».

La presenza sua e di altri esponenti di Articolo Uno nelle liste del Pd è solo un’alleanza elettorale o il seme di un nuovo partito?

«Si è un po’ disperso e va rilanciato il senso di questa lista aperta, inclusiva, che non è un Pd allargato e che deve essere la base per la costruzione di una forza nuova capace di essere trainante del campo di centrosinistra».

Mettiamo vinciate voi e abbiate bisogno di voti in Parlamento. Li chiedete a Conte o a Calenda?

«Hanno fatto le loro scelte e in questo momento non ha senso entrare in un dibattito politicista. Noi vogliamo vincere e non inseguiamo nessuno».