Speranza: grazie al libro di Renzi ho scoperto che ero io il capo dei renziani

Politica e Primo piano

Intervista a La Verità

di Luca Telese

«È fantastico questo libro di Renzi, sono straordinari i retroscena segreti che svela, wow!».

In che senso onorevole Speranza?

«Abbiamo scoperto grazie a Renzi come sono andate veramente le cose ai tempi della conquista di Palazzo Chigi».

E cioè?

«In pratica il vero capo dei renziani non è Renzi, ma in realtà sono io».

Già!

«Sono uscito dal mio partito solo per poter operare in incognito e continuare a pianificare con successo la carriera di Renzi senza destare sospetti».

Che fa Speranza, ci scherza sopra?

«No, affatto. Matteo, povero timido ragazzo, quasi non voleva candidarsi. Poi è arrivato il perfido Speranza, lo ha manipolato, e lo ha costretto a far fuori Letta e a salire controvoglia i gradini di Palazzo Chigi. Peccato non averlo saputo prima!».

Intercetto Roberto Speranza mentre è in treno, in viaggio per Napoli. L’eco del libro di Renzi con il retroscena che lo riguarda lo ha raggiunto mentre sta girando l’Italia. Ma il leader di Mdp accetta comunque l’invito a ricostruire la sua verità sul cosiddetto «Letticidio». E, esaurito il sarcasmo, un po’ gli prudono le mani.

Speranza, dica la verità.

«E vero che di questi tempi la memoria è breve, ma la verità era già davanti agli occhi di tutti. Matteo ha solo cercato di modificarla secondo il suo capriccio».

E quale era?

«Io parlai negli organismi del partito, esiste persino lo streaming, spiegando pubblicamente perché secondo me, nel punto in cui eravamo, Renzi stava diventando premier nei fatti, mettendo in fibrillazione il governo in carica».

Mi ricostruisce il quadro di quel passaggio politico?

«E’ molto semplice: ogni giorno il segretario del Pd sparava sul premier del Pd. Ogni giorno una polemica, un sms, o un attacco contro il governo. La situazione era semplicemente insostenibile».

Lei viveva male questa situazione?

«Ero capogruppo! Matteo e la sua corrente sparavano contro tutto e tutti. Così in quelle ore ho tratto una logica conclusione politica: o quegli attacchi finivano, oppure bisognava intervenire per stabilizzare la maggioranza».

Praticamente questa ricostruzione è il contrario di quello che ha raccontato Renzi, però!

«Non posso farci nulla se è la realtà, e se è facilmente documentabile anche solo leggendo i giornali dell’epoca».

Quindi meglio Renzi a Palazzo Chigi che la guerra fratricida?

«Ma questo è quello che io ho detto pubblicamente, anche allora».

Ripetiamolo.

«Renzi aveva vinto le primarie, io mi ero schierato contro di lui, ma aveva vinto. Se quello era il suo intento noi che avevamo perso non potevamo fermarlo».

Perché si arrabbia?

«Non mi arrabbio. Mi colpisce che Renzi abbia bisogno di raccontare a sé stesso, e al mondo, che lui non voleva prendere il posto di Letta, e che siamo stati noi a spingerlo a questo passo. È ridicolo».

Perché secondo lei?

«Ma perché tutti gli italiani vedono e capiscono cosa voleva e cosa vuole Renzi. Lui voleva quella poltrona, voleva e vuole Palazzo Chigi».

Morale della favola?

«Nessuna. Ci sono i fatti. Non è che se poi racconti che Speranza è un lupo e Matteo un povero agnellino privo di ambizioni puoi sperare che il mondo ti creda».

Sicuro?

«Anche perché io per questa battaglia di coerenza, e per il dissenso con lui, mi sono dimesso da capogruppo, rinunciando ad una delle cariche più prestigiose. Lui che era così timoroso poi è andato a Palazzo Chigi e ci è rimasto fino alla disfatta del referendum».