Speranza: la destra è l’avversario, dividendo il campo la stiamo favorendo

Politica e Primo piano

Intervista a Il Corriere della Sera

di Monica Guerzoni

Il ministro della Salute si è svegliato con la notizia delle scritte oltraggiose sui muri di un poliambulatorio, nella borgata romana di Centocelle: «Speranza nazista» e «medici provax boia nazisti». La sigla della W iscritta in un cerchio era già apparsa all’ospedale Spallanzani.

Qual è la matrice di questi attacchi, ministro Speranza?

«Le indagini sono in corso, ma si capisce che c’è una rete organizzata perché scritte simili sono comparse in diverse parti d’Italia. Ho ritenuto giusto portare solidarietà con l’assessore del Lazio alla Salute, Alessio D’Amato».

È una campagna elettorale che non ha precedenti. La caduta di Draghi è stata influenzata dal Cremlino?

«Non sono in grado di dire se ci siano stati interventi diretti, ma l’Italia e la Ue perdono con Draghi uno dei punti di maggiore determinazione nella difesa dell’Ucraina dalla guerra voluta da Putin. Che la caduta del governo italiano sia stata accolta con grandissimo favore dal Cremlino è un dato di fatto, bisognerà fare chiarezza».

La preoccupano i legami di Salvini con la Russia?

«Conosciamo le relazioni di Salvini, che in passato lo ha osannato fino affermare “meglio Putin che Merkel”. Con Salvini e Meloni al governo l’asse della politica estera italiana si sposterebbe da fortemente europeista a fortemente euroscettica. E io mi batterò perché non vincano gli amici di Orban e di Le Pen».

Nei sondaggi prevale il centrodestra che ha staccato la spina a Draghi. Come lo spiega?

«Si stanno facendo i conti senza l’oste, io non penso che il centrodestra abbia già vinto. La partita è molto aperta. Nella guida del centrodestra  c’è un elemento di irresponsabilità e inaffidabilità che peserà nel prosieguo della campagna elettorale. Gli italiani hanno capito chi ha fatto cadere Draghi».

Salvini continua a dire che è stata la sinistra.

«Nonostante il tentativo di Salvini di cambiare le carte in tavola le cose sono chiare. Conte e i Cinquestelle hanno fatto un errore grave offendo un assist a Lega e Forza Italia, che avevano l’unico obiettivo di andare al voto. Pensano di sostituire Draghi con un premier di destra e hanno messo i loro interessi particolari davanti a quelli degli italiani».

Non è vero, come accusa Renzi, che lei, Letta e Franceschini avete provato a far nascere un «Conte ter» a guida Draghi?

«Nessuno pensava di poter andare avanti solo con i voti del centrosinistra e del M5S. Tutti hanno visto, Renzi compreso, che noi abbiamo provato fino all’ultimo istante a convincere Conte a non togliere la fiducia a Draghi. Un tentativo che io rivendico. Il governo sarebbe caduto lo stesso, ma avremmo evitato una frattura profonda nel campo progressista, con cui ancora facciamo i conti».

Frattura ricomponibile, o irreversibile?

«Con la comunità di Articolo Uno abbiamo deciso di costruire la lista Democratici e Progressisti, di cui siamo cofondatori e che è il vero fatto nuovo di questa campagna elettorale. Ma dinanzi a una destra simile io continuo a pensare che sia un errore dividere il campo dell’alternativa».

È un appello a Letta e Conte?

«Invito tutti alla riflessione. So che è molto dura, i toni forti di Conte e la posizione ferma del Pd danno il quadro di una rottura oggi insanabile, ma continuerò a dire fino all’ultimo momento utile che l’avversario è la destra e che dividendo il campo della potenziale alternativa la stiamo favorendo. A tutti chiedo di non sottovalutare le conseguenze di questa spaccatura nei collegi uninominali».

Teme che i collegi vadano tutti alla destra?

«Questa pessima legge elettorale, che assegna il 37% dei seggi all’uninominale, premia la capacità di unirsi. La destra dopo essere stata divisa durante l’esperienza del governo Draghi ha cercato la strada del voto e si è riunita con un accordo di potere che la rende molto competitiva. Noi abbiamo fatto il contrario, siamo stati tre anni insieme e ora ci siamo divisi. Eppure i sondaggi parlano chiaro. Pagnoncelli dice che i tre partiti di centrodestra sono al 45%, il centrosinistra è al 33% e il M5S pesa circa 11%».

Pensa a un fronte anti-Meloni? E tecnicamente come dovrebbero saldarsi il centrosinistra e il M5S?

«Bisognerebbe evitare di lasciare alla destra una prateria nei collegi. Voglio essere chiaro, non si tratterebbe di fare alleanze o coalizioni. La legge elettorale prevede solo apparentementi».

Il candidato premier è Letta, o Draghi?

«Il capo politico della lista è Letta, ma siamo una repubblica parlamentare, non presidenziale.»

La imbarazzerebbe stare in coalizione con Calenda, che ha imbarcato Carfagna e Gelmini? E Renzi, dovrebbe stare con i progressisti o no?

«Non mi piace il gioco di chi butti giù dalla torre. Penso però che la fragilità del sistema politico italiano ha fatto esplodere troppi personalismi e a volte persino narcisismi. Io su questo terreno non voglio starci».

E su quale terreno programmatico vuole stare?

«Al congresso e poi nella direzione di Articolo Uno abbiamo deciso di lavorare per costruire la lista Democratici e Progressisti insieme al Pd e ad altre forze. Stare insieme è solo il primo passo, bisogna costruire una forte agenda sociale, partire dai salari, dal potere di acquisto dei redditi più bassi, dalla difesa della scuola, della sanità pubblica e dell’ambiente. Vogliamo un programma coraggioso».

L’agenda Draghi non lo è?

«L’agenda del governo Draghi era un compromesso tra forze politiche diverse. Noi abbiamo bisogno di una agenda fortemente sociale e radicalmente alternativa alla destra, che prende voti nelle periferie ma poi fa politiche economiche che difendono in più forti. Questa destra è un pericolo per l’Italia».

Provi a spiegarlo a un elettore di Giorgia Meloni.

«Le politiche che metterebbero in campo aumenterebbero le fratture sociali. Vogliono la flat tax che prevede la stessa aliquota fiscale per il miliardario, l’insegnante o il rider. Per me è inaccettabile, come lo è il lascito della stagione di Trump con quella sentenza che in un colpo solo ha cancellato 50 anni di lotte per i diritti delle donne».

Cosa pensa di Michele Santoro che vuole fondare un partito a sinistra alternativo all’agenda Draghi?

«Non delego la rappresentanza della questione sociale a nessuno, tantomeno ai 5 Stelle. Sarà la lista dei democratici e progressisti, collegata a socialisti come Sanchez, Scholz e Costa, a interpretare il cuore della questione sociale».

Quanti posti sicuri le ha promesso Letta?

«Non ne abbiamo parlato».

Bersani non si ricandida. Va tirato per la giacca?

«Voglio troppo bene a Bersani per dire in pubblico una parola in più di quelle che gli ho detto in privato. Certo è che un Parlamento senza di lui sarebbe molto più povero».